Cultura
E Maometto disse: siate non profit. di Katia Ferri
Finanza musulmana: accusata di essere il serbatoio di Bin Laden, in realtà maledice la speculazione e si ispira alla mutualità, reinvestendo i profitti a favore della comunità.
di Redazione
Mormoni, battisti, presbiteriani, cattolici, ebrei, musulmani. Ogni religione ha le sue regole e spesso le proprie istituzioni finanziarie. Quasi tutte basate su un principio comune: che i benefici vadano, anche solo per una piccola parte, a vantaggio di tutti, grazie a un sistema mutualistico. La tragedia alle Torri gemelle di New York ha portato alla ribalta il sistema finanziario islamico, soprattutto bancario, in quanto nelle sue maglie si cercano affannosamente informazioni che portino ai conti correnti segreti di Bin Laden e dei suoi fiancheggiatori.
Ovviamente non tutta la finanza islamica fiancheggia, protegge o nasconde il demone del terrorismo: quella sotto accusa in queste settimane di tensione è la ?finanza islamica deviata? che convoglia, attraverso società fantasma e prestanome, i capitali di Bin Laden e alleati sui mercati borsistici occidentali. Si tratta di capitali finanziati da pochi grandi investitori o da gruppi integralisti, dunque non si può certo generalizzare né confondere queste pericolose frange con il resto del sistema, esattamente come i canali di finanziamento dell?Eta basco, per esempio, nulla hanno a che fare con la finanza spagnola in generale. Eccovi qualche dato, se voleste scoprire come funziona la macchina finanziaria musulmana, tanto efficiente quanto sconosciuta ai più.
Risparmiare, non rischiare
Nel mondo islamico si sono sviluppate particolari istituzioni finanziarie, dette takaful, parola che significa ?garanzia congiunta?, un modello esportato anche in alcuni Paesi occidentali. Le banche, le assicurazioni e i fondi comuni islamici si fondano sul concetto di protezione e di risparmio per i ?fratelli musulmani?. Tutto viene sempre pensato a partire dal punto di vista del consumatore cui vengono proposti gli investimenti. Dunque nei prodotti takaful i musulmani trovano una protezione finanziaria completamente consona con la loro fede. Grazie a un piano di marketing molto ben focalizzato, la finanza islamica si diffonde attraverso il passaparola: molti prodotti finanziari vengono più che altro comprati spontaneamente dal consumatore invece che venduti attraverso reti di agenzie o promotori, che non spingono le vendite come avviene da noi ma forniscono informazioni, assistenza e consulenza.
Il sistema finanziario takaful è costruito entro le linee guida della giurisprudenza islamica Shari-?a e per una società che non concepisce il prodotto fine a se stesso, ma lo incoraggia a patto che i benefici vadano poi a vantaggio di tutti.
Il contratto di assicurazione takaful dedicato al settore privato rientra nel contratto definito ?all mudaraba?, cioè un contratto commerciale di profit sharing tra i fornitori dei fondi per il business e per il cliente. Qui il fornitore è l?assicurato che paga in contributi takaful, l?imprenditore invece è la compagnia che è al tempo stesso amministratore e gestore dei fondi.
I fondi takaful sono molto simili ai fondi comuni e sono gestiti secondo due modalità diverse: un fondo di mortalità o protezione (che cresce secondo i premi pagati e viene ridotto quando i sinistri vengono pagati dopo la morte), e una seconda parte alimentata dai premi per creare un risparmio. I concetti operativi takaful sono molto chiari su questo punto: i profitti che vengono dal fondo vita vengono condivisi con gli azionisti (l?azionariato però è molto diffuso) secondo modalità predeterminate all?inizio.
