Formazione
Editori fanno ricorso contro i libri digitali
Per Giorgio Palumbo (AIE) i tempi sono troppo stretti, costringeranno a gettare al macero magazzini interi. Mentre i costi di produzione aumentano, non diminuiscono e quindi il taglio del 20-30% del tetto di spesa è impossibile
di Redazione
L’annuncio era di fine marzo: libri cartacei addio, ancora un anno di tempo e nella scuola italiana entreranno per decreto ministeriale solo libri digitali o nel formato misto. Agli editori l’ipotesi non piace e infatti hanno fatto ricorso. Lo ha annunciato ieri l’AIE-Associazione Italiana Editori per bocca di Giorgio Palumbo, presidente del Gruppo Educativo dell’associazione. Palumbo ha spiegato che gli editori non sono «contro i libri digitali» ma solo «contro i tempi e i modi di realizzarne la diffusione, che sono in contrasto rispetto alla legge votata dal Parlamento e non tengono conto delle carenze infrastrutturali della scuole». Ed ecco quindi il ricorso al Tar.
Il decreto firmato da Profumo prevede l’obbligo per i collegi docenti di adottare, dall’anno scolastico 2014/2015, solo libri nella versione digitale o mista, partendo dalle classi prima e quarta della scuola primaria, la classe prima della scuola secondaria di I grado, la prima e la terza classe della secondaria di II grado. Oltre a ciò, il decreto prevede anche un abbattimento dei tetti massimi di spesa del 20%-30%, sempre dall’anno 2014/2015.
Per gli editori si tratta di una forzatura di tempi che li obbligherà a mandare al macero i loro magazzini, pensati su tempi di transizione immaginati più graduali «come definito dal testo della legge votato in Parlamento». Secondo gli editori inoltre questo obbligo non rispetta l’autonomia delle scuole, né tiene conto del fatto che le scuole non sono pronte.
Quanto all’abbattimento del tetto di spesa, il decreto Profumo ha agito «in modo irragionevole, senza alcuna istruttoria sui costi reali di produzione». L’ex ministro, afferma Palumbo, «si è basato sul falso presupposto che il passaggio al digitale comportasse un abbattimento dei costi di produzione, indimostrato peraltro. Al contrario esso richiede altre professionalità e altri costi e sconta un’iva di 17 punti percentuali (forse da luglio di 18) in più rispetto ai libri di carta. Il danno per noi e per tutta la filiera è ancora maggiore se si considera che dobbiamo stare in questi tetti di spesa non solo per i nuovi libri digitali ma anche per tutti gli altri già in utilizzo».
Ecco quindi le conclusioni: «il decreto Profumo viola i diritti patrimoniali di autori ed editori, espressamente tutelati dalla legge, creando al tempo stesso un danno di sistema a tutta la filiera – stampatori, cartai, promotori, ma anche agli stessi autori – peraltro in modo arbitrario e giuridicamente illogico. Il decreto, oltretutto, non favorisce alcun risparmio per le famiglie, a maggior ragione se si considera che in base alla filosofia del decreto Profumo il risparmio sui contenuti dovrebbe essere da loro investito in tablet e device».
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