Welfare

Edilizia penitenziaria: la Corte Conti bacchetta il Ministero

Giudizi fortemente critici nell'analisi sull'edilizia penitenziaria effettuata dai magistrati contabili

di Benedetta Verrini

“La costruzione di nuove carceri, la ristrutturazione e l’ampliamento di quelle esistenti assorbono ingenti risorse finanziarie, ma non riescono a migliorare in modo tangibile le condizioni di vita dei detenuti, a causa del continuo aumento del loro numero”. E’ l’analisi che emerge da un’indagine sull’edilizia penitenziaria effettuata dalla Corte dei Conti in cui si esprimono “giudizi fortemente critici in ordine alla programmazione degli interventi, spettante al Ministero della giustizia”. La Corte sottolinea che il sovraffollamento negli istituti di pena “ha risentito, negli ultimi anni, del tumultuoso aumento dei flussi migratori verso il nostro Paese”, che si è andato a sommare “a quello preesistente dell’eccessiva durata della custodia cautelare, causata dalle perduranti lungaggini dei processi, che interessa ben il 40% della popolazione carceraria”. In tale contesto la Corte dei Conti, si legge in una nota, si è soffermata particolarmente sui Programmi di costruzione dei nuovi istituti e su quelli di ristrutturazione e dismissione del patrimonio edilizio esistente. Sul primo versante l’Organo di controllo “ha espresso giudizi fortemente critici in ordine alla programmazione degli interventi, spettante al Ministero della giustizia e definita in seno ad un Comitato paritetico con il concertante Ministero delle infrastrutture, che gestisce i fondi per la realizzazione dei lavori attraverso i Provveditorati regionali alle OO.PP”. Richiamando precedenti pronunce, rese sia in sede di referto che di controllo, i Magistrati contabili hanno compiuto un lungo excursus fino ai primi anni ’70 – epoca di avvio del piano pluriennale di edilizia penitenziaria, tuttora in corso -, rilevando “l’eccessiva mutevolezza delle scelte programmatiche e la conseguente precarietà delle relative assegnazioni di fondi”. Gli stanziamenti recati dalle leggi n.41 e n.910 del 1986, per complessivi 2600 miliardi di lire, sono stati diluiti fino al 2000 vale a dire in un arco temporale di ben 13 anni, pari a più di tre volte quello originariamente previsto.


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