Non profit

E ora facciamone una buona legge

E' definitiva la delega sull' imprersa sociale

di Giampaolo Cerri

Impresa sociale, avanti tutta. Giovedì 11 luglio, il Consiglio dei ministri ha licenziato definitivamente il testo del disegno di legge, che era andato alla Conferenza Stato-Regioni per il parere obbligatorio. Unica novità sostanziale, l?inserimento degli enti ecclesiastici fra quelli che possono assumere lo status di imprese sociali. Un altro passo sulla via di una delle leggi più attese dal non profit italiano. Come ricorda il vicepresidente del Consorzio Cgm, Michele Finizio: «Il testo approvato è un importante risultato per tutto il Paese. Si prospetta un?impresa solidale, partecipata, motore di promozione e sviluppo della democrazia economica e dell?economia civile, di cui Cgm è stato tra i maggiori protagonisti in Italia. È importante adesso che il dibattito parlamentare sia il più aperto possibile all?ascolto delle esperienze migliori dell?imprenditoria sociale in Italia». Il vicepresidente di Cgm tocca l?aspetto che diventa ora centrale: i contenuti. Alla legge dovranno essere forniti dal governo, di concerto al Parlamento. «L?impresa sociale va pensata in funzione di un mercato sociale regolato ed è pertanto necessario definire i rapporti che questa nuova realtà dovrà intrattenere con il mondo profit, da un lato, e con il mondo del volontariato, dall?altro», osserva Franco Marzocchi, presidente di Federsolidarietà, organismo che raccoglie le cooperative sociali, che aggiunge: «Il dibattito parlamentare dovrà dunque fare chiarezza sui ruoli che potranno assumere i protagonisti del mercato sociale, al fine di realizzare azioni sinergiche che permettano all?impresa sociale di essere un vero motore del mercato sociale». Regole certe per tutti Alla chiarezza fa appello anche Costanza Fanelli, responsabile delle coop sociali di Legacoop. «Sarà fondamentale definire bene il regime lavoristico che dovranno rispettare le imprese sociali», sottolinea, «le coop ad esempio, applicano un contratto nazionale. Non vorremmo che si creino zone franche, esenti da discipline precise». E soggetti che, gioco forza, avrebbero un vantaggio competitivo verso gli altri. L?impresa sociale deve essere insomma un?opportunità per il mercato sociale, non introdurre elementi di concorrenza sleale. Insomma il non profit ha vinto una battaglia. Resta da vincere la guerra


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