Natura
Ecco la rete che mette al centro la biodiversità
L'Italia è prima in Europa per il numero di specie animali e vegetali. Grazie a fondi del Pnrr, è nata una grande rete nazionale per monitorare, preservare, ripristinare e valorizzare questo vastissimo patrimonio. Sono coinvolti quasi duemila studiosi di diverse discipline, che stanno imparando a confrontarsi e aprirsi al territorio, per una nuova cultura dell'ambiente. «La natura si autoregola, ma negli ultimi anni la stiamo modificando così tanto che molte specie stanno scomparendo. Il National biodiversity future center vuole essere un contributo per invertire la rotta», dice il direttore Riccardo Coratella
Batte a Palermo il cuore del primo Centro di ricerca italiano sulla biodiversità: il National biodiversity future center – Nbfc, una rete che coinvolge circa duemila scienziati e cinquanta partner in tutto il Paese, con sede legale, appunto, presso l’Università del capoluogo siciliano. Obiettivi del progetto sono: monitorare, preservare, ripristinare e valorizzare il vastissimo patrimonio naturale presente in Italia e nel Mediterraneo, una delle aree più ricche al mondo di biodiversità. La natura è un capitolo in cui, con 60mila specie animali e un numero altissimo di specie vegetali, siamo primi in Europa (leggi la presentazione di Ispra). Finanziato dall’Ue attraverso fondi Pnrr in totale per 320 milioni, dal 2023 al 2025, Nbfc è un progetto promosso e coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr, che intende porre le basi per una nuova cultura ambientale, più consapevole del valore della biodiversità, del suo impatto per lo sviluppo economico e per il benessere della collettività.
«Ai 1.400 scienziati presenti nelle Università e Centri di ricerca di tutta Italia coinvolti nel progetto, nel primo anno di attività si sono aggiunti circa 300 ricercatori, di cui il 57% donne, per iniziare la raccolta di dati in ambiente marino e terrestre, comprese le città», spiega il direttore Riccardo Coratella. «Puntiamo sulla ricerca, ma intendiamo aprirci al territorio, nella convinzione che la conoscenza è utile quando porta miglioramenti concreti nella qualità della vita del cittadino. Promuoveremo percorsi di formazione e di trasferimento tecnologico, per coinvolgere le scuole e le piccole e medie imprese sul territorio, perché possano comprendere e sfruttare al massimo le opportunità offerte dalla biodiversità».
Il centro è stato concepito secondo il modello Hub & Spoke, un sistema di gestione e sviluppo delle reti in cui le connessioni si realizzano, come in una grande ruota di una bicicletta, dallo spoke (che significa raggio) verso l’hub (il perno centrale) e viceversa. Dall’hub, quindi, si dipartono virtualmente otto raggi, ciascuno dedicato a un preciso aspetto della biodiversità: quella marina, urbana e terrestre, ciascuna con due nodi, l’uno per il monitoraggio, l’altro per la ricerca di soluzioni, cui si aggiungono la comunicazione e il trasferimento tecnologico. L’hub centrale, a Palermo, fa un coordinamento di primo livello nei confronti degli otto spoke, che a loro volta coordinano diversi affiliati per un totale di 50 partner.
Continua Coratella: «Nel primo anno abbiamo lavorato molto sulla condivisione della conoscenza tra ricercatori, per superare la grande asimmetria informativa che esisteva all’inizio tra i diversi gruppi di lavoro. L’open science è una sfida. Ci siamo resi conto che proprio grazie al confronto, molti ricercatori hanno trovato soluzioni a problemi che, da soli, non riuscivano a risolvere. Il vantaggio è sia per chi porta conoscenza, sia per chi la riceve, una crescita misurabile».
La biodiversità è trasversale, coinvolge molte discipline, dalla biologia all’economia, che in passato non erano collegate mentre oggi, anche grazie a progetti come Nbfc, sono incentivate a “parlarsi”. Il centro nazionale, poi, è un’occasione unica per la scienza di aprirsi al territorio, coinvolgere partner esterni, come le aree protette e le aziende specializzate, per tutte quelle attività che gli enti di ricerca non hanno modo di fare, per carenza di strumentazione o di conoscenza, ma anche perché ci sia domani una ricaduta sui territori. Nell’ambito del progetto si indagheranno, ad esempio, i risvolti sulla salute, l’impatto sul clima, etc. «Creare una rete di soggetti che a livello nazionale operano sulla biodiversità è un investimento per il futuro, perché terminati i fondi Pnrr non si chiudano i centri che stiamo creando. Sarà un volano per l’economia», commenta ancora Coratella.
Gli italiani, poco consapevoli del patrimonio che custodisce il Paese, non hanno nemmeno la percezione di ciò che si sta perdendo, perché vengono consumate e degradate risorse naturali a una velocità sempre più insostenibile. Formare le giovani generazioni significa accompagnarle sul campo, alla scoperta di specie animali e vegetali sempre più rare, soppiantate da specie invasive. Un caso noto a tutti è quello del “granchio blu”, che sta alterando l’equilibrio del nostro mare. «Per comprendere quanto delicati siano gli equilibri naturali, l’esempio dell’Antartide mi pare emblematico», conclude Coratella. «Pochissimi sanno che nel continente di ghiaccio è vietato toccare i pinguini. Sono animali molto socievoli e curiosi, perché non sono mai stati prede e non sanno cosa sia la paura, vorrebbero giocare, ma se noi umani li tocchiamo, possiamo trasmettere germi che potrebbero danneggiare tutte le popolazioni di pinguini. Un microrganismo sarebbe in grado di stravolgere completamente la biodiversità dell’Antartide: è impressionante. La natura si autoregola, ma noi negli ultimi anni la stiamo fortemente modificando e molte specie stanno scomparendo. Il nostro progetto vuole essere un contributo per invertire la rotta».
Come eredità principale del centro, sarà istituito il Biodiversity Science Gateway: un’infrastruttura virtuale e non, per trasformare la ricerca scientifica in conoscenza diffusa e in realtà aziendali innovative, una struttura che sarà al tempo stesso uno strumento per l’educazione e l’innovazione e un luogo nel quale condividere risultati di ricerca con la società e il mercato. Tutti i dati scientifici saranno resi disponibili alla comunità scientifica in open access.
Le foto sono del National biodiversity future center – Nbfc
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