Non profit
È l’educatore che tiene insieme il socio-sanitario, come può essere spacchettato?
«Il medico è medico a prescindere dall’ambito del suo intervento di cura. È un medico lo psichiatra ed è un medico il cardiologo. Anche per l’educatore deve essere così. Deve esistere l’educatore e basta. Gli educatori che da anni lavorano nei servizio socio-sanitari hanno titolo a farlo perché è la dimensione socio-sanitaria in cui operano che richiede loro di operare non dividendo il sanitario dal sociale ma al contrario tenendoli insieme»
La notizia dell’ennesima mortificazione per gli educatori che lavorano nei servizi socio-sanitari è di quelle che colpiscono e fanno davvero male. Perché non riguarda ormai più solo il fronte degli educatori, diretti interessati al provvedimento. Riguarda l’incapacità ormai manifesta del legislatore nel disciplinare una materia complessa e delicata come quella di un ambito professionale che coinvolge almeno centocinquantamila (150.000) addetti ai lavori e almeno mezzo milione di persone (mezzo milione di persone!) tra utenti diretti e indiretti dei servizi socio-sanitari.
Credo che questi numeri dovrebbero bastare per far capire al legislatore che la disciplina di questa materia deve essere sottratta dalle pur legittime questioni di bottega che coinvolgono la categoria professionale stessa e gli istituti di formazione universitaria e debba essere oggetto di una valutazione attenta che tenga conto della specificità di questo lavoro con particolare riferimento alle finalità di questa professione.
Il medico è medico a prescindere dall’ambito del suo intervento di cura. È un medico lo psichiatra ed è un medico il cardiologo. Anche per l’educatore deve essere così. Deve esistere l’educatore e basta. Che possa poi specializzarsi in ambiti via via più circoscritti di intervento. Ma in quanto educatore, punto e basta. E non con il vincolo ed il gravame di una scissione a prescindere tra Educatore Sanitario ed Educatore Pedagogico.
Perché gli educatori con titolo di studio riconosciuto dalla Regione o dalle facoltà ad indirizzo pedagogico che lavorano da anni nei servizi socio-sanitari, non hanno titolo ad operare in tali servizi solo perché la Legge Statale e Regionale pre-vigente alla Legge Iori li ha legittimati in tal senso. Hanno titolo a fare ciò che fanno perché la dimensione socio-sanitaria in cui operano richiede loro di operare NON dividendo il sanitario dal sociale ma AL CONTRARIO, tenendoli insieme. Di più, senza l’educatore diventa difficile pensare ad un integrazione socio-sanitaria, così come senza il medico diventa difficile curare le persone.
Senza contare che, in assenza di tali figure, il sistema di presa in carico che oggi sostiene almeno mezzo milione di persone fragili si troverebbe senza le risorse professionali necessarie per fronteggiare il lavoro educativo all’interno di questi servizi.
Per questo motivo le organizzazioni in cui lavorano gli educatori e che gestiscono i servizi socio-sanitari hanno lavorato con buon senso per correggere la legge Iori attraverso l’emendamento con cui si re-inseriva nella norma il “socio-sanitario” quale ambito di intervento dell’educatore, sia esso ad orientamento pedagogico o sanitario. L’emendamento, approvato dalla Camera, è attualmente il comma 275 del disegno legge di bilancio 2019. Afferma che “all’articolo 1, comma 594, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, dopo le parole: «socio-assistenziale, limitatamente agli aspetti socio-educativi» sono inserite le seguenti: «, nonché, al fine di conseguire risparmi di spesa, nei servizi e nei presìdi socio-sanitari e della salute limitatamente agli aspetti socio-educativi».
Ed è per questo che oggi ci lascia oggi ancora più perplessi di prima la notizia che l'emendamento 1.1650 presentato dal senatore Endrizzi (M5S) voglia sopprimere il comma 275 della manovra, riproponendo l’esclusione dai servizi socio-sanitari dell’educatore pedagogico.
Restano aperte almeno tre questioni essenziali da chiarire a monte di tutta questa difficoltà intorno alla disciplina del lavoro degli educatori:
- Quali sono le ragioni e le motivazioni in base alle quali il lavoro dell’educatore deve essere diviso in due ?
- Quali sono le ragioni e le motivazioni in base alle quali nei servizi socio-sanitari occorra separare sociale e sanitario invece di integrarli, sancendo il passaggio dall’integrazione socio-sanitaria alla “separazione” socio-sanitaria?
- Perché ci ostiniamo a perseguire l’obiettivo di voler “squalificare” e mettere fuori legge 150mila lavoratori con un profilo professionale legalmente riconosciuto ed a mettere in crisi tutto il comparto dei servizi socio-sanitari così come disciplinato da norme vigenti a livello regionale e nazionale ?
A chi giova tutto ciò?
*Marco Bollani, Consigliere Regionale Federsolidarietà Lombardia
**Massimiliano Malè, Consigliere Nazionale Federsolidarietà
Photo by Matthias Zomer / Pexels
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