Sostenibilità
Educazione ambientale: così non basta
Il ministro Moratti invita gli insegnanti ad approfondire i fenomeni naturali, ma allo stesso tempo riduce il ruolo della geografia... Di Erminia Spotti*
di Redazione
I recenti fatti del Sud-Est asiatico non potevano non coinvolgere anche il mondo della scuola, i cui dirigenti e insegnanti sono stati invitati da una lettera del ministro dell?Istruzione, Letizia Moratti a orientare gli alunni verso lo studio di quelle discipline utili ad approfondire i diversi aspetti dei fenomeni naturali. Nella stessa missiva si invitavano gli insegnanti a sottolineare l?importanza degli strumenti scientifici per la previsione delle catastrofi naturali e per la salvaguardia dell?ambiente oltre che per uno sviluppo sostenibile del nostro pianeta. Questi intenti sono condivisibili, ma al di là delle parole occorre chiedersi se effettivamente nella scuola ci sono le premesse e le condizioni per fornire ai ragazzi gli strumenti per una adeguata lettura del territorio e per favorire in essi la disponibilità alla cura e all?attenzione verso l?ambiente.
L?educazione ambientale è stata definita ?educazione?, tra le sei della Convivenza civile, con tanto di obiettivi specifici di apprendimento. È sì un passo avanti rispetto al passato, ma è il caso di chiedersi se non sia troppo alto il rischio di rendere, nonostante le raccomandazioni ministeriali, l?educazione ambientale disciplina tra le discipline, e quindi contenitore da riempire di informazioni e dati, seppur scientificamente corretti. È invece un?educazione, appunto, che presuppone un adeguato cammino formativo, costruito con l?apporto di discipline diverse; è un percorso che necessita di una intenzionalità educativa precisa, orientata a creare sensibilità e stili di vita alternativi, oltre che dare strumenti per una lettura critica del territorio; è un lavoro di ricerca che ha come scopo l?acquisizione di informazioni atte a superare luoghi comuni, stereotipi e banalizzazioni. L?educazione ambientale, se si condividono questi presupposti, diventa un filo conduttore che lega e combina conoscenze, abilità e competenze, che serve a collegare, rendendole ricche di significato, varie discipline.
La tragedia del maremoto ha evidenziato come si stia perdendo la capacità di fare previsioni, tenendo presente ciò che la natura ci insegna e ciò che gli strumenti ci suggeriscono. La cultura dell?imprevisto, che delinea possibili scenari causati da eventi naturali, tenendo conto del territorio e delle abitudini di vita, fa parte della geografia. Essa, che si pone come finalità lo studio del rapporto uomo/territorio, ha però, purtroppo, nella scuola italiana sempre più il ruolo della Cenerentola. Nei nuovi obiettivi di apprendimento del primo ciclo sembra esserci un tentativo di rifondarne lo studio, introducendo alcuni concetti basilari, togliendo il noioso elenco di città, fiumi e monti precedente, ma non viene utilizzata al meglio la sua potenzialità interdisciplinare. Non sono presenti, per esempio, le interconnessioni con le altre discipline che le avrebbero dato un ulteriore strumento per la comprensione della complessità del rapporto uomo/ambiente, nell?ottica di creare una cultura non solo delle conoscenze, ma soprattutto dell?attenzione, della prevenzione e dell?imprevisto.
La previsione di scenari, causati da possibili eventi naturali e non, ha infatti lo scopo di creare consapevolezza e quindi attenzione agli effetti, non solo per individuare strumenti atti ad evitare il più possibile i danni di eventi che, come quelli naturali, non si possono evitare, ma anche per avere una difesa psicologica rispetto all?impatto dell?evento e quindi essere più pronti ad affrontarlo. Sarebbe utile, in tal senso, che all?interno della scuola si mettessero i ragazzi nelle condizioni di ?esercitarsi?, di ?provare? il ?che fare? in situazioni di emergenza. Ciò favorirebbe l?acquisizione di un modello di comportamento utilizzabile fuori dalla scuola.
Gli avvenimenti del Sud-Est asiatico hanno evidenziato l?urgenza di fornire conoscenze, ma soprattutto strumenti, non solo per capire la complessità del reale, bensì per ipotizzare e realizzare un futuro possibilmente a bassissimo rischio ambientale. La scuola, luogo deputato all?istruzione, ma soprattutto all?educazione, ha grosse responsabilità in tal senso.
*insegnante – ufficio
educazione wwf italia
MATERIA A RISCHIO
Negli Obiettivi specifici di apprendimento del primo ciclo (scuola primaria e secondaria di primo grado) c?è un tentativo di visione della geografia come disciplina che interpreti i rapporti tra uomo e territorio (studio degli organizzatori spaziali, delle funzioni, delle relazioni e rappresentazioni; trasformazioni del territorio e relativo studio che si allarga dal proprio ambiente fino ai Paesi del mondo; introduzione dei concetti di spazio economico e sviluppo sostenibile). Permangono però i rischi di un ritorno all?enciclopedismo in quanto rimane la tradizionale impostazione regionale, che potrebbe riproporre modelli stereotipati e descrizioni superficiali. I contenuti sono distribuiti in modo progressivo, perciò nella scuola primaria si studia l?Italia e nella secondaria l?Europa e il mondo. Vi è un rischio nella scuola secondaria di primo grado: si è ridotto il monte ore per l?insegnamento di italiano, storia e geografia, e ciò potrebbe penalizzare proprio la geografia.
PROMUOVE LA SOSTENIBILITA’
L?Aiig – Associazione italiana insegnanti di geografia, fondata a Padova nel 1954, ha sezioni in tutte le regioni italiane. Il suo presidente è il professor Gino De Vecchis dell?università La Sapienza di Roma. Con la mozione dell?assemblea generale del 47° convegno nazionale dell?associazione, firmata il 15 ottobre 2004 da tutte le associazioni geografiche nazionali e internazionali, si chiede di inserire la formazione geografica nei curricoli delle scuole di ogni ordine e grado: «In un mondo globalizzato, la geografia costituisce sempre più un bagaglio indispensabile per la formazione culturale dei giovani e (…) appare uno strumento imprescindibile per l?acquisizione di quelle conoscenze e competenze in grado di liberare l?uomo dalla paura e dai pregiudizi. Attraverso la continuità della formazione geografica, concetti come identità territoriale, pace, interdipendenza, multilateralismo, legalità internazionale, sviluppo sostenibile, tutela dell?ambiente, accessibilità alle risorse possono diventare lessico condiviso dall?opinione pubblica e da una società improntata a un reale spirito di convivenza civile».
Info: www.aiig.it
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