Mondo

«Ecco come facciamo superare lo shock ai bambini»

Barbara Forresi, psicologa del Telefono Azzurro

di Lorenzo Alvaro

«Qui il tempo scorre lungo i bordi». Così  Barbara Forresi, psicologa di Telefono Azzurro, descrive la vita nelle tendopoli emiliane. Citando una famosa canzone dei Massimo Volume.  In Emilia Romagna infatti il caldo del sole batte implacabile sulle tele della tende spingendo gli sfollati ai limiti dei campi, lungo i bordi, per cercare un po’ di rarissima ombra. «È una situazione di disagio estremo. Per questo abbiamo deciso di venire qui subito dopo la prima scossa. L’ozio e la noia sono i principali nemici nel post terremoto», sottolinea Forresi. L’associazione ha portato 15 operatori specializzati e 40 volontari solo nelle prime due settimane di emergenza. Sono impegnati a Finale Emilia, Mirandola e Carpi. «Non è la prima volta che ci confrontiamo con queste situazioni. Siamo intervenuti anche in Molise, Sarno e a L’Aquila», aggiunge, «ma per la prima volta lavoriamo in campi multiculturali». Le tendopoli emiliane infatti sono ad altissima densità di stranieri. Un mare di famiglie provenienti da tutto il mondo che lavoravano nel distretto agroalimentare e tecnologico meccanico per cui quel territorio è famoso.
Ma cosa può fare uno psicologo? Lo spiega a Vita Barbara Forresi

Vi occupate prevalentemente di bambini?
Il nostro impegno si concentra su tutto l’arco dell’età evolutiva, quindi dagli 0 ai 18 anni. La nostra esperienza è incentrata sull’infanzia e l’adolscenza.

Come si aiuta un bimbo che subisce un trauma come questo?
Con i bambini l’approccio, l’aggancio, è di tipo ludico e di socializzazione. Nella nostra tenda li facciamo disegnare, giocare e divertirsi. Non tanto per renderli contenti ma per ricreare una quotidianità. I bambini sono molto routinari. Cerchiamo di abbattere il tempo sospeso dei campi, dando un senso e delle tempistiche alle giornate. Per un bimbo sapere che alle 10, dopo aver fatto colazione, verrà alla nostra tenda a giocare è molto salutare.

Qual è allora la differenza tra uno piscologo e un animatore?
Noi sappiamo gestire e contenere reazioni particolari. L’altro giorno un maschietto a pianto un’ora e mezza perché gli mancava il papà che era dovuto tornare in Nigeria per lavorare. Gestire una crisi come questa è difficle e delicato e deve essere fatto da uno specialista.  

Con gli adoloscenti è altrettanto semplice?
No, la difficoltà con loro è l’aggancio, perché tendono ad autorganizzarsi. Se si pensa di andare in una tendopoli proponendosi come lo psicologo da studio con il divanetto e la poltrona non si va molto lontano. Bisogna saper ascoltare e capire come avvicinare le persone senza essere invadenti e fastidiosi. Per gli adoloscenti abbiamo pensato di istituire dei punti aggregativi, che si poggeranno sulle nuove tecnologie e internet point. Questa sarà la nostra esca. Se riusciremo ad avvicinarli penseremo a progetti ad hoc per loro.

Gli adulti, i genitori, non hanno bisogno di voi?
Certo che si. Cerchiamo di fare il possibile quando vengono alla tenda a portare e prendere i figli o nei momenti comuni.

E per gli stranieri cosa avete pensato?
Prima di tutto abbiamo trovato delle attività che potessero coinvolgere tutti, indipendentemente dalla lingua. Ci sono molti ospiti infatti che non parlano l’italiano. Su questo ci aiutano molto lo sport e la musica che sono universali. Per lo più abbiamo a che fare con nord africani e arabi. Per questo abbiamo anche tradotto parte dei nostri materiali in inglese, francese e arabo in modo da renderli fruibili da tutti.

In copertina una foto delle attività ricreative nella tenda di Telefono Azzurro al campo di Finale Emilia.
In allegato una galleria di immagini sul lavoro dei volontari


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA