Politica

Ecco i candidati alla guida dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo

Ben 131. È questo il numero dei candidati in lizza per conquistare la direzione della nuova Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo che dovrebbe nascere il 1 gennaio 2016. Spiccano l’alto numero di candidati e la varietà dei profili. Chi sono i più papabili? La fumata bianca (probabilmente) ad ottobre.

di Joshua Massarenti

Ieri il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale (MAECI) ha publicato la lista dei candidati in lizza per dirigere la futura Agenzia italiana per la cooperazione internazionale. Una lista molto attesa, quella resa pubblica dal MAECI nel pieno rispetto delle regole di trasparenza al processo di selezione, in cui spiccano secondo il Segretario generale di ActionAid Italia, Luca De Fraia, “il numero elevato di candidati” – 131 in tutto (qui la lista completa) – “la varietà dei profili e l'assenza di diplomatici”.

Le domande, pervenute al Ministero entro il 14 settembre, saranno valutate da una commissione incaricata dal Ministero di indicare una rosa di massimo 5 candidati al ministro Gentiloni che dovrebbe annunciare il direttore dell’Agenzia nel corso di ottobre. I requisiti? Su tutto deve prevalere una forte capacità di management, con almeno tre anni di attività nel settore della cooperazione allo sviluppo (“troppo poco” secondo il fondatore di Intersos, Nino Sergi) e un minimo cinque anni di copertura di funzioni dirigenziali o manageriali con diretta responsabilità di gestione di risorse umane e finanziarie.

Scorrendo i nomi apparsi nella lista del MAECI, colpisce rispetto alle attese i pochi candidati provenienti dalla società civile, e in particolar modo l’assenza del Direttore Generale di Save The Children Italia, Valerio Neri, la cui candidatura sembrava scontata e che voci di corridoio davano per papabile per la vittoria finale. Chi invece ha deciso di buttarsi nella mischia è Eduardo Missoni, medico di formazione, blogger di Vita, Segretario Generale dell’Organizzazione Mondiale del Movimento Scout dal 2004 al 2007 e con alle spalle una lunga esperienza per il governo italiano in qualità di rappresentante e consulente per i programmi di cooperazione sanitaria in America Latina e nell'Africa subsahariana. Missoni è stato tra l’altro autore di un recente rapporto sulla riforma della cooperazione italiana allo sviluppo commissionato da ActionAid.

Sempre sul fronte della società civile, conviene citare il torinese Riccardo Moro, economista proveniente dal mondo dell’associazionismo cattolico attualmente alla guida della Fondazione Giustizia e solidarietà e noto per il suo forte impegno nella lotta contro il debito estero dei Paesi del Sud del mondo. A ruota spunta il nome di Antonio Raimondi, figura molto polivalente che ha ricoperto incarichi variegati, tra cui presidente dell’ONG VIS (Volontariato internazionale per lo sviluppo) dal 1993 al 2007, sindaco di Gaeta (sino al 2012) e docente al Master universitario internazionale in cooperazione allo sviluppo presso l’Università di Pavia.

Dal mondo delle cooperative, arriva la candidatura di Danilo Salerno, Direttore di Coopermondo, l’associazione per la cooperazione internazionale allo sviluppo lanciata nel 2007 da Confcooperative (molto attiva durante il Semestre di presidenza italiana dell’UE ed Expo 2015) e membro rappresentativo della Piattaforma delle cooperative europee per lo sviluppo (CEDP) con sede a Bruxelles.

Nell’anno di Expo 2015, non poteva mancare la presenza di un dirigente dell’Esposizione universale. Forte dei suoi anni trascorsi in Africa orientale come Direttore regionale di AVSI, Filippo Ciantia può sfruttare la sua funzione di Direttore del progetto Cluster – cioè colui che coordina la partecipazione dei paesi in via di sviluppo all’Expo – per entrare nella short list dei papabili. Alcune fonti raccolte da Vita lo vedono come un possibile outsider.

Chi lo è di sicuro è Emilio Ciarlo. Avvocato ed esperto di diritto di relazioni internazionali, è stato uno dei protagonisti della grande stagione riformistica della cooperazione internazionale. Nelle vesti di consigliere politico dell’ex Vice ministro degli Affari Esteri, Lapo Pistelli, Ciarlo ha contribuito non poco – anche grazie alla sua conoscenza della macchina politica e amministrativa romana – prima all’elaborazione e poi all’approvazione della Legge 125. La sua visione della nuova cooperazione italiana è riassunta in un libro (“Tomorrowland”) da lui curato con la prefazione di Federica Mogherini.

