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E voilà, l’impresa sociale
Superato lo scoglio dei settori. Eliminati i passaggi attaccati dai sindacati. Così a sorpresa il governo ha bruciato i tempi
«Insieme alla +Dai -Versi è il provvedimento più importante approvato dal governo in questi cinque anni a favore del non profit». Il provvedimento che riempie di tanta soddisfazione il sottosegretario al Welfare, Grazia Sestini è quello relativo all?impresa sociale: infatti, con un colpo di reni il 2 dicembre scorso, il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto attuativo della legge delega 118/2005. Un provvedimento che era stato licenziato lo scorso mese di giugno, e con il quale il parlamento aveva fissato i principi a cui il governo avrebbe dovuto attenersi nel definire gli articoli che regoleranno l?attività di questa nuova forma di impresa. Ed ecco ora il decreto attuativo: a questo punto manca solo il passaggio alle commissioni parlamentari competenti e alla Conferenza Stato-Regioni, per essere operativo.
Le novità della legge. Potranno diventare ?sociali? tutte le forme di impresa che esercitano in via stabile e principale, (è principale l?attività da cui derivino almeno il 70% dei ricavi), un?attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi di utilità sociale. L?individuazione degli ambiti di attività è stato uno degli aspetti più delicati.
La definizione dei settori. Il decreto definisce beni e servizi di utilità sociale quelli prodotti e scambiati nei settori dell?assistenza sociale, sanitaria e socio-sanitaria; dell?educazione e della formazione; della tutela dell?ambiente; della valorizzazione del patrimonio culturale; del turismo sociale; della formazione universitaria e post universitaria; nella ricerca e nell?erogazione di servizi culturali; nella formazione extrascolastica e nei servizi strumentali alle imprese sociali. Acquisiranno, inoltre, la qualifica di impresa sociale, a prescindere dal tipo di attività svolta, quelle imprese la cui attività è finalizzata all?inserimento lavorativo di disabili e di soggetti svantaggiati individuati dal Regolamento Ce n. 2204/2002. Questi dovranno rappresentare non meno del 30% della forza lavoro impiegata nell?impresa. Sono proprio i diritti dei lavoratori svantaggiati e disabili ad aver suscitato polemiche. Cgil,Cisl e Uil hanno puntato l?indice contro l?articolo 14 reo di prevedere la possibilità di ridurre la retribuzione di questi lavoratori. «Nel testo approvato non c? è nulla del genere», ha replicato la Sestini. In realtà nelle versioni precedenti questa possibilità c?era ed è stata eliminata all?ultimo.
Il ruolo dei volontari. L?impresa sociale non potrà in alcun modo distribuire utili, neanche in forma indiretta; avrà l?obbligo di redigere il bilancio sociale; dovrà prevedere forme di partecipazione all?attività da parte dei portatori di interesse. Inoltre, potrà avvalersi di volontari nella misura del 50% dei lavoratori.
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