Politica
È nata la costituente del sociale
INIZIATIVE. A Milano 39 associazioni unite contro la marginalizzazione dei soggetti territoriali
di Redazione
Continueremo a usare l’aggettivo nobile di “eletti” per affezione, ma sappiamo tutti che i 945 parlamentari della tornata 2008 saranno, più prosaicamente, “nominati”. Dai partiti. E se i politici, con il meccanismo delle liste bloccate, sono riusciti per la seconda volta ad estromettere la società dalle elezioni e dalla politica, figuriamoci quale spazio han lasciato al sociale. D’altronde è nel sociale – popolato dai fragili, i bisognosi, gli ultimi – che si genera quell’insicurezza dei cittadini cosiddetti normali che i politici ora indicano come prima pena che affligge i loro cuori: naturale quindi guardarlo con sospetto, e arginarlo. Naturale in questa temperie culturale, che però non è l’unica possibile.
A dimostrarlo è la nascita, martedì 8 aprile, del “Cantiere per un Patto costituente di un nuovo welfare”: non un nuovo cartello, non un manifesto elettorale, ma uno spazio di riflessione e di partecipazione politica di chi il sociale lo fa, quotidianamente. Le 39 sigle che già hanno aderito (dalle Acli al Cnca, da Casa della Carità alla Fish, da Cgm alla Fict, che rappresentano migliaia di soggetti territoriali) hanno scelto di rompere l’autoreferenzialità in nome del tentativo di costruire una autorappresentazione politica dei soggetti sociali: obiettivo numero uno, su cui fare il punto da qui a un mese, quello di mettere in piedi una convenzione costituente per ripensare l’articolazione fra corpi sociali e istituzioni. Detto in parole semplici, quelle di don Virginio Colmegna presidente della Casa della Carità, «siamo stufi di essere citati a livello di testimonianza o di essere sfruttati per rispondere alle emergenze: vogliamo contare a livello politico, ne abbiamo le competenze».
I soggetti sociali, quindi, vogliono un ruolo dialettico e contrattuale nei confronti della politica: «La rappresentanza politica ci ha marginalizzati e trasformati in una realtà residuale», constata amaramente Lucio Babolin, presidente del Cnca. «Ci sentiamo messi nella “borsa degli avanzi”. Adesso però vogliamo costruirci una capacità di autorappresentanza diretta, senza deleghe, e portare gli interessi delle persone con cui lavoriamo ai tavoli che contano. Abbiamo due punti fermi, molto semplici: la soggettività politica dei soggetti sociali deve essere riconosciuta e la questione sociale deve essere posta come la più importante che il Paese deve affrontare». Una rivoluzione culturale, innanzitutto, come sottolineano Maria Grazia Guida, presidente del Ceas e Vittoria Boni, responsabile del dipartimento Welfare e politiche sociali delle Acli, che valorizzi la partecipazione delle persone e smetta di considerare i diritti di cittadinanza come questione privata.
Il primo passo del cantiere consiste nel far circolare idee, riflessioni e proposte: in vista delle elezioni ma non solo. Saranno disponibili su www.cantierewelfare.org, e su quelli di tutte le organizzazioni aderenti. Sul sito di Vita, per esempio, c’è una sezione ad hoc, “Cantiere welfare”, che contiene già un centinaio di manifesti e documenti presentati ai diversi candidati premier da numerose organizzazioni e soggetti sociali. La débâcle delle rappresentanze tradizionali ha generato un “liberi tutti” che ha già dato i suoi frutti: nuovi canali di dialogo, nuovi meccanismi, nuove idee.
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