Basterà per sconfiggere due pesi massimi come Agostino Miozzo e Roberto Ridolfi? Il primo molti lo conoscono già. Originario di Camposampiero, “l’Italian Doctor” ha speso gran parte della sua carriera a gestire crisi per conto del MAE (oggi MAECI). Tra il 1991 e il 2001 è stato lui a coordinare le operazioni di soccorso di urgenza alla DG Cooperazione e Sviluppo, per poi diventare il braccio destro di Guido Bertolaso presso la Protezione civile italiana. La sua grande capacità di management aveva convinto l’ex Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’UE, Catherine Ashton, a nominarlo nel 2010 Managing Director for Crisis Response, ovvero direttore per la risposta alle crisi del Servizio europeo per l’azione esterna (EEAS). I cinque anni trascorsi a Bruxelles presso un’istituzione prestigiosa partita al suo arrivo da zero potrebbe fare la differenza per un profilo come quello del direttore della futura agenzia.

Con caratteristiche totalmente diverse, Roberto Ridolfi presenta anche lui un curriculum di primissimo ordine. Direttore della Direzione C (“Crescita sostenibile e sviluppo”) della DG Sviluppo presso la Commissione europea, il suo profilo non solo risponde perfettamente ai criteri del bando, ma è tra quelli più adeguati ad un mondo della cooperazione internazionale in piena trasformazione e che lui stesso definisce “Cooperazione 2.0”. La fase attuale si contraddistingue dal coinvolgimento ormai strutturale del settore privato come attore riconosciuto della cooperazione allo sviluppo. Lo è da anni a livello internazionale, lo diventa oggi in Italia con la legge 125. Coordinatore dei programmi lanciati dalla Commissione europea sul blending, Ridolfi vanta anche una forte esperienza nelle delegazioni UE disseminate nei paesi in via di sviluppo.

Ma Ridolfi non è l’unico ad avere nostaglia dell’Italia. Assieme a lui ci sono Francesco Rampa, responsabile del Programma sicurezza alimentare presso l’influentissimo think tank europeo ECDPM, con profonde conoscenze del continente africano; Luigi Mennella e Emanuele Santi, entrambi al servizio della Banca africana di sviluppo (AFDB), un’istituzione bancaria poco nota in Italia (anche troppo) ma in fortissima ascesa; c'è poi Stefano Capodagli, che dall'AFDB è passato di recente all'Arab Banking Corporation dove copre le funzioni di Chief Risk Officer.

A Roma intanto le candidature cosiddette “interne” non mancano. Sono molti quelli che possono vantare una lunga esperienza nel MAECI e DGCS, e questo potrebbe giocare a loro favore. Tra loro, ci sono Fabio Melloni, direttore dell’Ufficio Interventi umanitari oppure Mauro Ghirotti, coordinatore presso l’Unità tecnica centrale della DGCS con delega allo sviluppo agricolo e rurale.

E le donne?

Infine le donne. In tutto sono 39, quasi il 30% dei candidati. Oltre alla qualità indiscussa di alcuni profili, ci sono varie ragioni che potrebbero convincere prima la Commissione, e poi il ministro Gentiloni, a piazzare una di loro alla direzione della nuova Agenzia, tra cui il rispetto della parità di genere. Con l’avvicendamento fra Mogherini e Gentiloni alla Farnersina nel 2014, la probabile assegnazione della carica di vice ministro degli Esteri con delega alla cooperazione internazionale a Enzo Amendola e Giampaolo Cantini alla guida della DGCS – quindi tre uomini, la direzione dell’Agenzia potrebbe essere affidata a una donna come Laura Frigenti, vice Presidente di InterAction, la piattaforma nazionale delle ONG statunitensi e dapprima protagonista di un’ascesa folgorante nella Banca Mondiale. O ancora: Marina Ponti, direttrice per l'Europa della Campagna ONU per gli Obiettivi del Millennio.

Di sicuro, il MAECI non potrà sbagliare. Come ci ha ricordato di recente il fondatore di Intersos, Nino Sergi, il Direttore della nuova Agenzia deve conoscere bene la cooperazione allo sviluppo e gli interventi umanitari, i relativi contesti, gli organismi e i meccanismi internazionali, avere forti capacità manageriali e di relazioni umane, capacità di attrarre nuove risorse, voglia di impegnarsi a fondo per una qualificata cooperazione italiana in una fase storica in cui essa è divenuta molto più importante che nel passato. A queste doti, aggiungiamo la necessità di rendere efficiente il rapporto operativo che si instaurerà tra la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAECI e l’Agenzia. Mica poco.

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