Salute

Ecco l’erede di Rita Levi Montalcini

A pochi mesi dalla scomparsa di Rita Levi Montalcini, il Premio che porta il suo nome va a Maria Assunta Rocca, in un ideale passaggio di testimone

di Redazione

È andato a Maria Assunta Rocca il Premio Rita Levi Montalcini, che Aism fin dal 1999 assegna per premiare l’eccellenza nella ricerca sulla sclerosi multipla. «Mi sarebbe piaciuto ricevere il riconoscimento da parte della professoressa Montalcini, c’è un piccolo senso di rammarico nell’averlo ottenuto proprio ora che lei non c’è più», dice Rocca. «È comunque un riconoscimento importante. Io e il mio gruppo ne abbiamo ricevuto una forte carica. Abbiamo avuto la conferma che la ricerca di cui ci occupiamo è valida ed è riconosciuta. Siamo tutti estremamente gratificati e spinti a moltiplicare impegno e creatività».

Maria Assunta Rocca , è Group Leader dell’Unità di Neuroimaging della sostanza bianca del Sistema Nervoso Centrale, Divisione di Neuroscienze, Ospedale San Raffaele di Milano. Negli ultimi 5 anni ha pubblicato sulle più importanti riviste scientifiche 132 articoli sulla sclerosi multipla, di cui 21 come primo nome. Le sue ricerche hanno contribuito in modo significativo a mostrare l’importanza delle tecniche di risonanza magnetica per il monitoraggio dell'evoluzione della malattia e degli effetti del trattamento riabilitativo, motorio e cognitivo: «Con la risonanza magnetica non è stato un amore a prima vista», ammette. «Volevo diventare neurologo clinico, occuparmi a tempo pieno delle persone, non passare il tempo a contare le lesioni riscontrate con la risonanza. Poi nel 2000 ho avuto la fortuna di stare un anno in Germania, dove ho imparato a utilizzare la risonanza magnetica funzionale. È una metodica che permette di valutare come funziona il cervello rispetto a diversi stimoli motori, cognitivi, visivi o anche in una situazione di riposo: da lì è partito un interesse nuovo di ricerca che amo fortemente».

La dottoressa Rocca dice che la sua scoperta più importante è quella che deve ancora venire: « Cerco qualcosa da poter proporre praticamente alle persone con SM, soprattutto a quelle che entrano nelle fasi avanzate di malattia. Nei prossimi anni voglio investire tantissimo soprattutto sull’efficacia dei diversi aspetti di riabilitazione». Gli studi che stanno facendo riguardano soprattutto i neuroni a specchio: «Ci aspettiamo che nel paziente sottoposto a stimoli motori di tipo visivo l’area dei neuroni a specchio si attivi meglio rispetto a chi esegue semplicemente un movimento riabilitativo. Quando deve effettuare un movimento, il paziente con compromissione neurologica tende ad attivare tutto il cervello, mentre un soggetto sano attiva solo due aree. Quindi il paziente con compromissione neurologica effettua molto più sforzo, impiega molte più energie di una persona sana per effettuare lo stesso movimento. Ci aspettiamo che il paziente dopo una buona strategia riabilitativa sia in grado di riportare la sua attivazione a poche aree e conservare tutte le altre. Altrimenti, a forza di attivare tutto il cervello, alla fine si esauriscono le sue capacità adattative e funzionali».
 


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