Politica

Educatori e pedagogisti, ultima chance per la legge che li riconosce

Stringono i tempi per l'approvazione del disegno di legge 2443. L'appello del CNCA: «Approvare subito, prima della fine della legislatura, il ddl. Le criticità siano affrontate in sede di decreti attuativi»

di Redazione

Era il giugno 2016 quando la Camera con 263 voti a favore, 2 contrari e 134 astenuti (Sinistra Italiana, Forza Italia, MoVimento 5 Stelle), approvò il testo unificato delle proposte di legge “Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista” (C. 26563247-A). «Finalmente viene riconosciuto a 150mila educatori e pedagogisti un ruolo adeguato, valorizzato e qualificato», disse relatrice Milena Santerini. Con due sottolineature: «il fatto che si riconosca l’importanza dell’educazione e dei compiti educativi dedicati alla cura dello sviluppo della persona e il fatto che questa funzione indispensabile debba essere svolta da persone con una precisa competenza, frutto di una specifica cultura professionale».

La novità principale della legge infatti è che per svolgere la professione di educatore ci vorrà la laurea. Da allora la legge è stata ferma al Senato. Ma tra oggi e domani sono previste le votazioni decisive nelle Commissioni del Senato sul ddl. 2443, "Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista", che ha come prime firmatarie Vanna Iori e Paola Binetti. Il CNCA – Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza lancia un appello: «approvare subito, prima della fine della legislatura, il ddl, nonostante le criticità, così che finalmente si riconosca la figura di educatore pedagogico e del pedagogista». Il CNCA giudica positivamente il fatto che siano stati ritirati tutti gli emendamenti presentati in 7° Commissione al Senato, proprio in vista della rapida approvazione: «è decisamente venuto il momento di chiedere al legislatore di dare maggiore chiarezza sui “confini” delle professioni educative, e siamo certi che questa legge porterà maggiori garanzie di competenza nel nostro lavoro, con il positivo riflesso di poter offrire interventi di sempre maggiore qualità alle persone accolte nei nostri servizi».

Il testo ha delle criticità, che CNCA segnala, auspicando però che possano essere prese in considerazione non ora ma in sede di Decreti Attuativi.

1 – Il Testo prevede (art.13) che chi ha tra i 3 e i 20 anni di esperienza anche non continuativa (oppure 10 anni nel caso di chi ha raggiunto i 50 anni) possa acquisire la qualifica professionale di educatore professionale socio-pedagogico frequentando un corso universitario di un anno (pari a 60 cfu). CNCA sottolinea il fatto che la Legge assegna all'Università il compito di fornire a educatori di esperienza una formazione “on the job” che attualmente – secondo la nostra esperienza – altri soggetti propongono in maniera molto più efficace. Così migliaia di educatori di esperienza dovranno investire tempo e soldi per ricevere una proposta formativa che avrà l'effetto di “sanare” la forma della propria posizione, ma che non innalzerà il livello di competenza e specializzazione di questi professionisti; cosa che sarebbe invece garantita – con grande vantaggio per gli utenti dei nostri servizi – se fosse possibile ottenere la qualifica frequentando corsi di eccellente livello che sono attualmente disponibili sul mercato.

2 – Sempre l'art. 13 del Testo prevede che chi ha “50 anni di età e almeno 10 anni di esperienza” oppure “meno di 50 anni di età e almeno 20 anni di esperienza” otterrà in automatico la qualifica professionale di educatore professionale socio-pedagogico: perché inserire un criterio di pura età anagrafica? Perché chi ha 50 anni deve avere 10 anni di esperienza invece dei 20 richiesti a chi è più giovane?

3 – La legge assegna la qualifica di pedagogista in base solo a criteri di conoscenze universitarie: si potrà definirsi pedagogista solo sulla scorta del possesso di lauree magistrali ben definite. Diversamente dagli educatori, però, per i pedagogisti non è prevista la possibilità di “sanare” la propria posizione professionale. Questa scelta ci colpisce molto perché la figura professionale di “pedagogista” è definita nel testo di legge attraverso azioni (progettazione, coordinamento, valutazione, supervisione, consulenza,..) che vengono oggi svolte da operatori di esperienza, che sono a tutti gli effetti degli “esperti di processi educativi”, e che con questa legge non potranno più definirsi pedagogisti. Colpisce ancora di più il fatto che invece, secondo la legge, potranno definirsi tali: “professori universitari ordinari, straordinari, associati, fuori ruolo e in quiescenza, dottori di ricerca e ricercatori (anche laureati in materie diverse da quelle pedagogiche, ma che abbiano insegnato per 3 anni, anche non consecutivi, discipline pedagogiche)”. Proprio nel momento in cui la professione di pedagogista viene finalmente definita attraverso la descrizione di ciò che fa (Art.9, comma 2, lettere a-i), viene tolta la definizione di “pedagogista” a chi – vero esperto di processi educativi – ha potuto utilizzarla sinora.

Photo by Rémi Walle on Unsplash

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