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E se per la dispersione scolastica ci inventassimo uno screening?

La dispersione scolastica fa perdere al paese talenti e risorse. I dati sono in costante (ma lento) miglioramento ma servono azioni più incisive. A Torino si sono riunite le sperimentazioni più innovative e sono stati presentati due strumenti pratici di screening, uno rivolto agli studenti e uno ai docenti, per individuare possibili fattori di rischio e intervenire precocemente

di Daria Capitani

«È nell’emergenza che nascono le innovazioni migliori». Le parole di Luca Solesin, responsabile dei programmi Giovani e Scuola di Ashoka Italia, sono la perfetta sintesi di un incontro che, giovedì 23 maggio, ha portato a Torino ricercatori e docenti, educatori e imprenditori culturali per riflettere sull’abbandono scolastico e scoprire pratiche di innovazione educativa che nella criticità hanno trovato la spinta per emergere. Un pomeriggio di confronto per una scuola che cambia, organizzato da Intesa Sanpaolo Innovation Center in collaborazione con le Università degli Studi di Torino e Scuola IMT Alti Studi Lucca e promosso dall’ICCI hub Italian Cultural Content Industry nell’ambito di un ciclo di conferenze dal titolo evocativo: “Quanto conta il contenuto”.

I numeri della dispersione scolastica

A livello europeo, l’Italia è uno tra i Paesi con la più alta incidenza di ragazzi che abbandonano gli studi precocemente, seguita da Germania, Ungheria, Spagna e Romania. Nel 2022, la quota di giovani fra i 18 e i 24 anni usciti dal sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma o una qualifica è stimata all’11,5%, pari a circa 465mila giovani. La dispersione scolastica coinvolge maggiormente i ragazzi (13,6%) rispetto alle ragazze (9,1%) e cresce nelle regioni del Mezzogiorno (15,1%).

I dati Istat restituiscono la fotografia di un fenomeno che ha un peso consistente. Lo ha spiegato bene Andrea Pastorelli, direttore di Teach for Italy, organizzazione non governativa che si occupa proprio di contrasto alle diseguaglianze educative: «Ogni abbandono ha un costo per lo Stato e la collettività. Se i genitori hanno un basso livello di istruzione, un giovane su quattro abbandona precocemente gli studi e uno su 10 raggiunge il titolo terziario. Con almeno un genitore laureato, le quote sono, rispettivamente, meno di tre su 100 e circa sette su 10». Oltre alla dispersione “esplicita”, ovvero l’abbandono scolastico vero e proprio, esiste un altro fenomeno preoccupante: la dispersione “implicita”: «Questa si riferisce agli studenti che, pur completando gli studi, non acquisiscono competenze fondamentali per essere cittadini consapevoli». Numeri, grafici, statistiche che tengono insieme storie, vite, persone. «Io stesso, figlio di genitori non laureati, nella mia famiglia allargata sono l’unico laureato», ha raccontato Pastorelli. La scuola ha perso il ruolo di ascensore sociale che aveva fino alla metà degli Anni Novanta: è un fenomeno reale, che tocca tantissime famiglie italiane e che spiega perché quando si parla di dispersione scolastica non si sta parlando soltanto di scuola, si sta parlando di un tema sociale e politico».

Teach for Italy è nata da qui. Da un desiderio fortissimo di invertire la rotta. L’obiettivo è molto ambizioso: generare un impatto sociale di contrasto alle disuguaglianze educative attraverso l’azione di giovani e talentuosi insegnanti selezionati, che per due anni mettomo la propria competenza al servizio delle scuole pubbliche più svantaggiate d’Italia, quelle con i maggiori tassi di abbandono scolastico, dispersione, povertà educativa.

«Crediamo in un cambiamento che passi attraverso due strade», continua Pastorelli. «La prima riguarda il sistema educativo, prendendo a esempio un Paese come la Finlandia che ha saputo creare una leadership collettiva di insegnanti che interpretano il proprio ruolo in un’ottica di giustizia sociale. La seconda avviene all’interno delle classi: Teach for All è presente in più di 60 Paesi al mondo e nelle classi ha fatto succedere qualcosa di speciale, ha generato progressi che hanno coinvolto l’intera collettività. Per questo i nostri obiettivi sono il benessere, il senso di appartenenza, la consapevolezza, lo spirito di iniziativa, la padronanza. Per raggiungerli, adottiamo delle lenti specifiche: gli stessi studenti possono diventare leader e attivatori di un cambiamento per un futuro migliore».

