Sostenibilità
Eco-politiche, Italia bocciata
L’indice 2010 di Germanwatch: l'Italia è 44esima
di Redazione
Italia ferma al quarantaquattresimo posto nella classifica generale dell’Indice sul clima 2010 del Germanwatch, presentato al vertice Onu di Copenaghen (scaricabile cliccando qua accanto). E sul fronte delle politiche nella lotta ai cambiamenti climatici il nostro Paese si aggiudica addirittura il terzultimo posto, peggio di noi solo il Canada e l’Arabia Saudita.
La ricerca – condotta annualmente dall’associazione tedesca in collaborazione con la rete delle associazioni ambientaliste CAN (Climate Action Network) Europe e di Legambiente per l’Italia – valuta le performance sul clima dei 57 Paesi che, insieme, sono responsabili di oltre il 90% delle emissioni del pianeta. In particolare il Climate Change Performance Index prende in considerazione il livello delle emissioni di anidride carbonica di ogni Paese, i trend delle emissioni nei principali settori (energia, trasporti, residenziale, industrie) e le politiche attuate per la lotta al mutamento climatico.
È la mancanza di una strategia di riduzione delle emissioni di CO2 a pesare nel risultato dell’Italia, invariato rispetto allo scorso anno nonostante nel corso del 2009 le sue emissioni siano calate per via dell’inverno mite, della crisi economica e della riconversione a gas di alcune centrali a olio combustibile.
«Una pessima figura per il nostro Paese», commenta Edoardo Zanchini, responsabile energia e clima di Legambiente, «che dipende dal non aver ancora voluto cambiare le vecchie politiche in materia di trasporti, energia e edilizia, i settori che più contribuiscono alle nostre emissioni di gas serra».
A riprova di questa realtà, evidenzia Legambiente, le scelte portate avanti nell’ultimo anno: sono stati approvati tre progetti di grandi e inquinanti centrali a carbone, le priorità d’investimento in materia d’infrastrutture continuano a privilegiare per il 70% strade e autostrade, e perdura una incomprensibile incertezza per quanto riguarda gli incentivi per le fonti rinnovabili e gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici.
«Se l’Italia intende finalmente recuperare la distanza che la separa dai Paesi più industrializzati», aggiunge Zanchini, «deve finalmente cambiare pagina rispetto a quanto fatto in questi anni in materia di clima. Basta con i rinvii rispetto all’attuazione del protocollo di Kyoto, smettiamola con le scuse sui costi del Piano europeo al 2020. I cittadini e le aziende italiane hanno tutto l’interesse a riconvertire la propria economia al nuovo scenario della green economy».
Lasciati liberi i primi tre posti per rimarcare come «nessun Paese si sia impegnato a incamminarsi per evitare il pericolo dei cambiamenti climatici», il rapporto premia come migliori performance quelle di Brasile, Svezia e Gran Bretagna (era 58,ma lo scorso anno) davanti a Germania, Francia e India. Male i grandi inquinatori: la Cina, con il record di emissioni globali, e’ al 52mo posto, gli Stati Uniti sono al 53mo. Agli ultimi quattro posti l’Arabia Saudita, maglia nera, seguita da Canada, Kazakhstan e Australia.
In particolare, questo rapporto 2010 mette in evidenza gli sforzi compiuti dal governo Lula per ridurre la deforestazione e la legge nazionale sulle politiche climatiche approvata dal Regno Unito per tagliare le emissioni nei prossimi anni.
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