Politica

Educatori: un passo verso l’unificazione

Due interrogazioni di Vanna Iori chiedono per i corsi di formazione per educatori attivati dalle regioni anche dopo il 2005 l'equipollenza alla laurea in Scienze dell'Educazione e in Educatore Professionale. In sostanza la richiesta è che tutti gli educatori possano continuare a svolgere la loro professione in entrambi gli ambiti, sociosanitario e sociopedagogico. Un passo per poi avviare il disegno di un percorso formativo unico, universitario, che accorpi tutti quanti svolgono questo mestiere in un’unica figura professionale

di Fabio Ruta e Jennifer Mastroianni

Una interrogazione parlamentare della senatrice del Partito Democratico Vanna Iori (rivolta al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, n. 4-01832), sollecitata dal gruppo di educatori e pedagogisti promotore della nascente associazione “Mille – Professioni Educative” propone un ulteriore passo in avanti nella stabilizzazione e certezza del quadro normativo che riguarda gli educatori professionali. Un passo in avanti che si intende raggiungere attraverso il riconoscimento dell’equipollenza alla laurea in Scienze dell’Educazione (classe L-19) per gli educatori professionali usciti dai vecchi corsi regionali. Inoltre si richiede l’estensione dell’equipollenza anche agli educatori che in tali corsi hanno conseguito il titolo dopo il 2005 (oggi non riconosciuti equipollenti nemmeno alla laurea in Educazione Professionale in L/Snt2, che è invece riconosciuta agli EP dei corsi regionali che hanno conseguito il titolo entro il 2005).

La senatrice Iori è autrice di un’altra interrogazione parlamentare, rivolta al Ministro della Salute, che richiede per gli stessi educatori professionali diplomati nei corsi regionali dopo il 2005 anche l’equipollenza alla laurea conseguita nei corsi in L/Snt2. Equipollenza che, come accennato, è riconosciuta ai loro colleghi diplomatisi precedentemente in corsi del tutto analoghi (un’altra interrogazione parlamentare sul tema è stata presentata dal deputato PD Enrico Borghi).

Si chiede, in breve, che tutti gli educatori professionali scaturiti dagli antesignani corsi regionali siano resi equipollenti ad entrambi i corsi di laurea. E dunque che questi professionisti siano riconosciuti sia come educatori professionali sociosanitari sia come educatori professionali sociopedagogici (definizioni previste dalla L. 205/2017). La ratio della richiesta sta nel fatto che – come ricorda l’interrogazione stessa – i corsi regionali contenessero «un elevato numero di CFU di carattere pedagogico, al punto che consentivano l’accesso direttamente alle lauree magistrali pedagogiche». L’interrogazione evidenzia anche «il fatto evidente che gli educatori professionali di formazione regionale partecipassero e partecipino tuttora a coprire il fabbisogno di personale di ambo gli ambiti di lavoro: sociosanitario e socio pedagogico».

Il pedagogista ed educatore Michele Ballabio, referente per i “Mille” del gruppo di lavoro “sociopedagogico” spiega che «il gruppo è nato all'interno del comitato per l'equipollenza post 99 con il preciso intento di ragionare sulla natura del nostro titolo di educatori professionali formati nelle scuole regionali e cercare di dipanare il groviglio normativo che si presta a troppe interpretazioni spesso in contraddizione tra di loro. La questione è: il nostro titolo è attualmente spendibile, così come è sempre stato in passato, in ambito socio pedagogico? Il timore è che nella pratica rischiamo di essere tagliati fuori da un ambito lavorativo molto importante. Abbiamo dunque sottolineato un aspetto molto importante relativo alle peculiarità del nostro piano di studi dell'epoca: nonostante l’equipollenza sia data con la laurea in Snt2 occorre precisare che il piano di studi delle scuole regionali era molto diverso da quello attuale di Snt2 e, prevedendo un numero cospicuo di crediti in area socio pedagogico (circa 120 CFU), fortemente caratterizzato in senso umanistico e pedagogico. È auspicabile, anche per questo motivo, che venga riconosciuta anche la qualifica di educatore socio pedagogico e la equipollenza a Sde in modo che venga ripristinata la possibilità di lavorare in entrambi gli ambiti, come è sempre stato. Ringraziamo dunque la senatrice Iori per essersi fatta carico di portare avanti questa giusta battaglia».

L’interrogazione ha raccolto già molti consensi tra professionisti, associazioni, cooperazione e sindacati. A partire da quello di Massimiliano Malé, consigliere regionale e nazionale di Federsolidarietà, direttore dei servizi della Cooperativa Sociale Nikolajewka di Brescia, pedagogista, formatore e consulente nel campo dell’organizzazione e gestione dei servizi socio-sanitari: «Gli educatori professionali con diploma regionale conseguito dopo il marzo 1999 hanno dovuto attendere quasi 20 anni per vedere pienamente riconosciuto il loro titolo di studio, con il comma 539, art. 1, della L. 145/18. Purtroppo la L. 145/18 ha sistemato solo parzialmente il problema, dal momento che ha limitato la sanatoria a coloro che presero il titolo tra il 1999 e il 2005, dimenticando che le Regioni – ripeto – le Regioni continuarono ad organizzare corsi per educatore professionale, ai sensi di Leggi ormai abrogate. Le Regioni in barba al D.Lgs 502/92 che poneva il 31/12/95 come termine alla promozione di nuovi corsi regionali, continuarono ben oltre tale data a organizzare e diplomare educatori professionali il cui titolo, anche se rilasciato con tanto di pubblico sigillo, non poteva avere più nessun valore legale. Questa volta a pensar male, non solo si fa peccato, ma manco ci s’azzecca: tali corsi vennero proseguiti per ragioni, se non nobili, comunque ragionevoli, ossia la necessità di detta figura professionale per gli enti gestori di servizi da un lato, e l’ottima prospettiva di occupazione dall’altro. Infatti fino alla legge Lorenzin (L. 3/2018) tutto sommato, questi educatori professionali “un po’ abusivi” hanno lavorato al fianco dei loro colleghi legittimamente diplomati – qualche tempo prima – oppure altrettanto legittimamente – qualche tempo dopo – laureati. Certo un po’ di dubbi li hanno sempre avuti, e con loro, noi enti gestori che questi operatori abbiamo assunto in forza del titolo regionale. Ora non si può non condividere pienamente l’iniziativa di Vanna Iori che chiede che l’equipollenza superi il limite temporale e riconosca a qualsiasi diplomato regionale l’equipollenza del titolo. La Iori però va oltre, richiede che l’equipollenza non sia solo verso i titoli di educatori professionale socio sanitario SNT 2,ma venga estesa verso quello di educatore socio pedagogico, in ragione della formazione squisitamente pedagogica. A tal punto pedagogica, sostiene giustamente Iori, da essere riconosciuta, in termini di crediti formativi, dalle stesse lauree magistrali pedagogiche».

Immediata anche la reazione di Elena Nespoli del “Comitato Educatori Professionali post 2005 per l’equipollenza del Piemonte: «Da mesi stiamo portando avanti la nostra battaglia per l’equipollenza, trovando appoggi trasversali da tutte le forze politiche, associative, sindacali. Questa è la occasione per salvaguardare posti di lavoro, tutelare gli utenti, riconoscere e dare dignità alla nostra professione». L’importanza di puntare su un consenso unanime e trasversale del mondo politico attorno ai temi contenuti nell’interrogazione è condiviso da molti educatori che ricordano come nelle recenti leggi di stabilità alcuni importanti provvedimenti in favore del lavoro educativo (dalla equipollenza per gli Ep post ’99, sino al comma 517 che sblocca per gli Educatori Professionali Sociopedagogici il lavoro nei settori sociosanitario e della salute limitatamente alle competenze socio educative) siano stati approvati con consensi trasversali, dando un esempio concreto di buona politica.

Esprimono apprezzamento anche i sindacati confederali (Cgil-Cisl-Uil) della Funzione Pubblica: «Questo vuole essere un altro passo per provare a concretizzare la futura unificazione del profilo di educatore, fermamente chiesta, in modo unitario, anche dai sindacati confederali della Funzione Pubblica». Il gruppo degli “Educatori Uniti contro i Tagli” – bolognese ma seguito in tutta Italia – così commenta: «in merito alla discussione intorno alla qualifica necessaria per essere considerati a tutti gli effetti degli Educatori Professionali, crediamo sia finalmente giunto il momento di stabilire un punto zero nella storia della nostra professione. Punto zero che oggi può essere raggiunto attraverso l’attivazione e l’applicazione di una normativa che riconosca valore di equipollenza a tutti i titoli derivanti dai vari corsi promossi dalle regioni (fino all’anno in cui questi corsi sono stati promossi) e a un’anzianità di servizio da definire magari in relazione all’età anagrafica del lavoratore. Dopo, e solo dopo, anche per svolgere la nostra professione dovrà essere necessario un percorso formativo unico da tenersi in ambito universitario, che accorpi finalmente tutti quanti svolgono questo mestiere in un’unica figura professionale che possa operare sia in ambito socio-pedagogico, sia in ambito sanitario».

La speranza è che, un tassello alla volta, si giunga alla valorizzazione ed al pieno riconoscimento delle professioni educative e pedagogiche che oggi hanno molto da offrire ad una società attraversata da conflitti e emergenze, in continua e veloce trasformazione.

Foto Unsplash

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.