Un progetto di ricerca congiunto

A moderare un convegno di grande ispirazione per chi vive la scuola nel quotidiano, è stata la fondatrice e presidente di ICCI hub Italian Cultural Content Industry, Marzia Camarda: «Le aule sono il luogo in cui prende forma il domani». Un documento prezioso per formatori e docenti è la ricerca “Dispersione scolastica e incidenza dei disturbi neuropsichiatrici” realizzata da Intesa Sanpaolo e dal Neuroscience Lab di Intesa Sanpaolo Innovation Center con il partner scientifico Scuola IMT Alti Studi Lucca. «Una strategia combinata di esplorazione, informazione e formazione che ha puntato a raggiungere una conoscenza approfondita e a promuovere la divulgazione delle cause di disagio giovanile che concorrono all’insorgere del fenomeno della dispersione scolastica», hanno spiegato Sonia D’Arcangelo, responsabile del Neuroscience Lab di Intesa Sanpaolo Innovation Center e Pietro Pietrini, neuroscienziato, direttore del Molecular Mind Laboratory della Scuola IMT Alti Studi di Lucca.

La ricerca – che ha coinvolto oltre 4mila studenti di 15 scuole secondarie di secondo grado di Torino e Lucca, appartenenti a tutte le tipologie di indirizzo, dal primo al quinto anno – si è concentrata sullo studio delle determinanti psicologiche potenzialmente alla base dell’abbandono scolastico negli studenti e nelle studentesse delle scuole secondarie di secondo grado.

L’analisi del legame tra disagio psicologico e abbandono scolastico ha permesso di individuare fattori chiave come le difficoltà sociali, i comportamenti antisociali e i disturbi dell’attenzione: «Ad esempio, chi vive con disturbi dell’attenzione ha un rischio quattro volte maggiore di abbandonare la scuola rispetto a chi non ne soffre». La raccolta dati ha permesso al gruppo di ricerca di creare due strumenti di screening che non hanno valenza diagnostica ma che possono aiutare a identificare possibili fattori di rischio: «Un questionario compilabile online, che può fungere da autoanalisi a beneficio di ragazze e ragazzi e dei professionisti del settore (scolastico, sanitario, psicologico) che vogliano utilizzarlo nella propria pratica quotidiana, e una checklist per il corpo docente, in grado di rilevare in anticipo comportamenti e manifestazioni emotive associati all’intenzione di abbandonare gli studi».

La scuola come cantiere di cambiamento

A volte, basta qualcuno che accenda l’interruttore per mettere al centro le esperienze che illuminano il buio. È il senso della mappatura dell’innovazione educativa lungo lo Stivale realizzata da Ashoka Italia e sfociata nel Rapporto “Strade d’Innovazione. Percorrendo la trasformazione dell’educazione in Italia”. «Ne abbiamo individuate più di 1.200», ha spiegato Luca Solesin, responsabile dei programmi Giovani e Scuola e coordinatore della rete di Scuole Changemaker nazionale. «Abbiamo mappato scuole, progetti, metodologie, ecosistemi territoriali e leader educativi. A volte sono leader solitari che hanno bisogno di far parte di una rete per generare un impatto maggiore, hanno competenze variegate di tipo progettuale, di ricerca e pedagogiche. Spesso l’innovazione più interessante nasce in contesti di emergenze sociali e di bisogni concreti per i quali è necessario strutturare risposte complesse». Le direzioni in cui lavorare? «La messa a sistema e la documentazione dei processi di innovazione, la valorizzazione delle competenze extra-pedagogiche dell’innovatore e la presa di consapevolezza da parte dei docenti dell’importanza di diventare costruttori del cambiamento».

Un mattone dopo l’altro, la trasformazione prende forma. Lorenzo Scarabattoli è uno dei docenti di Teach for Italy, insegna in Piemonte in un istituto professionale: «La sfiducia nei confronti della scuola lascia spazio alla motivazione quando gli studenti vengono messi al centro, quando si chiede loro che cosa gli interessa, quando si sentono coinvolti», racconta. «Occorre lavorare sul benessere all’interno della classe e sul ruolo dell’insegnante come figura adulta di riferimento. Bisogna insegnare ai ragazzi a darsi tempo, a concedersi la possibilità di fallire».

In foto, l’evento “Dispersione scolastica ed educazione innovativa” che si è svolto giovedì 23 maggio nella sede dell’Intesa Sanpaolo Innovation Center a Torino. In apertura, foto di Pixabay


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