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Ebola: la comunità internazionale si (ri)mobilita

Oggi a Bruxelles l’Unione Europea ospita una Conferenza internazionale di alto livello su Ebola co-organizzata assieme ai paesi più colpiti dell’Africa occidentale e i principali donatori internazionali

di Joshua Massarenti

Bruxelles – Dal marzo 2013, l’epidemia ha colpito più di 22.900 persone, uccidendone oltre 9.200, quasi tutti in Sierra Leone, Liberia e Guinea. “Nonostante l’intervento internazionale abbia permesso di ridurre il rischio di una diffusione senza controllo del virus in Africa Occidentale e potenzialmente nel pianeta” notano fonti diplomatiche italiane, “la minaccia Ebola è ancora ben presente in Africa Occidentale e l’impegno internazionale deve restare alto e costante”.

Finora l’UE si è impegnata ad allocare oltre 1,2 miliardi di euro contro Ebola, di cui 812 milioni messi a disposizione dagli Stati Membri e 414 milioni dalla Commissione europea. A circa un anno di distanza dall’inizio della crisi, l’UE ha deciso di radunare la Comunità internazionale per fare il punto sulle misure di emergenza finora adottate e verificare quanto siano utili per eradicare Ebola (versante umanitario), e elaborare una strategia di lungo respiro per aiutare i paesi più duramente colpiti a rimettere in piedi sistemi sanitari in ginocchio (per il versante sviluppo). Nel discorso di apertura, l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’UE, Federica Mogherini, ha dichiarato che “Ebola è una sfida che va raccolta sul lungo termine”. Una sfida che passa per la necessità “di dimostrare la nostra efficienza nella gestione dei nostri aiuti allo sviluppo, di promuovere la good governance e di rafforzare la cooperazione regionale”. In questa battaglia, “l’UE è un partner insostituibile”.

Sui 4,9 miliardi di euro promessi dalla Comunità internazionale, circa 2,4 miliardi sarebbero già stati erogati assicura l’UE, che dal canto suo assicura di aver versato “con rapidità eccezionale” il 50% dei fondi annunciati.

Gli obiettivi fissati dalla Conferenza coincidono in realtà con i due punti più critici della crisi: se reazione c’è stata contro Ebola, “è stata molto tardiva”, assicura Bruce de la Vingne, direttore delle operazioni di MSF-Belgio. Basti pensare che l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha aspettato fino ad agosto 2013 per muoversi davvero. La stessa UE, e in special modo alcuni Stati membri, hanno impiegato mesi per dispiegare mezzi logistici adeguati, lasciando le ONG sole sul terreno. Molti operatori umanitari di MSF ricordano lo stato di abbandono prolungato in cui si sono ritrovati a Monrovia in quei primi mesi. “Mobilitare la macchina umanitaria per fronteggiare una crisi così complessa come Ebola non è stato facile”, assicura a Vita.it una fonte diplomatica francese prima dell’inizio della conferenza.

Al ritardo accumulato dalla Comunità internazionale, si somma la totale assenza di strutture sanitarie nei paesi africani toccati dalla crisi. E qui le colpe vanno condivise: perché se è vero che le politiche di aggiustamento strutturale imposte negli anni ’80 dalle istituzioni di Bretton Woods hanno costretto i governi africani a ridurre drasticamente la loro spesa pubblica, colpendo di conseguenza i loro sistemi sanitari pubblici, molti regimi africani non hanno mai fatto degli investimenti nella sanità pubblica una loro priorità politica.

E l’Italia cosa fa?

“Di fronte alla complessità operativa degli interventi in loco, l’alto rischio e i costi elevati, l’Italia ha fatto la sua parte, dando un grande contributo, sia politico, nel corso del semestre di Presidenza, sia materiale, con aiuti e sostegno finanziario e tecnico specialistico”, sostiene il MAE. “E’ infatti stato sotto l’impulso della Presidenza italiana che l’UE ha mobilitato e coordinato tutte le proprie Istituzioni e, d’intesa con gli Stati Membri, elaborato una strategia unitaria per contribuire, sotto il cappello dell’ONU (UNMEER), al contrasto del virus in modo coordinato e coerente”.

In via bilaterale l’Italia si è impegnata in tutti e tre i Paesi colpiti, con un focus particolare in Sierra Leone, attraverso l’invio di operatori sanitari dell’Istituto Nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma (9 virologi e un coordinatore) e aiuti umanitari. L’Italia ha anche sostenuto i Laboratori Mobili UE e ne ha allestito uno proprio con la Cooperazione italiana. ONG italiane quali CUAMM e EMERGENCY operano inoltre direttamente nell’area con attività di diagnosi e cura, di formazione e di sensibilizzazione delle comunità. L’Italia è infine impegnata in diversi gruppi di ricerca sui vaccini ed uno dei primi vaccini sviluppati, che vedrà presto la sperimentazione, è stato realizzato proprio in Italia.

A testimonianza del ruolo autorevole dell’Italia, l’incarico di moderare domani un panel su Ebola nell’ambito del Parlamento Europeo.

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