Famiglia
Ecco la mappa del tesoro
Ottomila associazioni, 316mila volontari, presenti da Nord a Sud dello Stivale. Sono quelli iscritti nei registri regionali.
di Marco Piazza
Ma il volontario chi è? È maschio o femmina, padano o romano, giovane o vecchio? Infine, ma quanti sono questi volontari? Sono domande cui da almeno un paio d?anni hanno provato a rispondere vari istituti di ricerca, e i numeri che sono usciti sono spesso in contraddizione, diversi. Le forbici tra una ricerca all?altra sono impressionanti: secondo alcuni i volontari sarebbero oltre 5 milioni (ricerca Iref), secondo altri circa 600 mila (ricerca Fivol).
Dopo anni si è finalmente mosso l?Istat, l?Istituto di statistica ufficiale, di Stato, dimostrando che l?interesse per il volontariato e per il Terzo settore cresce e si fa serio. I numeri dell?Istituto di statistica (che riportiamo dettagliatamente nelle tabelle) sono molto lontani dai milioni censiti da altre ricerche e dicono, in estrema sintesi, che in Italia ci sono più di ottomila associazioni che impiegano 316 mila volontari, che si concentrano principalmente nel Nord e che si occupano soprattutto di sanità e di assistenza.
Il volontario militante
È opportuno però sottolineare che i numeri dell?Istat rappresentano solamente lo zoccolo duro del volontariato, come ha dichiarato la ministra della Solidarietà sociale Livia Turco commentando i dati a botta calda.Perché la ricerca dell?Istat considera solo le associazioni che alla fine del 1995 erano iscritte ai registri regionali del volontariato istituiti dalla legge 266/91 e lascia quindi fuori tutti quegli enti (per fare solo qualche nome, il Gruppo Abele o la Fraternità di Ernesto Olivero, le comunità Incontro di don Gelmini,tre gruppi che mobilitano migliaia di volontari)) che, per i motivi più diversi (per scelta oppure soltanto per non averne avuto l?opportunità o l?informazione) non fanno parte degli elenchi regionali. L?universo dei non censiti – su cui, come ha annunciato Livia Turco, verrà fatta prossimamente un?indagine ad hoc – sarebbe almeno equivalente a quello dei censiti. Quindi le associazioni di volontariato sarebbero almeno 16 mila e i volontari oltre 600 mila. Dati, questi, che si avvicinano parecchio alle stime fornite lo scorso anno dalla Fondazione italiana per il volontariato. A chiarire il metodo della ricerca ci pensa direttamente Alberto Zuliani, presidente dell?Istat: «I nostri criteri sono stati molto selettivi, ci siamo occupati dei volontari militanti e tra questi dei volontari che militano in associazioni regolarmente iscritte ai registri delle regioni al 31 dicembre 1995. Detto questo due precisazioni: innanzitutto in questi due anni le associazioni iscritte ai registri sono aumentate di circa il 20 per cento. In secondo luogo è ovvio che se l?oggetto dell?indagine statistica fossero stati i gesti di volontariato una tantum allora le cifre sarebbero del tutto diverse. Per esempio in una nostra stessa indagine dello scorso anno sulle famiglie italiane 3 milioni e 900 mila persone alla domanda dell?Istat ?avete fatto volontariato almeno una volta in un anno?? hanno risposto sì».
Una ricerca selettiva, quindi, per capire le tendenze e l?identikit del volontario militante. Fuori dal censimento i donatori di sangue o di organi, fuori anche tutti coloro che si dedicano al volontariato saltuariamente.
«È comunque un?indagine importante», commenta il professor Achille Ardigò, docente di Sociologia ed esperto di volontariato, «che ha un suo valore per le organizzazioni che si iscrivono nei registri per ottenere le convenzioni. Ma ci sono almeno altre due entità, altrettanto importanti. I volontari che non si iscrivono perché non vogliono un rapporto diretto con lo Stato e quelli che fanno parte delle Onlus e che contano di inserirsi nel mercato. Anche loro andrebbero censiti, per riuscire a valutare appieno l?entità del fenomeno-volontariato».
