Formazione

È vero, dobbiamo fare di più. Ma un’idea ce l’ho

Parla Luca Pancalli, presidente del Comitato Paralimpico

di Franco Bomprezzi

«In ogni Comune ci deve essere una società sportiva sostenuta dall’ente locale. Investire nello sport fra i ragazzi disabili è un bene per la comunità» Sta per partire per Vancouver, con i suoi 35 atleti, pronti a gareggiare nelle Paralimpiadi invernali. È molto soddisfatto dei risultati raggiunti dallo sport in Italia, Luca Pancalli, 45 anni, presidente del Cip, il Comitato Paralimpico, e vicepresidente del Coni. Ma non si nasconde le difficoltà e i ritardi di un movimento che comincia a vivere la difficoltà di un ricambio generazionale. E in questa lunga intervista punta tutto sulla comunicazione dei grandi media e sull’investimento nella promozione a livello di base, nel territorio.

Vita: Siamo alla vigilia delle Paralimpiadi di Vancouver, quattro anni dopo Torino, con che spirito affrontate questa spedizione?
Luca Pancalli: Lo spirito è sempre quello dei momenti importanti. Veniamo da Torino, un grande successo sotto tutti i punti di vista, agonistico ma anche organizzativo. Vancouver si presenta come l’ennesimo momento di confronto agonistico, e sarà caratterizzato da un incremento del tasso tecnico, molto significativo, anche perché il nostro è un movimento sportivo relativamente giovane.
Vita: La nostra nazionale è competitiva?
Pancalli: Non lo siamo quanto lo eravamo a Torino, per tutta una serie di fattori, stiamo vivendo una fase di passaggio generazionale, per cui abbiamo dei giovani che si affacciano ma che probabilmente non hanno la maturità per affrontare un appuntamento così importante, e dei grandi campioni che in passato ci hanno regalato soddisfazioni importanti ma che adesso potrebbero fare fatica a ripetersi.
Vita: Qual è l’età media dei nostri atleti?
Pancalli: L’età media è meno alta di quanto si potrebbe pensare, è di 32 anni e mezzo.
Vita: Quali risultati ci possiamo attendere dai nostri campioni?
Pancalli: Più che parlare di quantità di medaglie posso dire su quali atleti si possono riporre delle speranze. Sicuramente Gianmaria Dal Maistro, ipovedente che già ci ha regalato a Torino dei grandi risultati: puntiamo su di lui in slalom speciale e slalom gigante. Poi Melania Corradini, portabandiera a Torino, e nello sci di fondo l’inossidabile Enzo Masiello, nello sprint Francesca Porcellato, ormai un monumento dello sport paralimpico, e io aggiungo nel biathlon Pamela Novaglio? Abbiamo anche ottenuto due risultati straordinari con la qualificazione della squadra di hockey su ghiaccio, e di quella di curling. Dobbiamo difendere il nono posto della classifica generale di Torino, il che sarà molto difficile.
Vita: Come sarà la comunicazione sulle Paralimpiadi?
Pancalli: La comunicazione è il grande risultato che abbiamo ottenuto, straordinario, segna la storia nello sport paralimpico. Sottolineo la scelta coraggiosa di Sky, tv commerciale, di acquistare i diritti, e in questi giorni stanno trasmettendo i promo con grande evidenza, con la stessa qualità, la stessa attenzione delle Olimpiadi appena concluse e un approccio normalizzante. In questo senso lo sport paralimpico italiano ha segnato un’evoluzione culturale nel Paese. E poi la decisione di Sky di lasciare aperta anche agli altri media la possibilità di occuparsene, di qui l’impegno forte anche della Rai, che dedicherà tante ore di diretta, come mai è avvenuto prima.
Vita: Potrebbe essere una svolta positiva per promuovere finalmente lo sport paralimpico?
Pancalli: Certo, analizziamo il fenomeno dell’età media piuttosto alta. È chiaro che in parte deriva dal fatto che incidenti, infortuni sul lavoro, che portano disabilità avvengono in età più avanzata. Ma il punto dolente di tutto lo sport paralimpico continua ad essere la difficoltà nell’avvicinare i ragazzi alle attività motorie e sportive. Anche se ritengo che questo sia un po’ un gap del Paese, dell’Italia sportiva. Siamo sempre stati, a fasi alterne, al top nel mondo, ma alla qualità agonistica non corrisponde un’Italia sportiva né dal punto di vista culturale né per quanto riguarda la promozione. L’Italia è poco sportiva a scuola, è poco sportiva nel tempo libero, è più facile passare il tempo davanti a un computer piuttosto che faticare in una piscina o in una pista d’atletica. C’è da fare tantissimo. Nel mondo paralimpico il tutto è aggravato dalle difficoltà che si incontrano nel territorio, per trovare dei centri di avviamento adeguatamente formati e preparati. Stiamo facendo uno sforzo incredibile con le unità spinali, con i centri di riabilitazione, con l’Inail, però quello che facciamo è poco rispetto a quello che si dovrebbe fare.
Vita: In effetti ci sarebbe un bacino potenziale importante.
Pancalli: Io ho stimato circa un milione di persone fra i 6 e i 40 anni potenzialmente avviabili allo sport. Il mio sogno è che ci sia in ogni comune italiano una società sportiva sostenuta dall’ente locale. Investire risorse pubbliche per la promozione dello sport fra i ragazzi disabili è un bene per la comunità e per il territorio.
Vita: Senza puntare solo sull’agonismo…
Pancalli: No, assolutamente. Investendo direttamente sul territorio, con poche decine di migliaia di euro si potrebbe davvero smuovere la situazione. Si potrebbe allargare in maniera significativa la base dei praticanti, in questo modo poi aumenteremo di conseguenza la base degli agonisti.


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