Welfare
Ecco perché la “sfilata pre-adottiva” non ha senso
Nel Mato Grosso in un centro commerciale hanno fatto sfilare in passerella alcuni minori adottabili, per portare l'idea di adozione fuori dal recinto delle famiglie più sensibili. «In alcuni Paesi c'è la logica del “colpo di fulmine”, io invece credo che nell’adozione serva molta consapevolezza», afferma Monya Ferritti. Che fare? «Non fare leva sull’autopromozione dei bambini ma lavorare sui genitori, su cosa significa adottare un bambino grandicello, farli arrivare preparati e quindi più disponibili. Se di adozione non parlassimo solo alle coppie senza figli, sarebbe diverso»
Brasile, bambini orfani sfilano in passerella per essere scelti da famiglie adottive. Così la notizia, riportata, due giorni fa, da tantissima stampa italiana. Il fatto è avvuto nello Stato del Mato Grosso in Brasile, con bambini e ragazzi orfani, dai 4 ai 17 anni, che agghindati di tutto punto, hanno sfilato su una passerella allestita in un centro commerciale. Un’iniziativa per avvicinare all’adozione più persone, per permettere loro di incontrare i bambini e per regalare ai bambini un giorno diverso, dicono per lo più gli organizzatori, nei virgolettati riportati. Un’iniziativa che lascia del tutto sconcertati: ma può servire? Lo abbiamo chiesto a Monya Ferritti, presidente del Coordinamento CARE, che riunisce Associazioni Familiari adottive e affidatarie.
«Noi siamo davvero molto distanti da queste modalità, per fortuna. L’Italia sul tema dei diritti dell’infanzia fa cultura, siamo molto lontani anche solo dal pensare una cosa del genere, non la vedo per nulla una strada percorribile nemmeno a livello di ipotesi», risponde. La “sfilata” in Brasile era alla sua terza edizione e «si fanno anche in USA e in UK, ricordo ormai una decina di anni fa una trasmissione sulla Rai che raccontava di queste modalità per noi poco ortodosse. Negli USA e in UK a differenza di quel che sembra essere avvenuto nello stato del Mato Grosso, le coppie partecipanti hanno già dato disponibilità all’adozione, sono potenziali genitori adottivi. La motivazione? Da un lato quella di avvicinare anche persone che non avevano mai pensato all’adozione e dall’altro quella di rendere più “famigliare” la possibilità di adottare un bambino grande o un preadolescente, attraverso dei momenti di incontro, con i ragazzini che si presentano raccontando qualcosa di sé, di cosa gli piace fare… cose positive, per cercare di abbattere qualche pregiudizio».
E può essere una strada? «Negli USA in effetti c’è un po’ la logica del “colpo di fulmine”, io invece credo che nell’adozione serva molta consapevolezza. È bellissimo il colpo di fulmine ma non basta. Servono genitori più preparati. Io non sono sicura che quelle offerte ai bambini in questo modo siano reali chances», è il giudizio di Ferritti. «Mi sembra una modalità che attira adulti poco consapevoli, mentre i bambini hanno bisogno del nostro rispetto. Non vale comportarsi in modi che suonino come “tanto questa per te è l’ultima chances”. Non mi sembra una modalità da sostenere né da suggerire, manca la base del rispetto che dobbiamo a questi bambini. La chance che dobbiamo dare loro è quella di avere una famiglia consapevole, non improvvisata».
Quindi che fare? «Non fare leva sull’autopromozione dei bambini ma lavorare sui genitori, su cosa significa adottare un bambino grandicello, farli arrivare preparati e quindi più disponibili. Sappiamo le difficoltà che trovano i bambini più grandi, sono legate anche al fatto che le coppie che arrivano all’adozione sono per la grandissima parte coppie infertili, che ci arrivano vicine ai 50 anni, sapendo che quello è il loro unico figlio. Al contrario se all’adozione si avvicinassero in misura maggiore coppie con figli, ci sarebbero maggiori possibilità perché chi ha già un figlio di 12 anni sa che un bambino di 8 anni è ancora un bambino… Ci vorrebbe che l’adozione non fosse veicolata unicamente a coppie senza figli, con la poesia dei due desideri che si incontrano… l’adozione è la risposta a un bisogno, che è quello di un bambino in stato di abbandono. E il bisogno di questo bambino è quello di avere genitori consapevoli».
Foto Unsplash
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