Salute

E se invece Angelina avesse ragione?

Le donne affette da una rara mutazione genetica hanno il 40 per cento di probabilità di ammalarsi di cancro alle ovaie, una patologia che è difficile scoprire allo stadio iniziale, e che se scoperta tardi è mortale nel 70 per cento dei casi. Per questo tipo di pazienti, dice l'Aiom, l'intervento rientra tra le possibilità di terapia

di Gabriella Meroni

Il 40% delle donne con mutazione del gene BRCA sviluppa il cancro dell’ovaio. E i controlli non permettono una diagnosi precoce. Quindi non è insensato che questo tipo di pazienti valutino anche l'asportazione preventiva delle ovaie, dopo averne discusso approfonditamente con il proprio medico. E' questa la posizione dell'Aiom, Associazione italiana di oncologia medica, che interviene nel dibattito suscitato dalla decisione dell'attrice Angelina Jolie di farsi asportare le ovaie – dopo i seni – per prevenire il cancro. 

“I medici devono avere la capacità di parlare con la donna a rischio di sviluppare un tumore dell’ovaio e di spiegarle tutte le conseguenze a cui va incontro a seguito dell’intervento di asportazione dell’organo”, dice il presidente Aiom, Carmine Pinto. “È indispensabile che la paziente abbia la capacità e gli strumenti per valutare tutti i pro e i contro. Il 40% delle donne con mutazione del gene BRCA sviluppa il cancro dell’ovaio. Va anche sottolineato che i controlli non permettono una diagnosi precoce, perché non esiste uno screening efficace per una malattia che non presenta sintomi chiari. Ma la scelta di sottoporsi all’intervento chirurgico deve rientrare in un articolato percorso di cura, in base al programma di vita della donna”. 

La scelta di Angelina Jolie, al di là dell'impressione momentanea che suscita nella maggioranza del pubblico, può quindi rappresentare un momento proficuo di riflessione, sia per i clinici che per le pazienti. “Questo tipo di tumore può colpire persone molto giovani, anche di età inferiore ai 30-40 anni. Le conseguenze dell’operazione sono l’infertilità e la menopausa precoce, una decisione di questo tipo deve essere ponderata e valutata in profondità”, conclude Pinto.

Ogni anno 4.900 italiane sono colpite dal tumore dell’ovaio. Otto diagnosi su 10 giungono quando il cancro è ormai in fase avanzata, e in questi casi la sopravvivenza delle pazienti è solo del 30%. Allo stadio iniziale, invece, la probabilità di vincere il cancro raggiunge il 90%. “Nel nostro Paese – conclude il presidente Aiom – va migliorato un aspetto fondamentale, l’accesso al test genetico per tutte le donne a rischio, cioè quelle che hanno avuto un tumore al seno da giovani o che presentano una forte familiarità. E deve essere gestita con attenzione la fase successiva a questo esame, per definire con la paziente il percorso di cura”. 

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