Mondo

Effetto sars

30 miliardi di dollari nel mondo, 11 in Asia: questi i costi dell'epidemia di Sars secondo Sandro Calvani, esperto Onu con base in Thailandia.

di Paolo Manzo

“I costi, sociali ed economici, della Sars saranno altissime. Anche se non é una “malattia da poveri”, alla fine le conseguenze maggiori le pagheranno, come al solito, i poveri. Non i diplomatici, né il personale dei governi, né i funzionari Onu”. Dal suo ufficio, dal 14° piano del palazzo delle Nazioni Unite di Bangkok, in Rajdamnern Nok Avenue, Sandro Calvani inizia a parlare della sindrome da polmonite atipica, e di quelle che saranno le vittime principali di questa nuova peste del Ventunesimo secolo. Già, perché i “costi della Sars, calcolati dall’Oms, sono di almeno di 30 miliardi di dollari, a livello mondiale e, per ora, di 11 miliardi nella sola Asia”. Cifre da bollettino di guerra, con l’unica differenza che, in questo caso, il nemico non é visibile neanche dalla bomba più “intelligente”, neanche con gli occhiali a infrarossi delle truppe scelte del generale Franks. Sandro Calvani é il rappresentante regionale dell’Onu per l’Asia orientale, da anni risiede in Thailandia e meglio di chiunque altro quali siano gli effetti socio-economici, oltre che sanitari, della Sars, una malattia che può colpire potenzialmente chiunque, a qualunque ceto appartenga, anche nei Paesi “sviluppati”, come testimoniano l’alto numero di vittime che ha messo in ginocchio Toronto, in Canada. “La Sars costituisce un problema completamente nuovo, perché non é una malattia “da poveri” e colpisce tutti, anche le persone che non hanno comportamenti cosiddetti a rischio. Per intenderci, non é come l’Aids che, se non apri la porta, non entra: la Sars arriva a sorpresa. E’ questo che spaventa”. Vita: Ma se può colpire tutti, perché dice che le vittime, al solito, saranno i poveri? Sandro Calvani: Perché qui le economie, da stagnanti che già erano a causa della guerra e del collasso delle Borse, sono ormai economie di bancarotta. E la Sars é la classica goccia che fa traboccare il vaso. Le grandi imprese prima licenziavano le persone a centinaia, adesso con la “crisi da Sars” lo fanno a migliaia. E i nuovi disoccupati sono tutte persone che vivevano del loro stipendio, che mantenevano famiglie con molti bambini. La Sars, quindi, si sta trasformando anche in una crisi alimentare e, in certi Paesi, sta nascendo un fenomeno nuovo: la fame non per mancanza di cibo, ma perché manca il salario per acquistarlo. Vita: Ci dà un po’ di numeri sui costi sociali da Sars in Asia? Calvani: Noi calcoliamo che, nel solo 2003, tutta l’Asia orientale perderà almeno il 20% della sua crescita prevista. E questa sarà una pugnalata terribile per tutta l’area. Vita: Perché? Calvani: Perché meno crescita significa meno disponibilità d’investimenti, soprattutto su educazione, sistemi di trasporto, energia e assistenza pubblica. Ossia gli elementi fondamentali per sviluppare bene. E meno crescita significa anche meno posti di lavoro a disposizione per i giovani di Paesi come Idonesia, Malesia, Cina e Thailandia, dove la popolazione giovane sotto i 15 anni raggiunge il 60%. In Thailandia c’é un danno grave causato dall’Aids, cui ora si aggiunge il danno della Sars e quello economico. In pratica tre epidemie concomitanti, e la sindrome da polmonite acuta é una grave e nuova crisi, che non sappiamo ancora come affrontare. Vita: Ma la crisi economica può essere considerata un’epidemia? Calvani: Sì, perché é un’epidemia d’insicurezza. Una paranoia mentale, che fa sì tutti siano che tutti siano chiusi in casa. E che “uccide” ogni sorta di commercio. Vita: A causa della Sars é cambiata la sua vita di tutti i giorni? Calvani: Certo. Tutti i viaggi nelle zone a rischio sono stati cancellati dagli Stati membri dell’Onu, che non possono mandare i loro delegati allo sbaraglio. Dobbiamo o cancellare le riunioni, o trovare altre formule in zone a basso rischio, come, per ora, l’Indonesia e la Malesia. Oppure parlarci in videoconferenza. Ma il danno alle capacità delle organizzazioni internazionali di scambiarsi informazioni e di consultarsi, attraverso i normali viaggi, é stato enorme. Ed é stata una stangata anche dal punto di vista economico… Vita: In che senso? Calvani: Grandi compagnie aeree come la Cathay Pacific potrebbero chiudere perché non hanno più passeggeri. Altri come la Thai Airways e la Singapore Airlines hanno avuto una riduzione del 40% dei passeggeri. Ormai viaggiano mezze vuote e in perdita. Fino a quando potranno resistere? Non a lungo. Vita: Parliamo di vita quotidiana, lei la mascherina la mette? Calvani: Ovviamente sì. Sia quando sono andato a Hong Kong e Pechino che a Singapore. Ma l’ho indossata anche in Thailandia, quando abbiamo avuto riunioni coi rappresentanti di Cina e Hong Kong. Anche perché così prevede la legge locale. Vita: Crede che sia utile? Calvani: No, non credo funzioni molto perché, nella realtà dei fatti, il virus é più piccolo della tramatura della mascherina. Ma é un segno di attenzione. E di preoccupazione. Vita: Lei crede che l’Europa sia immune dal rischio Sars? Calvani: Assolutamente no. Il virus arriverà anche in Europa, é solo questione di tempo e di… fortuna. Questo virus si é trasferito già in una trentina di Paesi, tramite voli internazionali. Pensi che il boom epidemico che c’é stato a Toronto é stato causato da un cinese, uno solo. Sapere quale Paese sarà colpito per primo in Europa é impossibile, ma succederà per forza, nonostante tutte le precauzioni non si può bloccare la sua diffusione. Vita: Come s’immagina la sua vita futura in Thailandia, professor Calvani? Calvani: Qui viviamo con grande apprensione, soprattutto per la crisi economica che ne deriva. Ma non sappiamo quale sarà lo sviluppo: all’inizio il virus é cresciuto raddoppiando il numero di casi ogni settimana. Un modello di diffusione spaventoso. Adesso, invece, é abbastanza stabile sia a Singapore che Hong Kong, mentre in Vietnam c’é addirittura una diminuzione dei casi segnalati. Certo, può essere che nel giro di poche settimane si arrivi a una normalizzazione, ma non sappiamo cosa potrà accadere nel resto del mondo. Una cosa é certa: le zone più popolate, come a Singapore e Hong Kong, sono quelle più a rischio. In prospettiva, quindi, la Sars deve preoccupare soprattutto Paesi come Bangladesh, Pakistan, Kashmir e zone similari, molto popolate e con un livello basso di sanità pubblica. Vita: In prospettiva? Calvani: Io sono un ottimista e credo che, alla fine, l’uomo sia sempre più forte dei problemi che incontra.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA