Sostenibilità

E se provassimo a pensare all’ambiente come risorsa?

L'Europa l'ha gia stabilito: la corretta gestione delle risorse naturali non è un freno, ma un fattore di sviluppo economico. Ma in italia se ne accorto qualcuno?

di Redazione

Le novità più significative introdotte nella politica europea negli ultimi anni sono rappresentate dalla Strategia di Lisbona e da quella di Göteborg. Aver legato le sfide europee per raggiungere entro il 2010 livelli consistenti di occupazione e di reddito, legando gli stessi alla gestione sostenibile delle risorse naturali ha significato imprimere con forza una scelta alle caratteristiche del modello di crescita europeo. In questo senso si è inteso superare la contrapposizione tra ambiente e sviluppo, concependo l?ambiente come uno degli elementi fondanti l?idea stessa di Unione: dalla corretta gestione delle risorse naturali possono viceversa scaturire occasioni di sviluppo e di incremento della competitività dell?Europa sui mercati. Si definisce l?ambiente come una determinante delle scelte e delle politiche che, dopo Göteborg, non prevedono più una politica europea dell?ambiente separata dalle altre ma l?integrazione di questa nelle politiche complessive, lanciando la sfida dell?ambiente come fattore determinante per lo sviluppo. Purtroppo le resistenze a comprendere la strategicità di questo disegno sono molte, e l?Italia, in modo particolare, sconta questa ritrosia a innovare il modo di concepire politiche, obiettivi e strumenti. L?ambiente continua, nella maggior parte dei casi, a essere considerato come una politica settoriale, legato essenzialmente a una logica di emergenza (inquinamento, rifiuti, perdita di biodiversità) e a ciò corrisponde una politica basata essenzialmente sulla limitazione, sui divieti e sul prescrivere obblighi: l?integrazione, l?adozione di strumenti di adesione volontaria, le scelte improntate alla condivisione e alla consapevolezza, sono lasciati in disparte, trattati come un corollario. Ritardi e opportunità mancate Eppure sarebbe necessario, anche in virtù del concetto stesso di scarsità e di non riproducibilità delle risorse naturali andare nella direzione di una maggiore efficienza e di una riduzione dei consumi: le conseguenze delle scelte compiute oggi vanno nell?opposta direzione e, per fare pochi esempi, sono ben evidenti i ritardi e le opportunità mancate. È sufficiente pensare ai ritardi nell?adozione di politiche energetiche tese a favorire le fonti rinnovabili; ai problemi rappresentati dalle politiche dei trasporti e della mobilità, incentrate quasi esclusivamente sul trasporto privato, su gomma; alla mancanza di una politica per la ricerca scientifica per l?innovazione tecnologica basata sull?utilizzo razionale delle risorse naturali; la scarsa diffusione, anche per il motivo precedente, di tecnologie industriali legate all?efficienza energetica e al risparmio di risorse. Questi potrebbero rappresentare degli importanti elementi sui quali fondare un incremento della competitività e, soprattutto, la possibilità di garantire una migliore qualità della vita per tutti i cittadini. Il timore è grande: si rischia di perdere l?occasione di creare nuova capacità di produrre e posizionare sul mercato imprese che siano competitive sul lato della sostenibilità e dell?efficienza ambientale preferendo una strada più semplice, priva di limiti e controlli, basata sul consumo. Una sfida a per il governo che verrà Il programma del governo del 2006 dovrebbe tenere in considerazione questi elementi: restituire competitività, soprattutto ad alcuni settori chiave per il Mezzogiorno e le aree rurali come il turismo e l?agricoltura, avviando un processo di politica economica che veda nella sostenibilità e nell?innovazione gli strumenti chiave per invertire la tendenza. E qui sta il nodo. Si tratta di politica economica e non più di politica ambientale: occorre interpretare le nuove esigenze e comprendere come siano i programmi di politica economica a dover recepire la Strategia di Göteborg e, soprattutto, la sfida della sostenibilità. Considerare l?economia separata dall?ambiente significherebbe mancare le novità e le sfide della globalizzazion e. Oggi non è più possibile rispondere con provvedimenti limitati, nel tempo e negli effetti: impedire il traffico nelle città, istituire un?area protetta (per poi non dotarla delle risorse per la gestione), vietare la balneazione perché non si riduce l?inquinamento a monte. Le sfide, i tempi e le scelte oggi sono diversi: in questo si misura la capacità dell?Italia e dell?Europa di rispondere.


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