Famiglia

E tu dove parcheggi il pupo?

Minori: Il boom dei nuovi asili in franchising Viene dagli Usa una soluzione alla cronica mancanza di strutture per l'infanzia.

di Paolo Manzo

Pokemon più Info Toys, più hamburger. Quale bambino non sogna un asilo così? Da qualche mese una società americana l’ha capito, e ha aperto nell’Italia centro-settentrionale una decina di strutture che, oltre all’offerta del “baby parking”, si stanno trasformando in parchi divertimento, offrendo ai bambini veri e propri paradisi del consumo. Sono i franchising Baby Planet, un buon esempio di cosa sia il marketing commerciale che ha come target i bambini con più di quattro anni. Sono già una decina, ma l’obiettivo dichiarato del marchio è raggiungere a breve quota cento. La differenza con gli asili tradizionali balza subito all’occhio se si entra nel sito www.play-planet. I link con Pokèmon, ActionMan e InfoToys fanno bella mostra di sé nell’home page, ed è abbastanza normale. Play Planet, infatti, è stato creato sul modello già esistente Oltreoceano ed è più un centro ricreativo che un nido, dove i bambini sono assistiti e ricevono una formazione. Presenti all’interno delle strutture ci sono ristoranti, bar, punti vendita e una grande tv. Tra il cibo offerto, merendine, lecca-lecca e, “per un pranzo o una cena a misura di bimbo…innumerevoli tipi di focacce farcite, hot- dogs e una vasta scelta di torte”, si legge sul sito. Nei Play Planet si fanno anche feste a pagamento, ma, per rendersi conto di quale spirito anima l’iniziativa, è utile dare uno sguardo alla proposta commerciale rivolta ai potenziali franchisee. «Le potenzialità di business legata allo sviluppo di un’area attrezzata di soft play sono molteplici. Accanto all’attività primaria di centro giochi a pagamento (generalmente la capacità è di circa 250 bambini), si sviluppano altre iniziative collaterali quali l’area vendita, con oggetti promozionali, dove si acquistano calzini, cappelli, magliette, portachiavi, palline e altra merce con il logo Play Planet. Altre attività legate al progetto sono le azioni di co-marketing. Attualmente sono già state attuate iniziative con Hasbro e Polaroid. La molteplicità delle occasioni di business dei centri Play Planet offre la possibilità di un fatturato estremamente interessante, a fronte di costi d’esercizio contenuti. Ad esempio, per la gestione dell’area giochi può essere sufficiente la presenza di un solo addetto…». Informazioni forse utili per trovare nuovi affiliati ma, di certo, non rassicuranti per i genitori che pagano, comunque, una tariffa di 5mila lire a bambino, per ogni mezz’ora d’assistenza, che al mese fa pur sempre più di un milione e mezzo per soli cinque giorni la settimana… Non tutti però ragionano in termini di puro business. Un istituto privato di Padova, da anni dedito alla formazione di educatori, ha infatti deciso quest’anno di far partire il progetto Baby Planet, che di simile ai centri Play Planet ha solo il nome. Ad oggi Baby Planet dispone già di una decina di centri in franchising, sparsi in tutt’Italia, ma presto saranno inaugurate nuove sedi a Roma, Taranto, Catania e Bari. «Nelle nostre strutture accogliamo bambini dai sei mesi ai 14 anni», spiega il direttore dei centri, Paolo Nalon, «e svolgiamo attività di laboratorio, pittura e disegno. L’obiettivo non è riempire i bimbi di giocattoli ma aiutarli a essere creativi. E se proprio ci dobbiamo ispirare a qualche modello preferiamo il Montessori al Mc Donald’s…». L’idea, conferma il direttore, è nata da una lacuna del sistema italiano: «Basta leggere i giornali dove si parla ogni giorno di asili non in grado di accogliere le domande presentate e di lunghissime liste d’attesa: dare una risposta di livello è il nostro obiettivo sociale». Le domande che ricevono i Baby Planet sono moltissime, ma i centri accolgono al massimo 40 bambini. È una scelta voluta, in quanto «questo numero permette di svolgere bene tutte le nostre attività; se accogliessimo più domande non potremmo garantire la qualità dell’assistenza». Ma chissà quanto costa lasciare un bimbo dalla mattina alla sera in un Baby Planet… «Meno di quanto si pensi», precisa Nalon. «Si va dalle 350 alle 700mila lire al mese e dipende dalla zona, perché tra nord e sud c’è un’enorme differenza di costo della vita». I Baby Planet sono in franchising, ma hanno una quota d’ingresso puramente simbolica: un milione, comprensivo delle targhe relative al marchio. Fondamentali sono invece i requisiti che deve avere chi vuole aprire un Baby Planet: i principali franchisee devono, infatti, partecipare a un corso di formazione con uno stage di una settimana a Padova. E Nalon tiene a precisare che in quei sette giorni si «valutano disponibilità, motivazioni ed entusiasmo. Ma anche l’equilibrio che una persona deve possedere per diventare un nostro operatore». Baby Planet: Professionismo e Creatività Numeri ristretti, attività creative, educatori professionisti: queste le prerogative dei Centri Baby Planet, inventati dall’Istituto Cortivo di Padova, specializzato nella formazione di operatori sociali. Per ora sono una decina, ma cresceranno, soprattutto al Sud. Costano al massimo 700mila lire al mese. Accolgono bambini fino ai 14 anni e hanno un unico “neo”: ne accolgono pochi. In nome della qualità. Play Planet:Panini, televisione e tanto business. Puntano su giocattoli e cartoni visti in tv questi centri nati negli Stati Uniti e arrivati da noi da qualche mese. Molto capienti (possono accogliere 250 piccoli), sono attrezzati con grandi schermi e strutture su cui ci si può arrampicare. Fanno una politica di marketing aggressiva verso potenziali clienti e franchesee, e sono un disastro nei menù: solo panini, dolci e bibite gassate. I costi? Cinquemila lire ogni 30 minuti.


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