Volontariato
Ecco il welfare alla Brambilla
Anteprima: intervista esclusiva a Alberto Brambilla, indicato da Berlusconi come probabile ministro della Sanità, del Lavoro e della Solidarietà. Il testo completo su Vita in edicola da oggi
Oggi è solo il signor Brambilla. Ma domani potrebbe essere il ministro Brambilla. Anzi, il super-ministro delle Politiche sociali, Lavoro e Sanità, con gli stessi poteri di Livia Turco, Cesare Salvi e Umberto Veronesi messi insieme. Non è l’unico candidato, ma potrebbe. Comunque Alberto Brambilla da Merate, 50 anni, un futuro leghista scritto già nel nome, ha il curriculum e l’aplomb del tecnico “puro”: ex consigliere di Lamberto Dini, cui suggerì la famosa riforma delle pensioni, attuale consigliere di amministrazione dell’Inps, autore di saggi sulla previdenza integrativa, ministro-ombra della Lega con competenza sul Lavoro, è anche gestore (oltre che inventore) dei fondi pensione di Banca Intesa. Per i fondi integrativi ha una vera passione: sono il suo chiodo fisso, insieme alla riforma previdenziale e alle sperequazioni contributive tra le regioni italiane. Tanto che ovunque vada a parlare – dai meeting della Compagnia delle Opere ai seminari dell’Abi – o a scrivere – per la Padania o il Sole24Ore – batte sempre sullo stesso tasto: il Nord paga anche per il Sud. Non dovrà occuparsi solo di pensioni, però, il ministero sociale. E allora che ne pensa un tecnico così («un bravissimo tecnico», l’ha definito Roberto Maroni all’indomani delle elezioni) della povertà, l’assistenza, le Onlus? Insomma, se sarà ministro, che farà?
Vita: Dottor Brambilla, in Italia ci sono sette milioni di poveri. L’ha sottolineato anche Berlusconi in campagna elettorale, come prova del malgoverno della Sinistra. Che fare per aiutarli?
Alberto Brambilla: Un momento. Non sono certo che siano sette milioni. Il problema è che non si sa bene quanti sono i poveri in Italia.
Vita: Sono dati Istat.
Brambilla: D’accordo, ma su quali indicatori si basano? Solo sulle erogazioni statali. C’è un sistema di assistenza locale di cui non si tiene conto. Eppure i cittadini ne beneficiano. Ci vuole una banca dati centrale per sapere cosa lo Stato dà e cosa il cittadino riceve. E poi c’è la geografia…
Vita: In che senso?
Brambilla: Nel senso che guadagnare un milione al mese a Crotone non è come prendere la stessa cifra a Milano. Sarà antipatico, ma è così. Altrimenti non si spiegherebbe quello che dice un’indagine dello Spi-Cgil, che sicuramente non è un istituto al soldo del centrodestra, secondo il quale ci sono milioni di nuclei famigliari al Sud che vivono solo sulla pensione dei nonni.
Vita: Quindi lei pensa a forme di sostegno al reddito differenziate per Nord e Sud, una sorta di gabbie salariali dell’assistenza?
Brambilla: Il termine gabbie salariali non mi piace neppure per gli stipendi. Ma è evidente che le situazioni sono diverse e bisogna tenerne conto. E poi: siamo sicuri che l’Italia, con due milioni e mezzo di miliardi di debito pubblico, sia in grado di distribuire sussidi?
Vita: Lei che dice?
Brambilla: Io dico di no, perché la coperta è troppo corta e in futuro lo sarà sempre di più. Lo dice anche Blair, che ha scelto di combattere la povertà con incentivi allo sviluppo, piuttosto che con forme di assistenzialismo.
(…)
L’intervista esclusiva completa ad Alberto Brambilla insieme ad un’ampia inchiesta condotta da Vita sul dopo elezioni sarà disponibile in edicola da venerdì.
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