Cultura
Ebraismo. Un Noè moderno salva la memoria di un popolo.
Recensione del libro "Il bambino di Noé" di Eric Emmanuel Schmitt (di Luca Ribolini).
di Redazione
La base del racconto è una storia vera. Attraverso gli occhi e le parole di Joseph, un ragazzino ebreo di sette anni, Eric-Émmanuel Schmitt narra la persecuzione nazista in Belgio dal 1942 alla liberazione. Quando il razzismo diventa minaccioso, Joseph viene affidato dai genitori a conoscenti nobili: lui li ammira, poiché li sente simili a sé. Ma a un certo punto tutto cambia, e Joseph finisce per essere accolto da padre Pons, prete cattolico affettuoso e dotato di enorme coraggio. Un mondo estraneo, ma che si rivela estremamente felice. Per tre anni Joseph vive a Villa Gialla, il collegio diretto da padre Pons, che alla prima occhiata sembra «acciambellata come un gatto gigante» su una collina.
Joseph si dimostra un bambino curiosissimo, capace di porre domande acute e di darsi risposte, spesso inadeguate, finché non interviene la spiegazione di un adulto. A incuriosire Joseph sono soprattutto il cristianesimo e le sue differenze con l?ebraismo. Colpito dai canti, dai profumi e dalla liturgia solenne, Joseph si chiede il perché di «candele accese in pieno giorno» e la ragion d?essere di «finestre colorate che non si aprono» dentro la chiesa. Curiosità da bambino, certo. Ma Joseph arriva anche a sentire affetto e commozione per una donna che gli ricorda la madre lontana: la Madonna.
Padre Pons allora, coraggioso nel pensiero e non solo nell?azione, inventa un gioco. Joseph si fingerà un giudizioso bambino cattolico, lui un ebreo. Una finzione, uno stratagemma, che il sacerdote escogita per non permettere a Joseph di dimenticare la fede dei suoi padri: lo istruisce nella Torah e nel Talmud, studia con lui l?ebraico.
Custodendo nella cripta oggetti di culto ebraici, i due si sentono simili a Noè, ?primo collezionista della storia?, e a suo figlio. E anche questa volta in gioco è la sopravvivenza non solo di un bambino, ma di una tradizione intera. Joseph, difeso dal sacerdote perché dopo la persecuzione diventasse testimone vivente del suo popolo, avrà anche lui, da adulto, una collezione da iniziare: quando cioè visiterà Israele e la Palestina. La cripta invece, dopo la guerra, accoglierà altri cimeli, tutti provenienti da popolazioni perseguitate, come russi e indiani d?America.
La delicatezza e il realismo a volte spregiudicato di Schmitt – che rende il libro consigliabile a ragazzi almeno delle scuole medie – trovano nuova conferma dopo Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano e Oscar e la dama in rosa.
Luca Ribolini
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