Poche spese, poche perdite
Le assicurazioni e le banche conformi ai principi islamici sono nate dopo la fine degli anni 70. Prima, per esempio, era praticamente vietato ai musulmani l?acquisto di un prodotto vita. In passato, in Iran si era creato quasi uno stigma su questo punto. In più c?erano leggi religiose dettate da accademici islamici che dichiaravano proibita l?assicurazione tradizionale. Poi, trent?anni fa, proprio dentro il cuore dell?Islam, venne decisa la creazione della banca islamica e del sistema finanziario islamico e fu possibile sviluppare gradualmente molti prodotti, per esempio uno specifico concetto di assicurazione vita. Le compagnie vita takaful prevedono grande semplicità nella concezione dei propri prodotti e grande rigore: i consumatori hanno contatti con un solo ufficio che gestisce tutto, vendite, marketing e amministrazione, gestione tecnica, commerciale e finanziaria, dunque si creano poche confusioni. Non ci sono garanzie speciali per nessuno e le spese (che sono molto basse), i profitti e le perdite vengono condivisi con la compagnia. Se la compagnia alla fine della redistribuzione ricava ancora qualche profitto, non lo tiene per sé, ma investe risorse nel finanziamento della sua banca islamica di riferimento.
Le banche islamiche non offrono praticamente profitti ai propri clienti. Dunque la gran massa dei musulmani,vale a dire quelli che non possono permettersi di aprire conti all?estero, deposita i suoi investimenti in queste istituzioni. Questo sistema ha fatto sì che molte banche abbiano aperto uffici di relazione coi clienti per vari prodotti, comprese le polizze vita takaful.
Ma torniamo sul come vengono effettuati gli investimenti: le contribuzioni alle polizze o ai fondi comuni vengono versate con lo scopo di trarne un beneficio reciproco per i sottoscrittori e gli assicurati, e non per creare società private dedite all?accumulazione dei profitti. Perciò gli assicurati non ricevono il 90 per cento, ma il 70 per cento del capitale maturato; il resto viene investito nel non profit. Questo spiega anche la bassissima percentuale di riscatti: non superano mai il 10-15 per cento. Le riserve accantonate da queste compagnie non sono perciò così elevate né impiegate come avviene nel mondo occidentale. In queste polizze, inoltre, l?elemento di protezione generalmente è molto basso, ristretto al pagamento dei premi residui da saldare in caso di morte precedente alla scadenza del contratto (prevede una copertura minima, su una base che si riduce progressivamente). Non è possibile avere prestiti dal fondo ma si può beneficiare delle emissioni di equities.
Una crescita vertiginosa
Il successo di questo modello, i cui miglioramenti vengono sempre discussi con gli accademici islamici, è stato tale che nel 1995 c?erano 188 banche islamiche in tutto il mondo con fondi che valevano 166 miliardi di dollari. La base di depositi da allora si è moltiplicata vertiginosamente tanto che questo business si sviluppa a un ritmo annuale del 15-22 per cento all?anno.
La crescita delle banche islamiche ha risvegliato l?interesse dei gruppi finanziari occidentali: alcuni si sono strutturati per soddisfare le esigenze finanziarie delle minoranze musulmane in modo conforme alla legge islamica sia negli Stati uniti che in Canada che in Europa, specialmente in Germania, e nei Paesi mediorientali, dove tradizionalmente si è sempre avuto un basso livello di conoscenza della copertura finanziaria, specialmente relazionata alla spesa della famiglia. La finanza islamica ha invece preso piede molto velocemente nel Sud Est Asiatico, vale a dire in Malesia e Indonesia, paesi dove il premio vita medio raggiunge anche i 72 dollari pro capite. Il giro d?affari ha superato i 100 milioni di dollari e cresce a un ritmo del 40 per cento all?anno.
I fondamentali
Cinque buoni principi per chi investe
Ci sono cinque concetti dietro il sistema finanziario cui fanno riferimento, per esempio, le compagnie vita islamiche takaful, ma che valgono per tanti altri prodotti di investimento ispirati alle dottrine musulmane. Eccoli.
Bisogna evitare l?usura e l?accumulo di alti interessi in tutte le transazioni finanziarie, e incoraggiare la creazione di profitto attraverso finanziamenti basati sull?equità. Il commercio e la partnership sono infatti permessi, a patto che tutto sia basato sulla condivisione dei profitti in modo reciproco. Bisogna evitare le attività che danneggiano la società islamica: investimenti in commerci legati ad armi, produzione di carne di maiale, alcol e gioco d?azzardo. Il commercio di droga, per esempio, non è vietato, purchè non se ne faccia uso personale e sia finalizzato a destabilizzare il nemico. I contratti devono essere liberi da qualsiasi dubbio e ambiguità. Il consumatore deve credere nella validità di questo sistema economico.
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