Mondo

Effetto Spagna

Unità nazionale per affrontare la sfida di al Qaeda? L’ipotesi circola a Madrid come a Roma. Ma è realizzabile? O é solo un’idea frutto della paura del momento?

di Ettore Colombo

Dai ceffoni umanitari al volemose bene. La politica italiana è strana e vive di giravolte. Una settimana fa tutto sembrava a rotoli: muro contro muro tra maggioranza e opposizione sulle riforme, per non parlare del braccio di ferro tra Stato e Regioni, Ulivo spaccato come una mela sull?Iraq, no global e new radical che promettono “ceffoni umanitari” (sic) e “insulti pacifisti” (ri-sic) a chi non ha, secondo il loro insindacabile giudizio, espresso un?opposizione netta e dura contro la guerra. Poi arriva una tragedia immane come quella dei 200 morti negli attentati di Madrid e qualcosa comincia a muoversi, anche sul fronte del modo in cui concepire la politica estera. Sarà la malattia di Bossi, che ha colpito e reso più buoni tutti, compreso Storace (“Umbe?, torna presto?”), sarà la sensazione che il pericolo terrorismo è reale e grave per davvero, ed ecco che scatta l?idea di una manifestazione bipartisan contro la violenza.
L?idea è del sindaco di Firenze e presidente dell?Anci, Leonardo Domenici, e viene convocata per il 18 marzo a Roma, in Campidoglio. La Casa delle Libertà, sulle prime, aderisce entusiasta e le divisioni sembrano palesarsi, come al solito, più nel campo dell?Ulivo e dintorni: Bertinotti risponde picche, Verdi e Pdci anche, mentre Fassino per i Ds e Rutelli per la Margherita impegnano i loro partiti a partecipare. Posizione difficile, la loro, considerando che certi ?pacifisti? già ne criticano l?astensione in Parlamento sulla missione in Iraq (Gino Strada è arrivato a definirli, con gentilezza e tatto, “delinquenti politici”), ma responsabile.
“Le differenze politiche tra i partiti di uno e dell?altro schieramento permangono”, spiega a Vita Marina Sereni, responsabile esteri dei Ds. “Noi crediamo che si possa essere insieme contro il terrorismo e contro la guerra, altri no ma non accettiamo di sentirci dire che chi mette in discussione la guerra è a favore del terrorismo”. Prove di dialogo, dunque, ma alquanto faticose. Rese più difficili dal risultato alle elezioni in Spagna: il partito popolare di Aznar perde, il socialista e pacifista Zapatero vince e soprattutto annuncia: via i soldati dall?Iraq subito e svolta nella politica estera spagnola da filoamericana a europeista convinta.
Il centrodestra perde la testa e perfino al berlusconiano Giuliano Ferrara cadono le braccia. “Sciamannati”, li apostrofa sul Foglio. Gustavo Selva arriva a sostenere che il voto spagnolo è “un oggettivo regalo” ad Al Qaeda, Frattini si limita a ribadire che “noi dall?Iraq non ce ne andiamo”. Berlusconi aveva proposto un “patto bipartisan” all?opposizione per combattere il terrorismo e l?Ulivo era già in difficoltà, ma la reazione sopra le righe al voto spagnolo lo ricompatta.
Diviso, in compenso, resta il fronte pacifista: i cattolici moderati e pacifici (da Bobba a Pezzotta, da Marelli a Lotti) chiedono, dopo gli attentati di Madrid, di ribadire parole d?ordine contro il terrorismo già presenti, almeno nella piattaforma della Tavola della Pace; Comitato contro la guerra, Cobas e no global preferiscono lanciarsi in vecchie accuse e nuove minacce a partiti e leader ulivisti, da Rutelli a Fassino, tutti colpevoli “d?intendenza col nemico”. “M?interessa il rapporto con il grosso del movimento”, ribatte Marina Sereni, “non con chi ci insulta e che ritengo minoritario. M?interessa recuperare lo spirito del 15 febbraio 2003. Dopodiché siamo pronti a discutere con tutti dell?efficacia di un rilancio del multilateralismo e della prevenzione e lotta al terrorismo, che non deve per forza passare per la guerra ma attraverso un?opera d?intelligence, cooperazione giudiziaria e trasparenza finanziaria”.
Dall?altra parte, il comitato promotore, quello ?contro la guerra?, non si rende conto della differenza portata da un importante revenant della politica italiana, quel Romano Prodi che al congresso della Margherita ha messo in chiaro due punti fondanti della nuova lista unitaria e, in prospettiva, della nuova politica estera europea: le scelte di Bush in Iraq sono state “sciagurate”, la contrarietà dell?opinione pubblica europea alla guerra è ancora forte, come dimostra il voto spagnolo, e va rispettata.
Come non hanno capito i pacifisti new radical che la partita in Iraq si gioca, di nuovo, a livello di diplomazie e azioni positive di politica internazionale, autoconfinandosi in un antiamericanismo sterile e rancoroso, così gli esponenti di punta della Cdl, che invece degli Usa si fanno i paladini sciocchi sempre e comunque, non capiscono che, sull?idea di una manifestazione contro il terrorismo, potevano aiutare un?operazione verità, dentro l?Ulivo. Che si limita a fregarsi le mani e a fischiettare un motivo antico: “Oggi in Spagna, domani in Italia”.

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