Sappiamo bene come sia la carenza di risorse spingere la maggior parte delle organizzazioni a raccogliere fondi. Il fundraising è spesso visto come una sorta di male necessario, una leva con cui si cerca di far quadrare i bilanci, ma a cui si farebbe volentieri a meno se l’ente avesse già tutte le risorse di cui ha bisogno. Il ragionamento è il seguente: abbiamo bisogno di soldi, proviamo a chiedere aiuto, ma così facendo si rischia di fallire perché:
- Si parte da un bisogno dell’ente, mentre sappiamo che le persone donano a soluzioni, non a problemi;
- Si identifica la raccolta fondi con una richiesta di aiuto e le persone non amano chiedere aiuto, il che rende difficile valorizzare il patrimonio relazionale di cui l’ente potrebbe disporre;
- Il dono viene concepito e presentato come un sacrificio che il donante effettua per aiutare l’ente e questo tende a ridurre sia l’adesione che il valore della donazione;
- Il protagonista risulta essere l’ente, mentre il donatore si ritrova a svolgere un ruolo strumentale, il che non è certo uno stimolo.
Per fortuna quando poi si inizia concretamente a promuovere il dono si scopre che non stiamo chiedendo aiuto, ma offrendo un’opportunità, un’opportunità che spesso riempie di gioia il donatore e che genera importanti benefici per l’intera comunità, oltre che per l’organizzazione che ha promosso la raccolta. Stimolare donazioni significa per un ente, pubblico o privato, che persegue finalità d’utilità sociale:
- Impegnarsi in un’attività ad altissimo rendimento in cui i ricavi possono facilmente superare, e di molto, il 100% dell’investimento iniziale;
- Mobilitare consenso e coinvolgimento nella propria comunità di riferimento, sviluppando le capacità di comunicazione e di cura delle relazioni che sono alla base della promozione del dono;
- Motivare tutti coloro che operano nell’organizzazione, attraverso l’approfondimento continuo di missione e impatto che è indispensabile per mobilitare donazioni.
Promuovere il dono significa anche svolgere un ruolo sociale che va ben al di là dei pure importanti servizi che l’ente mette a disposizione della comunità. Il dono, infatti, per sua natura:
- Impedisce al denaro di diventare il fine dell’agire, come invece oggi, troppo spesso, accade e lo riconduce al suo ruolo naturale, quello di utile strumento al servizio della dignità umana;
- Permette di indirizzare risorse proprio là dove ce ne sono meno di quello che sarebbe desiderabile, a causa dei fallimenti di un mercato che non riesce a tenere conto dei benefici che le attività assistenziali, culturali, ambientali e, più in generale, di utilità sociale, procurano a tutti noi;
- Genera i legami di riconoscenza e di solidarietà che sono il fondamento del capitale sociale e del patrimonio di fiducia che negli ultimi decenni è stato pericolosamente eroso e che è alla base dello sviluppo non solo morale e civile, ma anche economico e sociale delle nostre comunità.
Ciò che più conta è che, quando proponiamo a qualcuno di donare, gli offriamo l’opportunità di soddisfare alcuni dei suoi bisogni più veri e profondi, bisogni a cui la nostra società non sembra in grado di fornire risposte adeguate come:
- La ricerca di emozioni autentiche che è illusorio sperare di appagare con sempre più frequenti, ma effimeri momenti di eccitazione;
- Il vivere appartenenze e relazioni, difficile in un mondo in cui ogni rapporto è strumentale, e che, invece, sin dalla preistoria, è stato possibile perseguire grazie al dono;
- Il contribuire a qualcosa di bello per dare un senso a un’esistenza che altrimenti rischia di trasformarsi in una perpetua lotta per soddisfare in modo effimero effimeri bisogni;
- Vincere l’insicurezza nella consapevolezza che se ci dovesse accadere qualcosa ci sarà qualcuno che potrà prendersi cura di noi e che è illusorio sperare di superare accumulando denaro che, quando saremo fragili, ci renderà solo prede più ambite da chi vuole solo i nostri soldi;
- La possibilità di contribuire alla definizione e realizzazione del bene comune e, grazie agli incentivi fiscali, di indirizzare parte della spesa pubblica, oggi che l’elettorato attivo e passivo è guardato con sospetto ad un numero crescenti di cittadini;
- Il desiderio di esprimere la propria riconoscenza per quanto ricevuto;
- L’esigenza di contribuire alla sostenibilità di un’attività da cui riceviamo direttamente o indirettamente dei benefici, morali o materiali.
Si tratta di esigenze profondamente radicate in ognuno di noi, esigenze che una società del benessere, in cui aumenta l’uso delle droghe e dei psicofarmaci, non è chiaramente in grado di soddisfare, ma che gli enti che perseguono finalità d’utilità sociale possono appagare attraverso la promozione del dono.
Forse una delle modalità più efficaci per costruire una società più umana è aiutare queste realtà a prendere consapevolezza di questa opportunità. Iniziative volte a perseguire questo scopo come: Impariamo a pescare; Impariamo a pescare sul lago di Como; Non lasciamoli soli potrebbero essere quelle risposte di cui la nostra società ha un così evidente bisogno per trasformare questa pandemia in un'occasione di rinascita.
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