Welfare

E se lo Stato dovesse pagare 1,12 miliardi di euro ai detenuti?

La Corte europea dei diritti dell'uomo condanna l'Italia a risarcire in media 17mila euro a sette ristretti danneggiati dal sovraffollamento. "Se entro un anno lo Stato non trova alternative, tutte le 66mila persone recluse potrebbero fare causa e vincerla", avverte l'avvocato Osti, specialista in materia

di Daniele Biella

Un cataclisma potrebbe abbattersi sulle casse dello Stato italiano ma nessuno sembra preoccuparsene troppo, almeno non pubblicamente. Stiamo parlando di possibili risarcimenti di migliaia di euro a testa che lo Stato dovrebbe concedere a chi, dei 66mila detenuti italiani, facesse causa contro la massima istituzione italiana per le condizioni inadeguate di trattamento detentivo. Ovvero, per il sovraffollamento (la capienza regolamentare è di 46mila posti). Attenzione: non è una lontana possibilità. I primi sette che ci hanno già provato hanno già vinto, perlomeno a livello europeo: “ciascuno dovrebbe ricevere in media 17mila euro, così ha sentenziato la corte europea dei diritti dell’uomo lo scorso 8 gennaio 2013 nel caso Torreggiani e altri contro Italia”, spiega Alessandra Osti, avvocato e ricercatrice di Diritto costituzionale presso l’Università degli studi di Milano, specializzata in giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Lo scenario è da brividi: “se tutti facessero causa si parla di cifre abnormi se tutti facessero causa si arriverebbe a cifre abnormi, un rischio a oggi potenziale se l'Italia riuscirà in dodici mesi a rimediare al problema del sovraffollamento”. Il conto è presto fatto: 1,12 miliardi di euro. Un miliardo, proprio così.

Perché la Corte europea ha condannato lo Stato italiano?
Per violazione strutturale dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo in termini di trattamento dei detenuti. È una sentenza pilota: accertata una violazione sistematica di un dato diritto impone allo Stato di trovare misure atte a fermarla. Questa sentenza ne segue un'altra del 2009 con cui  l’Italia era stata condannata per un simile motivo: allora il Governo, anche a seguito della pronuncia, aveva dichiarato lo stato di emergenza e adottato un piano carceri, che però alla luce dei fatti non è bastato per la Corte. Ora lo Stato è invitato a trovare misure per fermare il fenomeno del sovraffollamento: tra le misure possibili suggerite dai giudici di Strasburgo ci sono la costruzione di nuove carceri, l'implementazione di efficaci rimedi interni capaci di rendere giustizia ai detenuti che si trovano in condizioni di vita non dignitosa e lo studio di pene alternative. L'Italia ha un anno di tempo per declinare concretamente gli spunti che la Corte europea ha dato ed eliminare tale violazione strutturale.

Quali scenari se l’Italia non trova soluzioni?
A livello teorico si potrebbe arrivare all’esclusione dal Consiglio europeo, considerando che c’è un precedente di qualche decennio fa riguardante Grecia e Cipro. È invece più probabile, prima di arrivare a un simile provvedimento, che le sanzioni pecuniarie vengano estese a tutta la popolazione carceraria che denunci le proprie condizioni, e di sicuro lo Stato sarebbe condannato in tutti i casi pendenti oltre ai sette della causa Torreggiani.

Che vie d’uscita potrebbero esserci?
La strada della costruzione di nuove strutture è ancora percorribile, anche se i tempi sono sicuramente più lunghi di un anno. Un’altra possibilità suggerita dalla stessa Corte è la concessione di misure diverse alla detenzione e, probabilmente, un diverso e minore utilizzo della carcerazione preventiva. Sicuramente questa sentenza europea ha il merito di esercitare una pressione a livello politico e di rendere la questione concernente le carceri come prioritaria nell'agenda del prossimo governo di qualunque colore esso sia.


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