Sovraindebitamento

E rimettiamo loro i loro debiti

Viviamo in un sistema che fa di tutto per farci indebitare ma poi se la prende con chi ha contratto troppe obbligazioni. Questo perchè dobbiamo sostenere un disavanzo pubblico insostenibile e per farlo è necessario che la domanda di beni aumenti sempre, anche, a costo di sovraindebitarci. Ma allora quale futuro ci attende? VITA lo ha chiesto all'avvocato Fabio Cesare, autore del libro "La rivoluzione del debito" edito da Giuffrè

di Rossana Certini

In Italia il 21% delle famiglie è indebitata per l’acquisto dell’abitazione o per finanziamenti per credito al consumo, ossia per acquisti utili a soddisfare esigenze personali o familiari. Il dato emerge da un’indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie che mostra come nel 2023, nel nostro Paese, il debito complessivo (cioè la somma dei mutui per le abitazioni e degli altri debiti, tra cui quello al consumo) è stato pari al 59,3% del reddito disponibile. Una percentuale relativamente bassa se confrontata con quella della media dell’area euro che è pari all’89,1%. Ma a destare preoccupazioni è il 9% delle famiglie indebitate perchè considerate vulnerabili, infatti il loro reddito è inferiore al valore mediano di quello della popolazione nazionale e hanno difficoltà nel restituire le somme dovute. Non sono bancabili perché non possono accedere al credito ordinario. E sono a rischio usura.

«È un approccio istintivo all’acquisto che ci fa indebitare», spiega l’avvocato Fabio Cesare, autore del libro La rivoluzione del debito, edito da Giuffrè, «lo Stato e la società vogliono che il prodotto interno lordo – Pil cresca all’infinito. Questo può accadere solo aggirando gli innati meccanismi di difesa alla spesa. Ecco che nascono le tecniche di neuromarketing, gli acquisti one-click che solleticano la spinta al consumo in modo sempre più istintivo e meno razionale. Strumenti come il Buy now, pay later, acquista ora, paga dopo, rendono disponibili dei “doni” della finanza senza che ci si renda conto che si dovranno in qualche modo ripagare. Credo sia giunto il momento di trovare un altro modo per essere felici, un modo che non dipenda dalla crescita esponenziale del Pil. Diversamente creeremo persone sempre più infelici, che si avvicineranno a meccanismi obliqui e criminali perché non riconosceranno nello Stato le risposte ai loro bisogni».

Quindi, avvocato, la nostra società ci rende agevole la strada che ci porta a indebitarci ma poi ci tratta come dei truffatori?

«Sembra proprio che sia così. Abbiamo un sistema che fa di tutto per farci indebitare ma poi se la prende con chi ha contratto troppi debiti. Abbiamo giornate celebrative per ogni ricorrenza ma non ne abbiamo una dedicata al risparmio. Prima c’era. Adesso si fa di tutto affinché le persone non comprendano come si stanno indebitando. È più propenso a indebitarsi chi ha meno strumenti per schermarsi dagli stimoli all’acquisto. Pensiamo alle pubblicità di alcuni beni costosi. Non si dice mai il prezzo ma solo la rata mensile. In questo modo non si pone l’attenzione sul costo complessivo del bene che si decide di acquistare. Il problema di fondo è che dobbiamo sostenere un debito nazionale insostenibile e per farlo è necessario che la domanda di beni aumenti sempre, anche, a costo di sovraindebitarci. Come può un sistema essere sostenibile se da una parte invoglia le persone a indebitarsi e dall’altra se la prende con loro perché non pagano le rate dei debiti?».

Qual è il pericolo sociale del sovraindebitamento?

«Le persone non saranno più in grado di progettare il loro futuro. Avranno solo il pensiero di vivere per pagare i debiti. Non saremo più uomini, perché come direbbe Shakespeare: “l’uomo è fatto della stessa materia dei sogni”. Una società che tutela il credito più delle persone sta annullando gli uomini. Se non vengono interpretati i bisogni di coloro che non sono più in grado di proiettarsi nel futuro per il peso dei loro debiti, si generano fattori di disgregazione sociale e forze centrifughe capaci di dar vita a focolai di illegalità o di dissenso in grado, nella migliore delle ipotesi, di alterare la dialettica democratica, nella peggiore, di sovvertire le istituzioni. Per questo motivo la storia ci racconta di periodiche cancellazioni dei debiti, anche degli Stati sovrani. Oltre una certa soglia la stessa sovranità può essere messa in discussione dal peso degli impegni finanziari».

Con la legge 3 del 2012 il legislatore ha introdotto una nuova tipologia di concordato che prevede un piano di ristrutturazione dei debiti che può determinare l’esdebitazione. È un passo importante?

«Sì, se volessimo sintetizzare al massimo potremmo dire che grazie a quella legge è possibile la cancellazione del debito ma purtroppo chi la applica la curva spesso in modo restrittivo e i risultati non sempre sono a favore del debitore. La legge 3 del 2012 è stata definita non a caso “salva suicidi”: ogni debitore è schiacciato dal peso della soggezione dei suoi creditori. Nei secoli abbiamo sviluppato una sacralità dell’adempimento, ma l’idea che si debba adempiere ai patti a ogni costo oggi non è più sostenibile. Il titolo del mio libro non è casuale. Il debito ci rivoluzionerà perché distruggerà il nostro essere comunità perché ci sono troppi debitori e pochi creditori. Per questo la concezione del debito deve essere rivoluzionata essa stessa se vogliamo ancora rimanere insieme in una comunità. L’esdebitazione dovrebbe essere letta come affermazione di un principio solidaristico che non nega lo stato di diritto ma al contrario lo afferma».

Secondo Banca Italia nel nostro Paese è aumentato molto il ricorso al credito al consumo. Questa forma di prestito rappresenta il 18,1% rispetto al totale dei prestiti dalle famiglie. A richiederlo sono maggiormente persone di età compresa tra i 35 e i 44 anni, lavoratori dipendenti e famiglie con un reddito medio basso. C’è una spiegazione a tutto questo?

«Certo. Il credito al consumo è aumentato negli ultimi decenni a doppia cifra ogni anno. Il fenomeno, come scrivo nel libro, si spiega semplicemente perché quando non è più possibile impiegare quote di reddito per consumare, ci si indebita irrazionalmente asservendo all’acquisto quote del reddito futuro. L’unico modo, a mio avviso, che abbiamo per evitare di disgregarci come comunità sotto il peso dei nostri debiti è promuovere l’esdebitazione. Del resto anche nel Padre nostro recitiamo “rimetti i nostri debiti”. Cosa vuol dire questo? Facci tornare in pace, nella nostra condizione originaria. Il problema è che non c’è un piano, un progetto generale. Ci sono solo delle masse che si muovono insieme e nella dialettica sociale creano un risultato disordinato. Ci sono delle ideologie ma non ci sono direttive dall’alto. Lo Stato dovrebbe far prevalere l’ascolto dei bisogni degli esseri umani sui crediti. Gli uomini devono valere più dei crediti. Ma, ovviamente, se l’obiettivo è quello di mantenere il debito pubblico collocando dei Bot acquistati dalle banche che a loro volta riescono a stare in piedi se c’è qualcuno che scommette sul futuro dell’Italia e dunque se il Pil cresce, allora è necessario da una parte far finta che i nostri debiti saranno sempre pagati e dall’altra fare in modo che la domanda aumenti con le persone che si indebiteranno sempre di più».

Il libro di Fabio Cesare

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