Cultura

È ostinato, fragile, commovente E ha conquistato le librerie

di Redazione

Quello quotidiano, che muove i medici del Cuamm con cui
ha convissuto Paolo Rumiz, fino a quelli “comuni”, che hanno animato le piazze. Scrittori, filosofi, ma anche tanti autori
a sorpresa si sono messi ad indagare le varie facce che sa assumere, oggi, la ritrovata forza generativa del Bene. Saggi e storie da leggere approfittando delle “ore buone” dell’estateTangenziale est. Colonna. La radio trasmette il solito «interventìo-brusio collettivo», come lo chiama Paola Mastrocola. Si parla delle gemelline siamesi di Bologna. Un ascoltatore se ne esce con la teoria del duplice effetto, travisata, in realtà, in un banale «il fine giustifica i mezzi». Nel mare piatto del parlottìo collettivo, il Bene e il Male si stagliano netti ed estranei come i faraglioni di Capri. E invece sono al posto giusto. Non è solo la cronaca (dove c’è la bioetica ma anche la tragedia, come quella di Oslo, che Claudio Magris ha definito guardacaso «l’idiozia del male») che ogni tanto ci obbliga – protagonisti, ospiti e anonimi spettatori – a confrontarci con quelle due parole. C’è anche uno “spirito del tempo”. Perché mai come quest’anno siamo tornati a parlare di bene e di male. Basta dare un’occhiata ai titoli dei libri usciti in questa prima metà del 2011: il bene è ostinato per Paolo Rumiz (Il bene ostinato, Feltrinelli), fragile per Martha Nussbaum (La fragilità del bene, Il Mulino), emozionante per Giacomo Samek Lodovici (L’emozione del bene, Vita e Pensiero). E ancora c’è Il bene di vivere di Sergio Givone (Morcelliana) e per antinomia L’umiltà del male di Franco Cassano (Laterza) e il Bene/Male di Giuseppe Riconda (Il Mulino).
Pesi massimi. Là dove fino all’anno scorso osavano mettere “bene” nel titolo solamente i manuali dello star bene con se stessi, le guide al mangiar bene e i manualetti-santini di improbabili esperti di morale. Per non dire della riscoperta dei “beni comuni”, dall’acqua alla partecipazione, fortunato filone editoriale collegato ai referendum di giugno ma anche consegna di Stefano Zamagni per il futuro del non profit. Ne citiamo solo tre: Il bene comune della terra di Vandana Shiva (Feltrinelli), Il bene di tutti di Enrico Grazzini (Editori Riuniti) e un provocatorio Le belle tasse. Quel che i bambini ci insegnano sul bene comune (Franco Fichera, Einaudi).
C’è un fil rouge che accomuna queste riflessioni sul bene 2011, ed è che non siamo più figli di Platone. Di un Bene come fondamento inconcusso e monolitico. Spentosi il fascino bruciante del nichilismo nietzschiano, miseramente tradotto in decenni di nichilismo giulivo, passata la moda postmoderna della fine del soggetto e della verità, tentiamo di recuperare un codice minimo per la convivenza civile, essendo il mitsein – o più banalmente la vita insieme ad altri – condizione insuperabile del passato, presente e futuro abitare dell’uomo sulla terra.
«La convivenza impone il ritorno a concetti come ospitalità e bene», dice Silvano Petrosino, che insegna Filosofia teoretica all’Università Cattolica, «poiché il bene è fondamentale per tirare avanti senza distruggersi. Il punto è che nessuno fa il passo dal fondamentale al fondamento, a una teoria del bene. Sono come quelli che non si sposano perché dicono che è impossibile amarsi per tutta la vita e poi stanno insieme cinquant’anni. Manca il coraggio di trarre delle conclusioni da un’esperienza».
Paradossalmente l’accenno del passo lo fa un libro che con la filosofia non c’entra nulla. Lo fanno i medici del Cuamm narrati da Rumiz, dove il bene si sporca con la storia ed è, come insegna Pareyson, fin da sempre volontà di bene, liberamente scelta, anche a costo di perdere la maiuscola. Che poi invece è un di più. Anche questo sta scritto in un libro appena uscito, di Enrico Guglielminetti: La commozione del bene. Una teoria dell’aggiungere (Jaca Book). Come titolo è il più suggestivo. [Sara De Carli]

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.