Bello questo articolo del Tafter sulle dinamiche dell’arte contemporanea. Che, a ben vedere, riguardano non tanto l’esito dei processi creativi (quelli li lasciamo a critici e intenditori vari), ma gli spazi entro i quali prendono forma. Che sono spazi fisici e di relazione. Da questo punto di vista mi sembra che sia in atto una trasformazione importante: si privelgiano aspetti come la piccola dimensione (mantre a Roma si sta per inaugurare un robo che ci chiama Maxxi.. auguri!), la relazione tra gli artisti e il contesto socio-economico-abitativo in cui operano, la capacità di attrarre risorse e disponibilità che non seguono solo le leggi (onestamente molto ambigue) di un mercato folle come quello dell’arte contemporanea. Piccola dimensione, relazionalità, mix di risorse.. ops! mi ricorda qualcosa. Peccato che molte imprese sociali “vere” siano in tutt’altre faccende affacendate. Robe degnissime per carità però un pò.. come dire.. occlusive. Spero di sbagliarmi e di ricevere clamorose smentite.
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