Welfare

E se un giorno…

A confronto nel carcere napoletano il prete che vuole abolire le prigioni e il neo direttore degli istituti di pena. «Occorre più equità». «Sì, ma anche realismo»

di Redazione

Lavora da sempre nell?ombra, ma recentemente è uscito allo scoperto per porre interrogativi gravi. È il volontariato galeotto che grazie alla ?sventatezza? di Don Oreste Benzi è riuscito a entrare in carcere e a diventare interlocutore del governo. In questi giorni al Dipartimento dell?amministrazione penitenziaria è allo studio la proposta dell?associazione Papa Giovanni XXIII che prevede di ?appaltare? la gestione trattamentale di 30 detenuti di un carcere mandamentale di Pesaro (dove vengono scontate condanne per residui di pena sotto i due anni) a un gruppo di volontari. Per diventare operativo, il progetto aspetta solo il placet del direttore generale degli istituti di pena, Alessandro Margara. I volontari di don Benzi si trasferiranno in carcere e a turno lavoreranno per preparare l?uscita dei detenuti. E poche settimane fa don Benzi, nel carcere più blindato d?Italia, quello napoletano di Secondigliano, si è trovato faccia a faccia con il direttore generali delle carceri Alessandro Margara, avviando un dialogo inedito fra istituzioni penitenziarie e volontariato. Eccone una sintesi. Don Benzi: Signor presidente, ho visitato parecchi reparti di alta sicurezza in varie carceri italiane e mi sono convinto che nessun uomo può e deve essere ridotto al suo reato. Ogni essere umano deve poter continuare a parlare con se stesso, con gli altri e con Dio. Perciò non crede che si debba ristabilire un po? di equità, magari partendo dalle misure alternative? Alessandro Margara: Quando sono stato nominato alla direzione delle carceri sono stato svegliato da un lungo sogno. Sono contrario agli automatismi e ritengo che i benefici di legge non possano essere applicati genericamente. I detenuti devono dimostrare una certa disponibilità. La restrizione della detenzione durante l?emergenza mafiosa si è conclusa, e negli ultimi anni c?è stato un aumento delle misure alternative. Le ricordo che il carcere che cambia non si costruisce in sei mesi. Benzi: Certo presidente, ma mi scusi, non si potrebbe almeno innalzare la soglia per l?affidamento di un detenuto ai servizi sociali a cinque anni, invece che tre? Anche lei converrà che in carcere ci sono migliaia di persone che potrebbero stare fuori. Margara: Tutto si può fare, ma bisogna essere realisti, altrimenti sarà la società a fermarci. Rispetto all?affidamento sotto i cinque anni , sono d?accordo, ma ci sono problemi tecnici. Si potrebbe però ricorrere alla grazia. Benzi: Lei sa, presidente, che la carità senza giustizia diventa assistenza penosa. E sa che i malati di Aids sono costretti a stare in carcere senza poter ricevere gli inibitori delle proteasi. I malati hanno pazienza, ma il virus no. Margara: E lei sa di una sentenza della Corte costituzionale che prevede la discrezionalità del giudice. Cercheremo di ovviare con la detenzione domiciliare. Benzi: Quando un detenuto trova lavoro e un attestato che gli permette di accedere alla semilibertà, il datore di lavoro viene intimidito dagli agenti. A noi piace sognare e a volte ci immaginiamo una società dove le carceri siano sostituite dai monasteri del 2000, case-famiglie dove non ci sia bisogno di agenti né di repressione. Margara: Il carcere non può essere superato, ma l?intervento degli agenti di custodia può essere limitato. Benzi: Dovreste affidarvi di piu al volontariato, Presidente. Noi possiamo esservi molto utili. Se invece di richiedere un attestato di lavoro il giudice si limitasse ad accettare un attestato di lavoro volontario, potremmo svuotarvi le carceri. Margara: Ha ragione, caro don Oreste, ma lei si affida a un principe non costituzionale che è il Padreterno. Noi purtroppo non siamo così fortunati. ?


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