Cultura
Ecco i miracoli formato hi-tech.
Tecnologie sempre più sofisticate in aiuto di chi ha subito mutilazioni. La vita indipendente non è più un miraggio, ma il divario Nord - Sud cresce
L?impiego della tecnologia nella riabilitazione delle persone che hanno subito amputazioni di arti ha due volti. Il primo è quella rivoluzionario che ha segnato il passaggio da protesi che permettevano pochi e incerti movimenti ad altre che garantiscono un?andatura normale o la presa di un bicchiere senza il rischio di romperlo per un eccesso di forza o di farlo scivolare; aspetti innovativi presentati al Seminario indetto dellI.LI.TEC (Independent Life Technologies – Tecnologie per una vita indipendente) in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria della Sapienza di Roma.
Ausili come il ginocchio a controllo elettronico C-Leg fornito di un microprocessore che elabora in tempo reale le indicazioni inviategli da sensori calcolando così il miglior angolo e la velocità di flessione a seconda del terreno che viene percorso rendendo il ciclo del passo molto simile a quello fisiologico e riducendo enormemente il rischio di caduta così come l?affaticamento dell?arto ?sano? che non viene gravato.
Microprocessori anche per gli arti superiori per migliorare le protesi mioelettriche, capaci di trasformare una contrazione del muscolo, dell?ordine di decine di microvolt, in movimenti come la chiusura e l?apertura della mano; l?estensione del gomito; la prono-supinazione del polso. Nei nuovi modelli sono presenti due tipi di sensori: il touchpad, che si trova sul pollice, e permette di rilevare lo scivolamento di un oggetto, e il grip force, presente nel gruppo pollice-indice, che misura la forza con la quale si sta impugnando un oggetto, mentre altri sensori, per ora presenti solo su prototipi, trasferiscono alle zone sane dell?arto le sensazioni termiche, vibrotattili e pressorie che l?arto artificiale raccoglie. L?altra faccia è quella amara ben espressa dalle parole del responsabile del Centro Protesi Inail di Bologna: ?Se da un lato la ricerca di nuovi dispositivi e metodologie è oggi in grado di fornire ausili sempre più funzionali e affidabili dall?altro si evidenziano le difficoltà nel rendere possibile la fruizione su larga scala di questi dispositivi a causa del loro elevato costo?.
Amarezza che si percepisce a gradi e che diventa frustrazione per chi ha avuto la sfortuna di nascere nel Sud del mondo: «Non sono pochi i medici dei Paesi in via di sviluppo che vengono da noi per seguire dei corsi di perfezionamento», ci ha detto la responsabile comunicazione dell Centro Protesi dell?Inail, «personale in gamba e molto capace che però deve affrontare il grosso gap tecnologico che ci divide. Per farle un esempio un medico del Camerun ha studiato qua da noi la lavorazione del carbonio e ora lavora nel suo paese con una vecchia macchina da cucire a pedale».
Nord e sud del mondo di nuovo a confronto ed è nuovamente scontato il risultato: non importa chi ha maggiore bisogno, non importa se lì migliaia di persone perdono gli arti sopra le mine anti-uomo, non importa nulla tanto si sa che la speranza è solo dei ricchi. E allora vengono anche i dubbi se sia lecito o meno insegnare ai professionisti di quei Paesi le nostre tecniche avanzatissime perché, come ha affermato un membro di ?Fisioterapisti senza Frontiere? durante il seminario dell?Ilitec «trasmettendo una tecnica di lavoro avanzata si rischia di innescare una dipendenza da materie prime economicamente inaccessibili per i paesi in via di sviluppo». E ha fatto un esempio di quelli che danno l?idea di come si debba operare nel Sud del mondo. «Nel centro dove lavoravamo in Madagascar», ha raccontato, «avevano bisogno di resina, materiale termoplastico, metalli in lega leggera, tutto materiale tecnologicamente avanzato ma di scarsa reperibilità sul territorio e dal costo proibitivo per il loro mercato». ?
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