Welfare
Educatore professionale, il punto e la ripartenza
Un approfondimento per una rilettura ordinata del percorso legislativo che nell'ultimo anno ha modificato la figura dell'educatore. Perché gli emendamenti alla legge di bilancio erano necessari e perché questo è solo un punto di partenza nella prospettiva di unificazione del profilo
L’ormai passata legge di bilancio 205/17, attraverso il comma 594 e successivi, cerca in qualche modo di riassumere un disegno di legge noto come Iori-Binetti, DDL S 2443, dove si definiva la figura dell’educatore professionale secondo due declinazioni, quello socio pedagogico e quello socio sanitario. Il comma 594 riprende alla lettera o quasi l’art. 3 del DDL S. 2443. “O quasi”, perché si potrebbe dire che nella sostanza dicono la stessa cosa se non fosse per una parola. Una parola che dal DDL al comma della legge di bilancio è cambiata.
Dal DDL Iori-Binetti al paradosso dell’abuso di professione educativa
Si tratta della parola socio-sanitario, che si trasforma in socio-assistenziale. Non si tratta di una differenza minimale, anzi. Non è chiaro se sia stata la solita “manina”, se è una semplificazione, oppure un vero e proprio disegno ordito da chissà quali lobbi complottiste – prego il lettore di notare l’ironia -, fatto sta che se tutto si fosse fermato al comma 594, gli enti gestori del socio sanitario, avrebbero avuto ben poco di cui preoccuparsi. Stavo quasi dimenticando un altro comma della trascorsa legge di bilancio, il comma 596. Dice poco. Dice in sostanza che l’educatore professionale ai sensi del D.M. 520/98 da ora in avanti si chiamerà educatore professionale socio sanitario. Anche questo comma ha origine del DDL S 2443, e anche in questo caso la trasposizione risente di una qualche differenza. Se dal DDL al comma per l’educatore professionale socio pedagogico s’è ridotto il settore operativo, per l’educatore socio sanitario si è esteso, dal momento che il DDL in origine lo aveva ristretto al solo socio-sanitario e sanitario. In sintesi il DDL Iori aveva definito due profili che trovavano un punto di contatto proprio nel socio sanitario, l’educatore professionale socio pedagogico si muoveva dal socio assistenziale fino al socio sanitario, mentre l’educatore socio sanitario, dal socio sanitario al sanitario.
Questo per far capire che il dibattuto comma 275, ora comma 517 della legge di bilancio 2019 approvata, la legge 145/2018, non è un colpo di mano, ma semplicemente il ripristino di quello che doveva essere lo spirito originario del DDL, almeno per quanto riguarda la figura dell’educatore professionale socio pedagogico. Anche perché nel gennaio 2018, la Legge 3 (Lorenzin) nel riordinare le professioni sanitarie, ha un contraccolpo non indifferente sugli educatori professionali socio pedagogici. Un rinculo imprevisto e doloroso. Il 594 nell’assegnare il settore socio assistenziale, non interdice di fatto altri settori e lascia libere per esempio le regioni di impiegare questa figura anche nei servizi socio sanitari. Invece, la lettura del 594 combinata con la legge Lorenzin non lascia scampo agli educatori professionali socio pedagogici, che dopo anni di onorato servizio, rischiano di incorrere in uno dei tanti paradossi kafkiani nostrani: operando nei presidi socio sanitari possono incorrere nel reato di abuso di professione… di professione educativa (SIC!).
