L'appello alle istituzioni

Ecco quanto conta la voce del paziente

Il manifesto prodotto da "PRO4All, pazienti protagonisti per la salute di tutti", un gruppo di società scientifiche, associazioni ed economisti della Bocconi per far sentire la voce dei pazienti ai tavoli decisionali clinici e regolatori, per migliorare i percorsi di cura e supportare la sostenibilità del Sistema Salute. Un tema su cui c'è consenso unanime, ma alle dichiarazioni di intenti devono seguire interventi legislativi che li rendano esecutivi

di Nicla Panciera

Raccogliere l’esperienza del paziente della propria malattia, dei trattamenti e dei dispositivi medici, è di fondamentale importanza. Da un lato, lo è perché «comprendere e provare a soddisfare i bisogni soggettivi dei pazienti è il senso più alto della nostra professione», come ha detto il presidente degli oncologi medici Aiom Francesco Perrone in occasione della giornata mondiale contro il cancro del 4 febbraio, dall’altro perché il coinvolgimento dei pazienti è conveniente per l’intero sistema salute.

Cosa sono i Pros

Da tempo, grazie a dei questionari strutturati, è possibile raccogliere direttamente dal paziente e senza il filtro di alcun operatore, medico o altro, i cosiddetti esiti riferiti dal paziente (patient-reported outcomes PROs), riguardanti i sintomi, la loro frequenza e intensità, gli eventuali effetti collaterali e, appunto, la qualità di vita. Misurarla, e includerla tra gli endpoint degli studi, è il primo passo per poter inserire i Pros nella valutazione del valore di un trattamento, come suggeriscono le agenzie regolatorie, e quindi renderli anche uno strumento di confronto tra terapie, aspetto non affrontato dagli studi registrativi.

L’appello alle istituzioni

Di come strutturare il coinvolgimento dei pazienti in ogni fase del processo salute si è parlato al Senato, in occasione della presentazione del lavoro svolto dal Gruppo di lavoro “PRO4All, pazienti protagonisti per la salute di tutti”, composto da varie associazioni e società scientifiche nell’area oncologica e delle neuroscienze, come l’Associazione italiana miastenia Aim, Aiom, Associazione italiana sclerosi multipla Aism, Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia Favo, Federation of italian cooperative oncology groups Ficog, società italiana di neurologia Sin, federazione italiana malattie rare Uniamo, e da un team di ricercatori dell’Università SDA Bocconi, esperti in misurazioni farmacoeconomiche. L’iniziativa, realizzata con il supporto di Roche Italia, ha portato alla stesura di un manifesto che intende implementare anche in Italia l’utilizzo dei dati raccolti direttamente dai pazienti nelle decisioni che riguardano la ricerca clinica e i percorsi regolatori dei farmaci.

Le buone pratiche europee

«Il raggio potenziale dell’apporto del paziente è molto ampio, dalla generazione delle evidenze alla determinazione degli endpoint, alla valutazione del rapporto rischio/beneficio di ogni decisione» ha detto Guido Rasi, direttore esecutivo di Ema, elencando l’attuale presenza in agenzia dei rappresentanti dei pazienti, assenti solo nel Comitato per i medicinali per uso umano Chmp. Il coinvolgimento non è certo recente, ma risale al 2006, con l’istituzione del Patients’ and Consumers’ Working Party. Rasi ha quindi ricordato come nella storia della partecipazione dei pazienti nel mondo regolatorio, si sia ormai andati oltre i due noti ostacoli «del loro essere portatori della propria istanza emotiva e non rappresentanti di una comunità e dell’essere portatori di interessi commerciali».  

Vantaggi dei Pros

Uno dei motivi per cui i Pros contano è che molto spesso quello che viene riportato direttamente dal paziente attraverso questionari auto-compilati correla poco con gli effetti propriamente clinici degli studi. In altri casi, essi sono essenziali per la valutazione oggettiva degli effetti dell’intervento, come nel caso dell’ansia per la quale non esiste una misurazione oggettiva, o nel caso delle «malattie rare per cui non esiste trattamento specifico e quindi la parte clinica non si può migliorare più di tanto, ma si cerca di intervenire sulla qualità della vita» ha spiegato Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo. Nel caso poi dei Pro specifici per malattia, si riesce ad arrivare laddove le scale di valutazione non arrivano: «Si pensi a una malattia neuromuscolare progressiva» ha spiegato la neurologia Adele D’Amico, coordinatrice del team neuromuscolare del Bambin Gesù, membro PRO4All e nel direttivo di Aim «dove non riusciamo a migliorare la funzione muscolare ma è possibile gestire le secrezioni, con una grande differenza per la qualità della vita».