Per il presidente dell?Arci, Tom Benetollo, quella dell?Istat è un?indagine molto incompleta: «I non iscritti sono un?entità tale da modificare in maniera fondamentale le cifre affermate dall?istituto di statistica. Per quello che ci riguarda abbiamo stime interne che ci dicono che solo i volontari dell?Arci sono tra i 200 e i 300 mila».
Cosa fanno i volontari?
Ma cosa fanno i volontari? Quelli delle 6.017 organizzazioni che hanno compilato diligentemente i questionari dell?Istat dicono di occuparsi prevalentemente di sanità e assistenza sociale. Seguono le attività ricreative e culturali e la protezione civile. Anche considerando il numero dei volontari attivi in ciascuno dei settori, emerge la prevalenza di sanità ed assistenza, che occupano insieme l?82,5 per cento dei volontari. Non a caso le strutture in cui i volontari operano sono gli ospedali e gli ambulatori pubblici (31,9 per cento), più che i domicilii degli assistiti (21,3 per cento).
Luigi Bulleri è il presidente delle Anpas, una delle maggiori realtà di volontariato nel settore sanitario e della protezione civile: «Non voglio commentare il lavoro dell?Istat. Posso dire però che soltanto nelle nostre associazioni operano almeno 80 mila volontari che garantiscono un impegno che va dalle sei alle dieci ore settimanali. Certo, non tutte le associazioni sono iscritte ai registri regionali. Ma la responsabilità è di regioni come Puglia, Calabria e Sicilia che nel ?95 non avevano ancora istituito i registri, non certo nostra».
Ma chi è il volontario tipo? Diciamo innanzitutto che è maschio ( 58 per cento), di età compresa tra i 30 e i 54 anni (43,2 per cento), occupato (54,3 per cento), con un livello di istruzione medio-basso (42,6 per cento con licenza media, solo il 9 per cento con laurea), che opera prevalentemente al Nord (65,5 per cento), meno al Centro (23 per cento) e poco al Sud e nelle isole (11,5 per cento). La regione più popolata da volontari è la Lombardia (19,5 per cento), seguita dalla Toscana (15,5 per cento), dal Veneto (13,7 per cento). Il radicamento sul territorio è provato dall?ambito in cui le organizzazioni dichiarano di operare: comunale o subcomunale (53,2 per cento), provinciale (24,8 per cento), regionale (10,3 per cento), nazionale (7,5 per cento), estero (4,1 per cento).
Quale ruolo per i volontari?
Riassumendo: dalla ricerca dell?Istat emerge un volontariato radicato sul territorio, impegnato in attività di assistenza e di tutela del patrimonio artistico e ambientale. Una presenza vitale, quindi, sempre più indispensabile. Come ha dimostrato anche una ricerca della Fondazione Agnelli presentata nelle stesse ore sul volontariato impegnato sui beni culturali e archeologici (1.600 associazioni per 70 mila volontari, il 38 per cento di laureati.
Ma che ruolo oggi per il volontariato? Una risposta la raccogliamo dalla stessa ministra Livia Turco: «La peculiarità del volontariato deve restare quella della gratuità. Per valorizzarlo occorre quindi sostenerlo per quello che dà spontaneamente e non spingerlo a prendere il posto del Pubblico. Diverso il discorso per il non profit, che è composto anche da volontari ma è fatto di cooperative, associazioni e fondazioni e che può, anzi deve candidarsi a supportare lo Stato nella gestione dei servizi alla persona e in altri settori strategici».
Ma se il volontariato è gratuità ed è così difficilmente inquadrabile in schemi precostituiti, che senso ha censirlo? «Per quello che ci riguarda fare un censimento è fondamentale», dice il presidente dell?Avis, Pasquale Colamartino, «perché in settori come quello sanitario la programmazione è indispensabile. E se si programma bisogna conoscere le forze di cui si dispone».
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