Cultura

Economia sociale: una conferenza a Milano

Confronto serrato tra i cinque paesi partner dell'European Learning Network

di Sara De Carli

Ma che cos’è l’economia sociale? Questa mattina, a Palazzo dei Giureconsulti di Milano, c’erano opinioni e definizioni discordi. Eppure i presenti erano tutti impegnati nell’economia sociale da molto tempo e con titoli di assoluto prestigio. Il problema? Provenire da paesi diversi, con una cultura, una storia imprenditoriale e delle politiche sociali molto differenti. L’occasione per mettere a confronto le varie esperienze europee è stata una conferenza dal titolo “Nuove prospettive per l’economia sociale: esperienze europee a confronto”, organizzata dall’European Learning Network, un progetto europeo per la cooperazione interregionale per la riqualificazione delle aree urbane depresse e economicamente svantaggiate. Presenti i massimi responsabili delle realtà rappresentanti i paesi membri: Milano, Praga, Londra, Amburgo e Amsterdam. Quello che ne è uscito è la necessità di rimettere in discussione la definizione di economia sociale, distinguendola tanto dall’economia civile quanto dall’imprenditoria degli immigrati, dal non profit quanto dalla csr. “L’imprenditorialità sociale”, ha ricordato Allison Ogden Newton, direttore generale di Social Enterprise, a Londra, ” è un modo di fare, non una cosa, un verbo, non un nome. Prima di essere una forma giuridica o un sistema di implementazione di posti di lavoro, è una forma di attività che può essere trasposta in qualunque settore dell’economia, o meglio, che ha pochissimi limiti: dubito si possa fare impresa sociale nel settore degli armamenti!”. Concordi tutti gli italiani presenti, da Marcello Correra, direttore dell’area sviluppo economico della Provincia di Milano, a Guido Galardi, presidente di Legacoop Lombardia, a Marco Granelli di Caritas ambrosiana. “L’Italia sembra avere dei parametri molto stretti di economia sociale rispetto alle esperienze che oggi abbiamo sentito”, ha detto Galardi. “Occorre rilanciare il dibattito e trovare dei modelli di intervento comuni, altrimenti qui si rischia la ghettizzazione. Soprattutto è importante ottenere una migliore definizione dell’economia sociale a livello legislativo”. La realtà europea infatti, Londra e Amsterdam in testa, nel binomio “impresa sociale” sottolinea più la dimensione di impresa di quella sociale: l’obiettivo non è quello di creare una realtà separata, ma una realtà che sia concorrenziale a tutti gli effetti con l’economia tout court, anche grazie al suo modo di fare e di essere. D’accordo Granelli: “l’economia sociale è quella che vive al suo interno la caratteristica di essere multistakeholder, secondo una logica inclusiva dei vari interessi. Questa è la sfida che anche la legislazione deve raccogliere”.


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