Mondo

Ecco cosa nasconde l’hamburger di McDonald’s

Per la prima volta McDonald’s apre le porte di un suo stabilimento per mostrare come vengono preparati gli hamburger, cercando di rassicurare una clientela globale sempre più critica

di Ottavia Spaggiari

Sugli ingredienti del Big Mac si è detto di tutto. Ultimo scandalo, la scorsa estate in Asia, dove la multinazionale era stata costretta a scusarsi con i suoi milioni di clienti, dopo che un reportage televisivo aveva filmato e trasmesso le condizioni sanitarie a dir poco precarie in cui operava Shanghai Husi Food Co., una controllata della multinazionale della carne OSI Group, tra i fornitori dell’azienda in Asia che, per preparare gli hamburger utilizzava anche carne scaduta.

La denuncia era servita a scuotere il mercato asiatico, dove a luglio, in Giappone, le vendite erano crollate del 14%. E se in Asia la multinazionale del fast food, nelle ultime settimane si è impegnata a ripulire la sua immagine, cambiando immediatamente fornitore, anche in Occidente ha deciso di mettere fine alle voci sempre più insistenti, su cosa effettivamente si nascondesse negli hamburger, aprendo per la prima volta le porte delle sue aziende, per mostrare cosa finisca davvero dentro gli hamburger. A entrare nell’impianto californiano di McDonald’s, la crew di uno dei più popolari programmi del palinsesto mattutino negli Stati Uniti, Good Morning America, per celebrare il lancio della campagna, Our Food, Your Questions, letteralmente Il nostro cibo, le vostre domande, con cui la multinazionale dichiara la disponibilità a rispondere ai dubbi dei clienti, su cosa appunto, contengano i menù della catena. Una campagna social che spera di riuscire a rassicurare una popolazione di americani sempre più consapevole di ciò che finisce nel proprio piatto. Basti pensare che la rivista medica, Journal of the American Medical Association, ha evidenziato che negli Stati Uniti, l’obesità infantile nei bambini dai 2 ai 5 anni, dal 2004 è calata del 40%, complici diverse campagne di sensibilizzazione. La più importante, quella di Michelle Obama che, con la sua Let’s Move, dell’educazione alla salute ha fatto una vera e propria bandiera, finanziando e promuovendo programmi in grado di aiutare le mense scolastiche e le famiglie ad adottare una dieta più sana ed equilibrata.

E Michelle Obama non è l’unica ad aver abbracciato la battaglia della buona alimentazione. Promosso dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, il Meatless Monday, iniziativa che ha trovato ambasciatori anche nel Regno Unito, Paul McCartney e le due figlie, con il nome Meat Free Monday, subito appoggiata da altre star, per limitare il consumo di carne e l’impatto ambientale che ne consegue, (secondo le Nazioni Unite infatti, l’industria della carne è responsabile di un quinto delle emissioni di Co2 prodotte dagli uomini), dedicando il primo giorno alla settimana al consumo di cibi senza carne, meat free, appunto. Ad oggi sono 36 i Paesi in cui l’iniziativa è stata adottata.

Tempi più duri del solito per McDonald’s insomma, che solo negli Stati Uniti, continua a servire circa 27 milioni di clienti al giorno, ma negli ultimi due anni ha registrato un rallentamento a livello globale e la necessità di incrementare la propria offerta. Eppure, Kevin Newell, brand manager della multinazionale, ha dichiarato a Good Morning America che la decisione di aprire le porte della propria azienda non ha nulla a che vedere con l’andamento del mercato: “Ciò che ci interessa è che i nostri clienti conoscano la vera storia del cibo di McDonald’s”.

Una campagna di trasparenza molto ambiziosa. I fornitori della multinazionale sono oltre 170 grandi aziende in America, Africa, Europa, Asia e Oceania. Ottenere risposte da tutti non sarà facile.


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