Il profilo unico
In realtà seguendo la logica e l’iter del DDL Iori-Binetti si evincono due elementi fondamentali[1], che sono da tutti condivisi. Il primo è un dato: coloro che operano nei servizi come educatori professionali si contano con cifre a 5 zeri, quindi non si tratta di una sacca residuale di operatori; il secondo è che il provvedimento doveva avviare un percorso di unificazione delle due figure. Quindi essendo il comma 517 della legge di bilancio 2019 il ripristino della sostanza dalla Iori-Binetti, non si comprendono le posizioni di chi sostiene che questo alimenti o ritardi il percorso verso l’unificazione. Vero è che nel DDL le due figure sono distinte (del resto lo stato di fatto è questo). Questa distinzione risuona anche in una frasetta presente nell’art. 3, comma 1, del DDL e poi ripresa nel anche nel comma in questione, che suona così: gli educatori e i pedagogisti «operano […], nei servizi e nei presìdi socio-sanitari limitatamente agli aspetti socio-educativi» – il sottolineato è mio. Il limite agli aspetti socio educativi è la cifra della distinzione tra le due figure, e per capire cosa significa bisogna andare di nuovo alle origini dell’iter, quando il provvedimento veniva preliminarmente presentato e spiegato. Era evidente che, a fronte di percorsi formativi differenti, l’educatore professionale socio pedagogico e quelllo socio sanitario dovevano anche avere qualche prerogativa professionale differente: ebbene quel limite esclude dal campo di azione dell’educatore professionale socio pedagogico un qualsivoglia azione riabilitativa. In altri termini entrambi possono fare cose simili, ma il socio pedagogico opera interventi privi dell’elemento riabilitativo (in senso medico), mentre il socio sanitario può prevedere trattamenti i cui esiti possono anche essere riabilitativi[2]. Appare evidente e logico che la conseguenza di questa qualità professionale escluda l’educatore socio pedagogico dall’intervento squisitamente sanitario, post acuto, dove risulta chiaro e lampante la necessità di trattamento riabilitativo.
Letto in questa prospettiva quindi il comma 517 della legge di bilancio 2019 semplifica ulteriormente il processo di avvicinamento delle due figure. Si potrebbe persino avanzare che i due profili sono quasi identici, fanno le stesse cose, con gli stessi strumenti – pedagogici -, salvo che gli uni possono effettuare trattamenti riabilitativi e gli altri no.
Il "vecchio" comma 599, poco rumore per nulla
Tra gli scopi dell’emendamento alla legge di bilancio 2019 c’è anche la necessità di non mandare in crisi il sistema dei servizi, che si avvale di circa 150mila educatori, la stramaggioranza con titoli utili alla qualifica di educatore professionale socio-pedagogico. Chi sostiene l’inutilità dell’intervento lo fa alla luce comma 599 della precedente legge di bilancio, che riporto integralmente in nota[3]. È del tutto erroneo leggere questo come una sorta di sanatoria. Infatti la sua lettura deve essere combinata con quella degli altri commi della L. 205/17. Dalla lettura combinata emerge chiaro che si tratta di un tentativo del legislatore di non produrre un secondo caso esodati. Il problema è che la conservazione dell’esercizio dell’attività – con l’esplicita esclusione che che questo comporti anche una qualificazione – non fornisce altresì qualifica “rendicontabile” come richiesto in genere dai sistemi di accreditamento. In questo caso il problema viene scaricato sull’ente gestore in regime di accreditamento, che in genere rendiconta le qualifiche e non le attività. Anche alla luce del 599, l’ente gestore dovrebbe comunque assumere, ai fini della soddisfazione di requisiti di accreditamento, tanti educatori professionali, pari al numero di educatori senza qualifica e “conservati” secondo quel comma[4], che pare nato per scoraggiare il licenziamento dell’operatore, piuttosto che come deroga o sanatoria per carenza del titolo.
Albo e abusi professionali
Facciamo ora il punto. Il famoso comma 275 (ora comma 517 della legge di bilancio 2019) consente agli educatori professionali socio pedagogici di operare all’interno di presìdi socio assistenziale e socio sanitari limitatamente agli aspetti socio-educativi, cioè non riabilitativi, e scardina l’automatismo per il quale la sola firma del progetto educativo all’interno del socio sanitario configuri un abuso di professione. È per questo necessario che l’educatore socio pedagogico sia iscritto in una sezione ad hoc dell’albo? Non so rispondere, in termini generali, ma se questo portasse a una visione unitaria della o delle figure dell’educatore professionale non ci sarebbe nulla da eccepire. Anzi alle origini del DDL Iori-Binetti[5], c’era anche l’auspicio di massima semplificazione nel caso in cui un profilo di educatore avesse voluto acquisire anche l’altro profilo. Mi pare ragionevole!
