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È necessario un nuovo indulto?
Nelle carceri sfiorata quota 64mila. Vota il sondaggio di Vita.it
Le carceri italiane scoppiano. I detenuti nelle patrie galere hanno superato, e di diverse migliaia, quota 60mila, quella per intenderci che spinse, nel 2006, il Parlamento ad approvare in maniera bipartisan (unici voti contro, quelli di Lega e Idv) il “famigerato” indulto. Siamo ormai ben oltre la capienza regolamentare (43.262 posti, dai quali andrebbero però tolti i circa 3500 dichiarati inagibili il 1 aprile 2009) e quasi oltre il limite di tollerabilità fissato in 63.568 posti. Stando a una rilevazione condotta dal centro studi di Ristretti Orizzonti il 16 giugno si è arrivati a contare 63.460 carcerati, 23.530 dei quali sono stranieri (quasi il 40%).
Una situazione sempre più difficile
Ristretti Orizzonti fornisce anche alcuni dati che sono da considerare (anche per rispondere al nostro sondaggio). Oltre la metà dei detenuti – esattamente 31.306 – sono imputati in attesa di giudizio mentre i condannati sono 30.186, un terzo dei quali, 9.786, hanno subito una condanna con pene inferiori ad un anno condannati hanno pene inferiori ad un anno. Un segnale ulteriore che conferma come la strada delle pene cosiddette alternative sia assai poco praticata. Come pure il numero dei condannati a pene inferiori a 3 anni: sono 19.604 persone che potrebbero essere affidate ai servizi sociali e che invece sono custodite. Interessante pure la graduatoria regionale: l’Emilia Romagna è la regione con il maggior tasso di sovraffollamento (198%), la Lombardia è quella con più detenuti in eccesso (ne ha 8.648 in 5.423 posti e quindi supera la capienza di 3.226 persone; seguono la Sicilia che supera il limite consentito con 2.854 carcerati, la Campania con 2400, il Veneto che si “ferma” a quota 1268 e il Lazio che conta 1185 detenuti in più). Quali siano le conseguenze di questo affollamento è facile immaginare anche in termini sanitari. Per esempio, secondo un’indagine epidemiologica, condotta nel 2007 in 14 delle 205 carceri italiane e resa nota di recente, il 38% dei detenuti risulta affetto da infezione da epatite C.
Che fare?
Nel corso della cerimonia per la Festa della polizia penitenziaria, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha confermato che il suo dicastero pensa di affrontare il problema con un «piano carceri per fronteggiare il sovraffollamento degli istituti penitenziari». «A breve», ha aggiunto, «sarà sottoposto all’attenzione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e poi del Consiglio dei ministri». Un orientamento che però non convince ad esempio gli operatori. «Nuove carceri ma con quali tempi? Con quali soldi? Con quale personale?» si chiedono quelli di Ristretti Orizzonti,assai scettici sull’ipotesi che sia lo Stato abbia le risorse sufficienti per «garantire la detenzione di 70-80-100mila detenuti». Tutto ciò, aggiungono, «sta avvenendo in nome della “sicurezza”, partendo dal falso presupposto che mettendo in carcere sempre più persone la società sia sempre più sicura: invece tutti gli studi in materia hanno provato che la “vera sicurezza” è garantita dalle misure alternative alla detenzione, le sole capaci di ridurre al minimo il rischio della recidiva.
Oltre il tollerabile
Dello stesso parere Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone (il 30 giugno prossimo presenterà, a Roma, la prima Relazione del difensore civico e il Sesto rapporto sulle carceri). «Di fronte alla condizione drammatica di vita nelle carceri italiane, alla incarcerazione di massa di persone con problemi di droga, di adattamento sociale, di integrazione», argomenta Gonnella, «il ministro Alfano si erge a duro repressore della criminalità sostenendo che non si tornerà indietro a inutili perdonismi. In un Paese cattolico speriamo che insorgano le coscienze di fronte a queste gravi dichiarazioni. Il Piano carceri è una bufala visto che in tre anni e mezzo prevede di creare 18mila posti letto mentre ne servirebbero ben 57mila». «I detenuti», prosegue la nota di Gonnella, «crescono di mille unità mensili: si arriverà a 100.000 detenuti entro la fine del 2012. Inoltre il Piano per quasi i due terzi è privo di copertura finanziaria. La soluzione è un’altra. Il 38% dei carcerati è dentro per aver violato una sola norma penale: quella che vieta la detenzione e lo spaccio di droghe. Basterebbe avere il coraggio – come stanno facendo molti paesi occidentali, ultima l’Inghilterra – di avviare politiche di depenalizzazione e di decarcerizzazione dei tossicodipendenti. Basterebbe inoltre non punire con la galera quegli stranieri che non ottemperano all’obbligo di espulsione».
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