Sostenibilità

Ecco i nuovi pirati del mare nostrum

Dalla ex Enichem di Augusta Priolo al Ministro Lunardi, Legambiente "premia" 23 casi esemplari di scempio ai danni dell'ambiente marino e costiero. Scarica il rapporto completo

di Redazione

Chi come l’Eni a Priolo, in Sicilia, si è reso responsabile dell’inquinamento delle falde idriche e dell’avvelenamento del mare. Chi si è distinto per la realizzazione di progetti faraonici e inutili come il Ponte sullo Stretto del Ministro Lunardi, dei Presidenti delle Regioni Calabria e Sicilia e del Presidente della Società Stretto di Messina. O chi con piani urbanistici folli ha intenzione di trasformare le zone più belle del nostro Paese in veri e propri cantieri a cielo aperto, come il Governatore della Regione Veneto Giancarlo Galan, per il progetto Palalvo. Sono questi alcuni dei nuovi ‘pirati del mare’, i principali bersagli di Legambiente e del viaggio di Goletta Verde 2003, che per la diciottesima edizione assegnerà come ogni anno le “Bandiere Nere” a chi si è distinto in negativo per gli attacchi agli ambienti marini e costieri. La campagna itinerante di analisi e informazione sulla qualità delle acque di balneazione è salpata per monitorare gli 8000 chilometri di coste. Oltre alle analisi però le imbarcazioni ambientaliste (la Catholica naviga le acque dello Jonio e dell’Adriatico; il Pietro Micca quelle del Tirreno) vigilano sui casi d’incuria e di illegalità a danno del mare, segnalando i casi più critici con il ‘riconoscimenTo’ meno ambito d’Italia dedicato a amministrazioni, politici, imprenditori, ma anche società private. Quest’anno poi siamo prossimi al raddoppio, se nel 2002 le Bandiere Nere assegnate erano state 12, quest’anno si arriva a 23 anche se con un certo numero di “soliti noti”. C’è chi, come Salvatore Cuffaro, Governatore della Regione Sicilia, potrebbe diventarne il testimonial (è dalla prima edizione che il Presidente riceve la Bandiera nera). Ma anche Misiti e Galan, rispettivamente Assessore ai Lavori pubblici della Regione Calabria e Governatore della Regione Veneto, non sono da meno: sono addirittura 2 quelle che Misiti si aggiudica quest’anno. Record eguagliato quest’anno dalla Regione Abruzzo. “Le “bandiere nere” ai pirati della costa quest’anno spiega Ermete Realacci, presidente di Legambiente – sono state assegnate quasi esclusivamente ad amministrazioni pubbliche, sia che si parli di governo centrale che di enti locali. Dal Ministro Pietro Lunardi, pervicace sostenitore dell’opera pubblica ad alto impatto ambientale e a basso tasso d’autorizzazioni, all’amministrazione comunale di Porto Cesareo, cui si deve l’impareggiabile trovata amministrativa del mare considerato “maglia urbana regolarmente edificata”, passando per l’infaticabile Aurelio Misiti, l’assessore regionale calabrese, nonché capo del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, una sorta di habitué ormai fra i personaggi insigniti del poco ambito riconoscimento, seriamente impegnato da quest’anno anche nell’opera di cementificazione definitiva della costa calabrese. Insomma, a conti fatti, la formula dell’estate 2003 sembrerebbe essere più disattenzione e meno controlli”. Dunque quella in corso potrebbe essere l’estate degli ecofurbi, di quanti cioè approfitteranno del clima di disattenzione e di impunità che sembra stia caratterizzando l’operato di molte amministrazioni nel nostro Paese. Qualche esempio? Basterebbe citare l’incredibile decisione del Ministro della Salute, Girolamo Sirchia, che per la prima volta dal 1989, anno in cui è stato pubblicato il primo Rapporto sulle Acque di Balneazione, ha consentito l’avvio di una stagione balneare senza uno straccio d’informazione ai bagnanti sulla qualità dei nostri mari. “Un silenzio tanto più assordante polemizza Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente – se si considera che, solo tre mesi fa, è stato varato un complicato decreto, da poco convertito in legge, che consente di togliere il divieto di balneazione con più facilità rispetto al passato. Un provvedimento discusso ed emanato, peraltro, senza neppure una circolare esplicativa che ne garantisse un’applicazione univoca”. Se il Ministero della Salute tace, quello dell’Ambiente continua invece a registrare, grazie all’attività delle Regioni, i dati impressionanti sulla quantità di metalli pesanti nei sedimenti costieri rilevati purtroppo anche nelle zone cosiddette di “bianco”, a riprova, se mai ve ne fosse bisogno, della condizione in cui versa il nostro mare. Cadmio, arsenico, piombo, mercurio e altre sostanze persistenti, che si accumulano fino ai livelli più elevati della catena trofica fino a far registrare valori preoccupanti per le quantità di diossine e Pcb nel pesce spada e nel tonno. E in un mare dimenticato aumentano i reati ambientali. E infatti continua a crescere indisturbato il fenomeno dell’abusivismo edilizio che si direbbe piuttosto caratterizzato da una