La sorpresa del comma 283-bis e quater
Nella legge di bilancio 2019 abbiamo avuto la "sorpresa" del comma 283-bis e quater. Un intervento sorprendente, perché proviene dallo stesso area politica che ha cercato di cancellare il 275. Ma aldilà di contestare la contraddizione di politica interna a una stessa area, il 283-bis (ora comma 537 della legge di bilancio 2019 approvata), che deroga l’iscrizione all’albo per operatori anche senza titoli, ma con dimostrabile anzianità di servizi, non deve essere visto come il male assoluto. Tutt’altro. È vero che è stato attaccato in particolare dalle associazioni di alcune professioni sanitarie. Il tema è però complesso, e l’anomalia va ricercata nella Legge Lorenzin che non ha previsto modalità per conciliare le situazioni professionali pregresse, dovute a un panorama formativo non certo omogeneo e coerente, a carenza di professionisti qualificati, e a corsi di laurea a numero chiuso nonostante un’esuberante richiesta sul mercato del lavoro. Nessuno invece cita che finalmente dopo quasi un ventennio viene finalmente sanata un’altra situazione kafkiana, tramite il comma 283-quarter (comma 539 della legge di bilancio approvata), che riguarda l’aberrante posizione professionale di migliaia di educatori professionali che si sono diplomati nel periodo contumacia normativa a seguito delle previsioni del D.Lgs.502/92.
Conclusioni
In conclusione per quanto concerne la questione degli educatori professionali il comma 517 della legge di bilancio 2019 ha da un alto rasserenato un grande numero di educatori professionali socio pedagogici che potranno continuare a operare nel socio sanitario, scongiurando altresì di mettere in ginocchio il sistema dei servizi socio sanitari accreditati e ha messo i presupposti per avviare un iter di unificazione sotto un medesimo collegio e albo di due profili professionali che hanno nella visione educativa la cifra del loro operare. L’errore sarebbe considerare ciò come un punto d’arrivo. Questo al contrario è solo il punto di partenza per riformulare le competenze e i contenuti formativi necessari all’educatore professionale per operare in modo efficace nei diversissimi settori del mondo socio assistenziale, socio sanitario e sanitario.
Stavo dimenticando una cosa importante. Forse qualcuno potrebbe pensare che l’educatore socio pedagogico rappresenti un risparmio per le casse degli enti. Nulla di più falso, perché affinché possa venire rendicontato come educatore professionale è necessario che venga anche inquadrato al corretto livello. Perciò gli enti che credono di risparmiare, è meglio cambino lavoro, perché non sanno fare i conti. Eppure un risparmio c’è, eccome. Un risparmio sulla collettività: evitare un secondo caso esodati, oppure che si inventi un surrettizio e oneroso sistema di riqualifica a spese di qualcuno o della comunità è in effetti un risparmio per tutti.
*Massimiliano Malè, pedagogista, è Direttore dei Servizi della Coop. Soc. Nikolajewka ONLUS e Consigliere Regionale e Nazionale di Federsolidarietà-Confcooperative
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[1] Atti Parlamentari n.2656-3247-A.
[2] Una simile distinzione potrebbe essere pensata anche per educatori motori (laurea in scienze motorie) e fisiokinesiterapisti. I primi operano limitatamente agli aspetti motori i secondi invece perseguono finalità riabilitative.
[3] “599. I soggetti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno svolto l'attivita' di educatore per un periodo minimo di dodici mesi, anche non continuativi, documentata mediante dichiarazione del datore di lavoro ovvero autocertificazione dell'interessato ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, possono continuare ad esercitare detta attivita'; per tali soggetti, il mancato possesso della qualifica di educatore professionale socio-pedagogico o di educatore professionale socio-sanitario non puo' costituire, direttamente o indirettamente, motivo per la risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro in corso alla data di entrata in vigore della presente legge ne' per la loro modifica, anche di ambito, in senso sfavorevole al lavoratore.” Legge 205/17.
[4] In realtà probabilmente il 599 non salvaguarda nemmeno il posto di lavoro, ma questo è un tema da giuslavoristi.
[5] Atti Parlamentari n.2656-3247-A, pag. 5.
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