I Pro diventino indicatori del valore di un farmaco

La qualità della vita è un parametro riconosciuto come importante nella valutazione di un trattamento, tanto dalle autorità regolatorie quanto dalla Magnitude of Clinical Benefit Scale dell’ESMO, la scala di valutazione delle nuove medicine contro il cancro. Inoltre, è uno dei tre pilastri della Mission on Cancer europea. «Deve quindi rientrare nella valutazione del valore di un farmaco o di un dispositivo» ha detto Francesco De Lorenzo, presidente della Favo concludendo che per questo è imprescindibile «una presenza strutturata dei pazienti in ogni fase, come abbiamo chiesto ad Aifa», che potrebbe anche trarre semplicemente spunto dalle best practice consolidate a livello europeo. Se la qualità della vita diventasse un indicatore decisivo per la valutazione dei nuovi farmaci, anche nella contrattazione sulla sua rimborsabilità, questo è il ragionamento, allora le aziende farmaceutiche sarebbero molto più stimolate a tenerne conto.


I Pro nei trial clinici: una descrizione più accurata della realtà

«Quando sono i medici-ricercatori a compilare le schede pazienti nei trial clinici emerge un under-reporting dei sintomi e degli eventi avversi soggettivi nei pazienti oncologici» Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom e direttore dell’Oncologia medica universitaria delle Molinette di Torino. «Questo cambia quando nei sistemi di raccolta dati in cui sono i pazienti stessi a registrare i sintomi e le tossicità che hanno sofferto. Per questo sollecitiamo una incorporazione formale dei patient-reported outcomes (PROs) nella descrizione dei sintomi e delle tossicità» negli studi clinici perché, come lo stesso di Maio ha osservato (lo studio è apparso sul BMJ Oncology), la qualità della vita è un parametro ancora non considerato a sufficienza negli studi clinici nonostante la percentuale di quelli che la includono tra gli endopoint sia aumentata passata dal 52,9% del quinquennio 2007-2012 al 67.8% nel quinquennio successivo. Il problema è che anche quando il dato viene raccolto, non viene poi pubblicato e, quindi, condiviso con la comunità di clinici. «Eppure, è un aspetto cruciale nella comunicazione che ho con il mio paziente al momento di scegliere l’opzione terapeutica più adatta al singolo individuo».

Il paziente co-pilota della macchina sanitaria

Ad essere più avanti di chi disegna gli studi profit sono, a volte, le associazioni di pazienti come Aism che da tempo si batte per una nuova visione del ruolo del paziente e per la sua partecipazione in ogni fase della ricerca, non solo nella raccolta di dati di real world o nella valutazione di un trattamento ma fin dallo stabilire le strategie generali e le priorità della ricerca: «Ormai è ampiamente provato che per migliorare il Servizio Sanitario Nazionale è necessario mettere i bisogni e i diritti dei pazienti al centro delle decisioni di politica sanitaria. Non si parli più di “paziente al centro”, il paziente è un co-pilota, capace di esercitare una cittadinanza scientifica in ogni fase e contesto» ha detto Mario Alberto Battaglia, direttore generale di Aism «Oltre alla competenza, c’è un secondo requisito: il paziente è rappresenta una comunità più o meno ampia e non è portatore di un’istanza personale».

Cosa manca da fare

Se sull’utilità dei Pros non ci sono ormai dubbi, ancora c’è del lavoro da fare sul versante della loro «validazione, armonizzazione e standardizzazione dei questionari di raccolta e valutazione degli indicatori» ha spiegato Giulio Pompilio, direttore scientifico dell’Irccs Cardiologico Monzino di Milano, in nome della rete degli Irccs dove «si fa ricerca clinica no profit ad altissimo livello, che può rispondere a molte funzioni come quella di affiancare i profit nel post-marketing ma anche di condurre studi di Real world», che sono quegli studi che più di tutti rispondono a un quesito clinico e informano quindi la pratica quotidiana, quella condotta su pazienti reali e non su popolazioni selezionatissime dei trial clinici farmacologi.  Di Maio, infine, auspica «la stesura di linee di indirizzo sulla raccolta, analisi ed interpretazione dei PROs in fase valutativa dei trattamenti».

«Molti strumenti di raccolta della voce del paziente sono già in uso nei centri della rete neuromuscolare europea, dove i Pros hanno un ruolo chiave nella clinica, ma vanno resi obbligatori grazie all’intervento delle Istituzioni» ha spiegato Valeria Sansone, Membro PRO4All e Delegata AIM direttore clinico-scientifico del Centro Clinico Nemo di Milano che ha ricordato l’inevitabile lentezza dei cambiamenti culturali e la necessità urgente di inserire i Pros anche nell’insegnamento universitario.

Una storia che si ripete?

Non si pensi che la questione sia secondaria, ha concluso Carmine Pinto, Membro PRO4All e già Presidente FICOG, ricordando la vicenda della legge 38/2010 sulle cure palliative e la terapia del dolore che «ha obbligato tutti a pensarci e a modificare la pratica clinica quotidiana». Anche qui, serve una legge, la posta in gioco è alta: garantire i migliori standard di cura a tutti cittadini con un occhio alla sostenibilità del nostro sistema sanitario nazionale.

Ecco il manifesto PRO4All firmato da tutti i membri del Gruppo di Lavoro (disponibile anche qui):

Manifesto PRO4All firmato da tutti i membri del Gruppo di Lavoro PRO4All

Foto di Mikael Kristenson su Unsplash

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