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“Ecco come ho salvato Musa dalla morte in mare”
Enrico Vitiello ha 22 anni ed è infermiere per il Cisom a bordo delle motovedette di Guardia costiera e di Finanza che nel Mar Mediterraneo prestano soccorso ai migranti. Lunedì ha salvato da morte certa un 26enne del Mali caduto dal barcone partito dalla Libia. "Era questione di secondi, ora sta bene e siamo amici. Tutti dovrebbero vedere le condizioni di chi tenta la traversata in mare"
Sono quasi le sette di sera di lunedì 30 aprile nel Mar Mediterraneo, a 40 miglia dalle coste libiche e ad almeno 100 da Lampedusa, quando, a bordo della motovedetta della Guardia di Finanza, avviene l’incontro tra due giovani. Uno è l’infermiere del Cisom (Corpo di soccorso dell’Ordine di Malta) Enrico Vitiello, 22 anni, italiano di Gragnano (Napoli), che recupera dall’acqua un corpo che si direbbe senza vita: privo di sensi, schiuma alla bocca, sguardo assente. L’altro è Musa, 26 anni, proveniente dal Mali, che invece non vuole diventare l’ennesimo migrante annegato nel Mare Nostrum e quindi si aggrappa incredibilmente all’esistenza: Vitiello gli tasta il polso, sente i battiti, inizia le manovre d’urgenza, e dopo un fiume di acqua salata sputata fuori, il ragazzo maliano ritrova i sensi, poi pian piano la lucidità necessaria per dire quella parola magica che fa trionfare la speranza sulla disperazione: “grazie”.
Tutt’attorno, la situazione era drammatica, come ricorda lo stesso Vitiello quando lo raggiungiamo nei pochi momenti liberi di questi giorni davanti al porto di Lampedusa: “Attorno a noi c’erano almeno cinque imbarcazioni colme di migranti, due in avaria e una che, all’improvviso, iniziò a dirigersi nella zona in cui si stavano svolgendo le operazioni di salvataggio. A quel punto, molte persone finirono in acqua”. Riuscirono a salvarle tutte, grazie anche all’arrivo di un mercantile di passaggio chiamato dalla Guardia costiera. Tutti compreso il giovane del Mali, vivo per questione di secondi grazie a Vitiello e all'opera di salvataggio in mare delle autorità italiane. “Doveva essere un’uscita di routine, invece si è tramutata in un salvataggio d’emergenza”, spiega il giovane, salito a bordo della motovedetta della Gdf alle 11 del mattino e arrivato nella zona dei barconi attorno alle 18 (la foto d’apertura, con Vitiello di spalle con al pettorina rossa del Cisom, si riferisce al ritorno della mattina successiva). “La mia missione a Lampedusa dura un mese, devo essere disponibile 24 ore al giorno, e sono giorni molto intensi dove le chiamate arrivano di continuo”, racconta.
Sono diverse centinaia i migranti, di ogni età e nazionalità ma in particolare eritrei, somali e dell’Africa Subsahariana, che Vitiello ha assistito negli ultimi giorni. Gli fa impressione pensare che solo cinque mesi fa, a novembre 2014, otteneva la laurea. “Mai avrei pensato di fare quello che sto facendo: ho tanta voglia di aiutare il prossimo, quindi sono consapevole di essere nel posto giusto, in questo momento”, sottolinea il giovane napoletano, che era venuto a contatto con il Cisom a Pompei, dove collaborava come volontario alle attività dell’organizzazione. Appena saputa l’opportunità di andare a Lampedusa, si era fatto avanti: “L’ho visto come un’opportunità per crescere umanamente e lavorativamente, e in poco tempo ho già sperimentato dal punto di vista pratico tutto quello che ho studiato negli anni scorsi, partecipando a salvataggi che non dimenticherò mai”.
Vitiello è cosciente del suo ruolo e di chi incontra nel mare: “Quando vedo le condizioni dei migranti, soprattutto le famiglie con i bambini, e incroci i loro occhi, mi reputo fortunato a vivere nel benessere, io come tanti altri miei coetanei. Saranno anche considerazioni trite e ritrite, ma vanno fatte in continuazione, perché purtroppo in televisione si parla sempre di meno delle persone in fuga da fame, guerre e persecuzioni e lo si fa solo quando ci sono tragedie, dando dei numeri ma non soffermandosi abbastanza sui volti, sulle vicende umane”. Tra i tanti incontri, “nessuno che faccia pensare ai problemi sulla sicurezza di cui tanto si dibatte: quale terrorista rischierebbe la vita in mare come queste persone disperate?”, aggiunge Vitiello. Che sa di avere familiari e amici preoccupati per lui ma che lo stimano enormemente. E che da un paio di giorni ha un nuovo amico venuto da lontano. “Sono rimasto in contatto con Musa, che ora è in un centro di accoglienza: appena possibile, lo raggiungo e ci mangiamo assieme una pizza. Offro io”.
Nota: Il Cisom è presente sulle imbarcazioni delle autorità navali italiane dal 2008 con personale addetto al soccorso sanitario, tramite il progetto Sar Operation. A questo link ulteriori informazioni sul lavoro del Corpo.
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