Volontariato

Ecco perché non accettiamo sangue da parenti

Un comunicato di Avis: in Italia la donazione è per legge anonima e gratuita

di Gabriella Meroni

«Sono decine, ogni settimana, le telefonate che arrivano al Numero Verde di AVIS Nazionale da persone che sono in cerca di sangue per i loro parenti, ricoverati in ospedale e in attesa di delicati interventi chirurgici». Inizia così un comunicato diffuso da Avis in merito alla delicata questione delle donazioni di sangue da parte di parenti di persone che vivono un’emergenza sanitaria.

«Si tratta soprattutto di figli o nipoti preoccupati per le sorti dell’anziana mamma o nonna, ma in molti casi anche di mariti o mogli di giovani coniugi», continua Avis. «Ci chiamano perché il personale degli ospedali, dove sono ricoverati i loro congiunti o amici, chiedono loro di reperire sangue ed emocomponenti per il parente ricoverato. Altrimenti, spiegano, l’intervento non si potrà fare. Senza peraltro tener conto della compatibilità per il gruppo sanguigno tra ammalato e possibile donatore.
Ci chiamano in buona fede», prosegue il comunicato, «non sapendo che in Italia esiste una normativa in materia trasfusionale chiara e precisa, che dovrebbe invece essere conosciuta dagli operatori, che prevede come unica forma di donazione quella anonima, volontaria, periodica e gratuita. Anonimato che viene perso se si intende utilizzare quella donazione per quel donatore, come peraltro viene perso il valore intrinseco del donarsi per chiunque si trovi in difficoltà e non solo per chi si conosce».

«La donazione da parte di persone sollecitate in occasione di particolari situazioni di sofferenza è da considerarsi a maggior rischio per il donatore, per le particolari condizioni emotive in cui può trovarsi, e per il ricevente, non presentando le fondamentali caratteristiche legate alla periodicità, ai controlli ripetuti, alla tracciabilità. Inoltre, chi ci telefona, molto probabilmente non conosce che il sistema trasfusionale italiano è all’avanguardia sia dal punto di vista qualitativo sia quantitativo, e l’ottima rete di coordinamento tra le strutture, governata a livello nazionale dal Centro Nazionale Sangue e a livello regionale dai Centri Regionali Sangue, permette di conoscere rapidamente deficit ed esuberi di globuli rossi e altri emocomponenti, garantendo agli ospedali le quantità necessarie di sangue per il supporto trasfusionale alla cure delle diverse patologie chirurgiche o mediche».

«La rete funziona bene perché quotidiano è il raccordo con le associazioni di volontariato del sangue, che lavorano in sintonia con gli Ospedali e svolgono un’indispensabile opera di chiamata, sensibilizzazione e fidelizzazione dei donatori volontari. Grazie alle associazioni, dunque, esiste un numero cospicuo (AVIS conta quasi 3300 sedi territoriali e oltre 1200000 soci) di donatori, rigorosamente controllati (e quindi più sicuri), sempre pronti a rispondere ai bisogni del sistema trasfusionale senza che altre forme di donazione – sotto pressione – debbano prendere il sopravvento. Negli ultimi mesi, alcune Regioni hanno prontamente ricordato alle strutture ospedaliere – con comunicazioni ufficiali – che questo modo di procedere è in contrasto con la normativa europea, italiana e regionale. Pertanto, con queste premesse, precisiamo che, a nostro avviso, non esistono motivazioni per procedere con le sollecitazioni ai pazienti ed ai parenti, che vengono giustamente da loro percepite come vessatorie e segno di inefficienza del sistema».

AVIS quindi è assolutamente contraria a queste modalità di “reclutamento” di donatori.


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