sorta di salto di qualità: basti considerare l’aumento dei sequestri dei manufatti abusivi che è cresciuto di oltre il 50% in un anno. Nel 2002, infatti, l’abusivismo edilizio torna a sfondare il “muro” delle 30mila costruzioni abusive, precisamente 30.821 con un incremento del 9% rispetto alle 28.276 del 2001, mettendo così la parola fine alla breve ma significativa stagione della lotta al cemento selvaggio nel nostro Paese. Il ritorno del “mattone selvaggio” ha alimentato una produzione di cemento illegale equivalente a 4.204.380 metri quadrati per un valore immobiliare di 2.102 milioni di euro. Cresce di 400.000 metri quadrati, equivalenti a oltre 40 campi di calcio, la superficie complessiva del nuovo abusivismo rispetto al 2001. E aumenta di ben 317 milioni di euro il business dell’edilizia illegale. Nella sola Sicilia, a dimostrazione dell’effetto perverso dell’annunciato condono, sono stati operati 260 sequestri, pari al 33,7% del totale nazionale, con un incremento percentuale rispetto al 2001 del 180% (erano stati 96 due anni fa e sono saliti a 260 nel 2002). Ecco dunque spiegato l’aumento del 53% rispetto allo scorso anno: si passa, infatti, da 504 del 2001 ai 772 del 2002. Per quanto riguarda, infine, gli ecomostri, alle vecchie conoscenze, dalla saracinesca di Punta Perotti a Bari allo scheletro di Alimuri, al centro di un singolare “contratto” tra due comuni limitrofi, si vanno affiancando new entry, con le quali presto entreremo in “confidenza”: dalla “palafitta” e il “trenino” di Falerno Scalo (Cz), due “nitidi” esempi di abusivismo creativo, all’ecomostro di Villa Tozzoli sull’isola della Gaiola (Na). Accanto al cemento abusivo c’è anche il cemento legalizzato: singolare il caso della Regione Abruzzo che, in deroga alle leggi di tutela dell’area, autorizza la realizzazione di una caserma dei carabinieri nella pineta litoranea di Pescara. Continua intanto il diluvio dei porti turistici. Ricordiamo infatti che negli ultimi cinque anni sono stati realizzati in Italia 36 nuovi porti turistici contro i 44 costruiti nei cinquant’anni precedenti. Sono 35 i progetti (per un totale di 17mila posti barca) già autorizzati, mentre altre 50 richieste (altri 20mila posti barca) attendono il sì definitivo dalle Conferenze di servizi. Il tutto si andrà a sommare ai 110mila posti barca già esistenti. E se parliamo di una classifica dell’illegalità in generale in testa in quasi tutti i settori troviamo la regione Campania, prima sia per valori assoluti (2898 infrazioni accertate) che per infrazioni su chilometri di costa (più di 6 infrazioni al chilometro). Di contro la virtuosa Basilicata fa registrare appena un’infrazione ogni tre chilometri di costa. Inoltre si scopre che l’italiano in mare continua ad essere poco rispettoso delle norme sulla navigazione, rappresentando un pericolo oltre che per se stesso anche per i bagnanti. Questo dicono i numeri sulle illegalità accertate dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto nel 2002: anche se in diminuzione rispetto al 2001, i reati sono stati 6.858, le persone denunciate o arrestate sono 634, mentre sono stati compiuti 418 sequestri. Nella classifica regionale la Campania (con 1.443 infrazioni e 146 tra denunciati e arrestati) è diventata la prima regione in Italia in questa classifica, dopo aver sorpassato la Sicilia seconda con 1.272 reati. Il Lazio torna sul podio classificandosi terzo con 650 infrazioni. Stando a quanto riportato dalle Capitanerie di porto, la mancanza delle attrezzature di sicurezza previste dalla legge è il reato più ricorrente (2.743 infrazioni), seguito dalla navigazione in zona non consentita (2.400). Peccato però che per l’estate 2003 è previsto un calo considerevole dei controlli: è solo di qualche giorno fa infatti la curiosa denuncia del del Comandante della Capitaneria di Porto di La Spezia. Oltre il 30% dei fondi destinati a finanziare l’attività dei mezzi nautici è finito sotto la scure della legge Finanziaria che ha lasciato a secco le pilotine, come ha fatto del resto con le volanti della Polizia di Stato. Così le Capitanerie di Porto sono state costrette a rimodulare la loro attività, privilegiando il controllo via terra o in banchina alla tradizionale attività di vigilanza in mare. Confermate solo le attività di soccorso e annullati, al contrario, buona parte dei servizi di controllo e vigilanza. I dati forniti dalle forze dell’ordine sui controlli in mare e sulla costa subiscono una riduzione generalizzata, con picchi più preoccupanti per l’attività di controllo delle Capitanerie di Porto sugli abusi sul demanio. Ciononostante i dati relativi ai reati ambientali continuano a far registrare cifre impressionanti: 16.656 infrazioni registrate lungo la costa (quasi 2 reati ogni ora) addebitabili in buona parte alla cattiva condotta da parte dei diportisti (6.858) seguiti dai pescatori di frodo (4.883).

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