Non profit

Economia civile per contrastare la società del rischio

Conclusa la nona edizione delle Giornate. Un bilancio

di Maurizio Regosa

Si è conclusa la nona edizione delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile di AICCON, l’appuntamento annuale che mette a confronto i maggiori esponenti del mondo accademico e dei rappresentanti più autorevoli dell’economia civile in Italia.
Oltre 200 partecipanti provenienti da tutta Italia si sono riuniti a Bertinoro per discutere sulle future sfide del settore Non Profit: il ruolo dell’economia civile in Italia, il Federalismo Fiscale e la promozione dell’economia sociale come modello di sviluppo.
Si è entrati nel vivo del dibattito con la  sessione di apertura venerdì 16 mattina dedicata al tema di quest’anno moderata da Giulio Ecchia, con la partecipazione di Stefano Zamagni (Presidente Agenzia per le Onlus), Mauro Magatti (Cattolica di Milano) e Pier Luigi Sacco (IUAV di Venezia).
Il rischio del Terzo Settore è un aspetto centrale del tema delle Giornate di quest’anno: nel suo intervento Stefano Zamagni (nella foto) si chiede quali siano gli ambiti dell’Economia Civile per fronteggiare il rischio endogeno? “Infatti, fino a tempi recenti il rischio era esogeno, dipendente dai rischi di natura. La novità di questa nostra epoca è quella di aver endogenizzato il rischio, il quale dipende dall’economia e dalla società. Nei confronti del rischio endogeno non può esistere, per principio, alcuna assicurazione. L’Economia Civile – nelle condizioni storiche attuali – è la migliore forma di assicurazione nella società del rischio.”
Questa mattina Andrea Olivero e Franco Marzocchi hanno firmato un protocollo d’intesa fra il Forum Nazionale del Terzo Settore e AICCON (Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit) all’inizio dell’ultima sessione delle Giornate di Bertinoro per l’economia civile.
“Ritrovarci a pensare” è la sfida che vogliamo insieme affrontare” così Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo Settore ha commentato l’accordo appena siglato.“Questo protocollo sancisce e rafforza la partnership da tempo esistente ed assume una valenza ancora maggiore in questo particolare momento. Alla luce infatti di quella nuova stagione costituente indicata dal Ministro Sacconi, il Forum del Terzo Settore sta predisponendo un Libro Verde con l’intento di offrire un’analisi delle principali questioni  e la conseguente identificazione di una scaletta di priorità e proposte. E in questo approfondito lavoro di studio ed elaborazione vediamo essenziale la presenza di partner strategici come AICCON”.
Franco Marzocchi, Presidente di AICCON ha sottolineato “La vera sfida che il Terzo Settore è chiamato ad affrontare nei prossimi anni è di tipo culturale ed AICCON è orgogliosa di stipulare questo accordo e collaborare con il Forum Nazionale del Terzo Settore”.

La ricerca di Unioncamere sull’impresa sociale, È stata presentata nel corso della prima delle due Giornate di Bertinoro (dedicata all’economia civile che il presidente dell’Agenzia per le onlus, Stefano Zamagni ha definito «la miglior forma di assicurazione nella società del rischio»), la ricerca Economia civile e sviluppo: dimensioni e prospettive nella società del rischio, condotta da Unioncamere Emilia Romagna. Un’indagine sulla quale si concentravano molte attese e che è stata “raccontata” dal direttore dell’Area studi e ricerche di Unioncamere, Guido Caselli.

Per iniziare, alcuni dati. Anzitutto un confronto con il passato. Per capire e guardare in avanti. La performance dell’economia civile, dunque. Se nel periodo fra 2000 e 2009 si è avuto un piccolo incremento del numero delle imprese (+ 1,8%), nel quadro di una sostanziale continuità per dimensioni (il 95% ha meno di 10 addetti) e per struttura (il 70% è di tipo familiare), decisamente più significativo l’incremento delle cooperative (+3,9%: in cifre assolute sono 150.851). Un buon risultato che però impallidisce di fronte al segmento sociale: le coop sociali sono infatti aumentate del 112,3% (sono attualmente 11.706).  Esiti più che importanti anche per quanto riguarda il numero di dipendenti: a fronte di un +16% dei lavoratori impiegati,  le imprese sociali (che sono 11.020) hanno incrementato il numero di addetti di un netto + 30%.

Uno a zero per l’economia civile… Come a dire, uno a zero per l’economia civile? In un certo senso, sì. Ma anche i numeri vanno approfonditi. In effetti, ha spiegato Caselli, non è che le imprese non siano cambiate. «I cambiamenti non vanno cercati guardando le singole imprese. La trasformazione sta nel sistema relazionale che le unisce», ha spiegato, riferendosi al passaggio dalle strategie orientate al consumatore (anni 80), all’innovazione tecnologica (gli anni 90) e poi alla pratica delle reti lunghe (il decennio in corso). Sistemi adottati dalle imprese per far fronte e superare il gap dimensionale e strutturale (spesso secondo una impostazione che ha previsto poche imprese “driver” di media o grande dimensione e molte piccole che collaborano; una impostazione che in tempi recenti ha mostrato segni di esaurimento).

Contemporaneamente però si è fatto strada anche un altro modello che supera il criterio rigorosamente economico e i cui ingredienti principali sono la coesione sociale, la condivisione di obiettivi e valori, il senso di appartenenza. È grazie all’azione di questi fattori che si spiegano alcune buone performance: «Il livello di sviluppo economico delle regioni italiane», ha spiegato Caselli, «può essere spiegato dall’intensità e dalla interazione delle dimensioni che formano l’indicatore di capitale territoriale». Ovvero le diverse forme di capitale (naturale, tecnico, umano e sociale).

Il futuro sta nelle relazioni.  Per immaginare gli scenari prossimi, Unioncamere propone un ribaltamento di prospettiva che parta dal convincimento che  è un  territorio competitivo a fare  le imprese e le persone competitive (e non viceversa, come si è spesso sostenuto). Da qui l’idea della necessità di trovare nuovi modi per fare sistema. «Come sarà l’Italia del 2030 dipenderà da noi», ha concluso Caselli, «dalla nostra capacità di portare a valore cambiamenti ineludibili – come quelli demografici e migratori – dalla nostra visione di ciò che vogliamo essere e dalla forza che avremo per operare scelte forti affinché tale visione si avveri». E il paradigma indicato è quello informatico: il paese deve puntare a organizzarsi secondo i paradigmi del web 2.0, che si fonda sulla trasparenza, sulla pari dignità di tutti i membri, sull’aiuto reciproco, sul valore del dono, sulla condivisione, sull’intelligenza e sul cuore delle persone.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA