Politica

È nata l’Anpia: la casa professionale degli antropologi

Tra gli obiettivi della neonata organizzazione che ha sede a Bologna garantire i professionisti e promuovere il metodo dell'antropologia. Parla il presidente Ivan Severi

di Antonietta Nembri

Oltre due anni di incubazione per arrivare alla sua nascita. Stiamo parlando dell’Anpia, l’associazione nazionale professionale italiana di antropologia. Una new entry nel panorama che si è costituita per riunire gli antropologi socio-culturali con l’obiettivo di garantire i professionisti e promuovere il metodo dell’antropologia nelle sedi lavorative, pubbliche e private. «Il lavoro per costituirci in associazione nasce nel 2013 quando un decreto legge ha dato la possibilità alle professioni non organizzate in un ordine di riunirsi in associazioni professionali», spiega il presidente Ivan Severi che guiderà, con il consiglio direttivo transitorio l’Anpia nel primo anno di esistenza.

Cinquantacinque i soci fondatori per una realtà che nella prima dichiarazione di Severi (nella foto a destra) «ha l’ambizioso obiettivo di mostrare alla società l’importanza e l’utilità dell’approccio antropologico e, allo stesso tempo, vuole rispondere alla domanda crescente da parte degli antropologi del riconoscimento della propria specificità professionale anche al di fuori dell’ambito accademico».

In particolare, osserva il presidente «ogni anno ci sono sempre più laureati in antropologia, per ora l’unico sbocco riconosciuto era quello accademico, ma sono sempre di più i laureati in antropologia che lavorano in contesti diversissimi tra loro, però non vi lavorano in quanto antropologi, non vi è un riconoscimento della loro specificità professionale. Hanno contratti che li inquadrano in modo diverso pur utilizzando le competenze acquisite in quanto antropologi. C’è poi anche il problema dei concorsi».

Da qui la necessità di un’associazione professionale che, continua Severi «ha due obiettivi: costruire un meccanismo di tutela dei laureati e fare sensibilizzazione nella società». Il neo presidente ammette che molte persone in Italia non sanno esattamente che cosa faccia un antropologo, oltretutto la categoria universitaria dell’insegnamento è unica per qualsiasi sbocco «e anche questo è un problema che dovremo affrontare. Perché l’antropologia negli ultimi 20, 30 anni è profondamente cambiata» conferma Severi.

Nell’immaginario collettivo l’antropologo è lo studioso che parte per gli angoli più reconditi del pianeta e studia tribù sperdute, ma non c’è immagine più lontana dall’attualità. Gli antropologi, per esempio, sono impiegati sempre più spesso nella mediazione, come nell’accoglienza dei rifugiati.

Da qui alla fine dell’anno la neonata associazione, che avrà sede a Bologna e che si è dotata di un consiglio direttivo transitorio, sarà impegnata alla sua diffusione sul territorio, a far conoscere codice deontologico e statuto e accreditarsi al Mise (ministero dello Sviluppo economico). «Per noi sono importanti anche le associazioni territoriale con qui siamo in contatto e le diverse associazioni legate al mondo accademico». Tra le prime azioni anche la creazione di un sito internet.

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