Volontariato

E lo sviluppo sarà locale

Da Bruxelles quasi 3 mila miliardi per sostenere le imprese non profit. E la speranza che gli Stati rinuncino a intervenire nelle politiche del lavoro. Lasciandole alle Regioni e alle realtà locali

di Carlotta Jesi

«La sfida per l?Unione e per i singoli Stati sta nel dimostrare che in Europa esiste la volontà di creare e sostenere nuove imprese sociali». Angelo Baglio, funzionario capo della Commissione europea Affari sociali e occupazione, un pezzo di questa sfida è sicuro di averla già vinta. Lui è uno di quei tecnici molto speciali che a Bruxelles lavorano per dare un?anima e un cuore all?Europa di Maastricht. Ed è anche merito suo se già da qualche tempo sulla bandiera blu dell?Ue brilla anche la buona stella del non profit. E non solo perché il 2001 sarà l?anno europeo dell?associazionismo («quale migliore riconoscimento», dice «all?importanza del ruolo del volontariato, e dell?economia sociale?») I segnali sono altri e certamente più concreti. Baglio snocciola cifre e progetti che fanno ben sperare sulle intenzioni di Bruxelles. «Sapete», attacca, «a quanto ammonta il bilancio comunitario destinato al Terzo settore nei prossimi cinque anni? Almeno il dieci per cento di quei 600 miliardi di franchi belgi dei fondi strutturali comunitari. Che tradotti in lire significano 2.880 miliardi». Non solo. Lo scorso anno Baglio ha messo la sua firma sul piano ?Terzo settore e occupazione?, un progetto pilota per sviluppare le potenzialità di impiego offerte dal Terzo settore. Ottocento milioni di franchi belgi in budget, quasi 40 miliardi di lire, per finanziare l?iniziativa di coloro che, offrendo servizi utili alla collettività senza scopi di lucro, rappresentano oggi in Europa il 6.5 % delle imprese private e il 5% dell?offerta di impiego. Bruxelles, insomma riconosce il ruolo sempre più attivo del Terzo settore e lo sceglie come alleato nella lotta alla disoccupazione. Ma lo fa abbandonando la vecchia via dell?assistenzialismo, per imboccare quella di una politica attiva a sostegno del lavoro, capace di mettere d?accordo solidarietà e bilanci pubblici, economia sociale e mercato. Baglio la spiega così: «Non possiamo separare la lotta alla disoccupazione dalla promozione di nuove forme di impresa. Il problema è che le risorse pubbliche che finanziano il Terzo settore dipendono dalle politiche attive del lavoro. Il sostegno all?occupazione deve essere quindi attivo e dinamico, il che significa non lasciare i disoccupati nel loro angolo, ma accompagnarli verso un nuovo impiego. Bisogna accettare il fatto che non tutti potranno riprendere immediatamente a lavorare. Il percorso verso il reinserimento nel mondo del lavoro passa attraverso la formazione professionale e le esperienze di impiego non tradizionali». Ecco tracciata l?idea che sta alla base degli europrogetti. «È così», conferma Baglio, «è questo lo scopo dei nostri interventi: esplorare le nuove realtà in tutte le loro manifestazioni. E in particolare, i problemi dell?inserimento socio professionale nello sviluppo locale di realtà del Terzo settore. È dunque un percorso dinamico che occorre intraprendere per reinserire chi oggi è senza lavoro e non solo una questione di trattamento sociale della disoccupazione. Questa è la sfida che attende l?Europa: dimostrare che nel Terzo settore questo percorso è possibile». Baglio è convinto, ma le autorità nazionali, regionali e locali lo sono altrettanto? «Non ho alcun dubbio», risponde, «anzi, sono proprio le autorità locali a lanciare messaggi a Bruxelles. Oggi purtroppo la politica dell?impiego è decisa dagli Stati, è una prerogativa nazionale, ma dobbiamo lavorare perchè l?occupazione diventi una responsabilità, una competenza regionale e locale. Perché è qui, a questo livello, che si devono creare occasioni di sviluppo sociale ed economico».


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