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E se la pace arrivasse da destra?
Alla vigilia del viaggio del Papa parla il Patriarca latino di Gerusalemme
«Il nuovo governo potrebbe essere capace di gesti coraggiosi», auspica Fouad Twal. Non è un caso infatti che «Netanyahu abbia già progettato un viaggio in Giordania e in Egitto». Anche perché «israeliani, musulmani, cattolici: siamo tutti stanchi di questa situazione» «L’Europa e l’Italia giochino un ruolo più politico e contribuiscano all’elaborazione di un piano politico che porti la pace in Terrasanta». È l’invito di monsignor Fouad Twal, dal 2008 patriarca latino di Gerusalemme, raggiunto a margine di un seminario organizzato da Mcl: «Non possiamo accontentarci degli aiuti materiali. Ci fanno vivere, ma non bastano. Per il bene di tutti dobbiamo imparare a vivere in pace».
Vita: A maggio il viaggio del Papa. Cosa si aspetta?
Fouad Twal: Come hanno fatto i suoi predecessori, il Santo Padre farà un viaggio in Terrasanta con una tappa in Giordania e poi in Israele. Viene in un momento difficile, dopo la guerra a Gaza. È una visita pastorale, ma si capisce che non possiamo prescindere dalla politica in Terrasanta. Ogni governo, ogni regime vuole approfittare di questa visita. Per noi rimane la visita di un padre. Dalla quale ci aspettiamo una benedizione per più pace, più giustizia per tutti. Aspettiamo con gioia che venga.
Vita: Il parroco di Gaza, padre Manuel Musallam, proprio su Vita ha invitato Benedetto XVI a fargli visita. Ci sarà un contatto con i cattolici di Gaza?
Twal: Non abbiamo potuto portare il Santo Padre a Gaza. Abbiamo però ottenuto che due o tre autobus, con un centinaio di persone di Gaza, potessero raggiungere Betlemme. È una promessa del governo israeliano. La sofferenza fa parte della nostra missione in Terrasanta. Anche se non perdiamo mai la speranza di una giustizia, di una resurrezione, di una pace. Per tutti. Che siano musulmani, ebrei, cristiani.
Vita: Che valore hanno i pellegrinaggi in un’area tanto difficile?
Twal: Approfitto del vostro giornale, per ringraziare tutti gli amici che vengono in pellegrinaggio e per fare un appello: la presenza di più pellegrini è per noi molto importante. Non avete idea di cosa significhi questa comunione fra la Chiesa locale e quella universale. Vuol dire che la nostra piccola comunità in Terrasanta non è dimenticata, non è abbandonata. Che altri preghino per noi, vengano a trovarci, ci dà un supplemento di anima.
Vita: La presenza cristiana continua a diminuire. Come si spiega questa tendenza?
Twal: Siamo sempre stati una minoranza in questa zona, sin dalle origini. Siamo ancora minoranza. C’è da dire però che l’emigrazione è un fenomeno generalizzato. Che coinvolge anche ebrei e musulmani. Ci fa soffrire la partenza di un qualsiasi membro della comunità.
Vita: Quanto è difficile la vita dei cristiani?
Twal: Dobbiamo distinguere fra Israele, Palestina e Giordania. In quest’ultimo Paese per la verità viviamo molto bene. Nei territori occupati – una occupazione ingiusta – è diverso. I cristiani fanno parte integrante del popolo occupato e la loro vita quotidiana è difficilissima.
Vita: Come sono le relazioni con il nuovo governo di Israele?
Twal: Il governo è di estrema destra ma potrebbe essere capace di fare gesti coraggiosi. Auguro a questo esecutivo più successo, più pace, più giustizia. Meglio non anticipare giudizi negativi. Israeliani, musulmani, cattolici: siamo tutti stanchi di questa situazione. Speriamo che questo governo sia per la pace di tutti.
Vita: Per il nuovo ministro degli Esteri, l’intesa di Annapolis non è vincolante?
Twal: Ma questo Lieberman è solo una persona. L’America, l’Europa, la società israeliana stessa vogliono due Stati. E saranno due Stati. Non credo che Lieberman sia vincolante per tutto il popolo di Israele. Queste sue promesse non sono a favore di nessuno. Netanyahu ha già progettato un viaggio in Giordania e in Egitto. È un gesto positivo. Aspettiamo.
Vita: Che notizie le arrivano da Gaza in queste ore?
Twal: La guerra non ha fatto che aggravare la situazione. Ribadisco che occorre trovare una soluzione per il bene di tutti. Nella vita diplomatica e umana dei governi c’è una parola chiave che usiamo raramente: “reciprocità”. Facciamo del bene ai nostri vicini e vedremo che i nostri vicini ce lo restituiranno. Se tutti la mettessero nel loro programma, tutto andrebbe meglio.
Vita: Benedetto XVI incontrerà anche le organizzazioni del dialogo interreligioso…
Twal: Sono una settantina. Alcune sono composte da musulmani, ebrei e cristiani che stanno lavorando per la riconciliazione.
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