Quali sono i principali fattori che hanno determinato cambiamenti ambientali di fondo e di lungo periodo in Val d’Agri? La relazione di Giovanni Figliuolo, ricercatore del Dipartimento di Biologia dell’Università della Basilicata, dal titolo “La biodiversità dal punto di vista dell’impresa: dal progetto AgriBioDiversity ai risultati del monitoraggio e delle azioni di conservazione”, tenuta a Marsico Nuovo nella prima giornata del convegno organizzato dal Parco Appennino Lucano, ha ruotato intorno a questo interrogativo.
Come sta la biodiversità
Tre, in particolare, gli obiettivi che si è posto il progetto di ricerca. Il primo, la realizzazione di un’indagine sullo stato della biodiversità e al tempo stesso la valutazione degli impatti come strumento per identificare e ridurre gli effetti (diretti e indiretti) delle operazioni di estrazione del petrolio; il secondo, la definizione di azioni di mitigazione e ripristino, e terzo, infine, l’implementazione di un protocollo di monitoraggio e mitigazione della biodiversità, specifico per l’area, integrabile nelle attività operative della gestione ambientale.
Le conclusioni a cui è giunta l’attività di ricerca a livello di territorio hanno messo in evidenza le trasformazioni che hanno interessato l’area della Val d’Agri negli ultimi cinquant’anni. «I cambiamenti più marcati», ha spiegato Figliuolo, «sono avvenuti nel fondo valle e nell’insieme risultano molto più significativi di quelli dovuti alle più recenti attività petrolifere». Il riferimento è ai mutamenti intervenuti in seguito alla costruzione della diga e alla formazione del Lago Pertusillo, alla canalizzazione dei corsi d’acqua e al drenaggio associato, alla costruzione dell’area industriale di Viggiano, all’intensificazione dell’agricoltura, all’espansione della rete stradale e all’incremento degli insediamenti abitativi. Le aree montane, invece, ha osservato il docente di Unibas, hanno subito una minore pressione e presentano tuttora numerose zone ad alta biodiversità.
Urge cooperazione
Secondo Figliuolo, «la gestione non ottimale delle foresta, il pascolamento incontrollato e l’espansione della rete stradale possono interferire con le attività di mitigazione degli impatti delle operazioni di estrazione del petrolio». Il docente si è soffermato, inoltre, sulla condizione delle praterie d’alta quota soggette a sovra-pascolamento. «Nei punti in cui le tubazioni attraversano queste aree», ha suggerito, «le attività di ripristino devono essere associate a un attento controllo del libero pascolamento». Interessanti anche i risultati delle attività di indagine svolte a livello dei siti interessati dalle attività estrattive con l’intento di comprendere le implicazioni prodotte e i potenziali effetti sulla biodiversità.
Sono stati presi in esame, ad esempio, la conservazione delle faggete, di alcune praterie (Agresto, Madonna di Viggiano, Marsicovetere) e dei licheni. Gli impatti diretti delle attività estrattive sulla biodiversità delle praterie, queste le principali conclusioni presentate dal professor Figliuolo, «sono ripristinabili in un tempo relativamente breve dal punto di vista biologico». Quanto agli impatti indiretti, questi «sono dovuti all’ampliamento e alla costruzione delle strade di servizio che favoriscono l’accesso di uomini e animali in aree forestali prima non facilmente raggiungibili». Infine, le attività di ripristino. Il successo, ha concluso il docente, dipende anche dalla cooperazione di tutti gli attori sociali del territorio.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.