Cultura

E la signora angela tornò a ballare

Una pagina del romanzo Essere donna. Una festa improvvisata. Un po’ di musica ucraina. La donna anziana che ritrova voglia di vivere...

di Redazione

«Oggi a casa nostra c?è la festa della musica ucraina!», così un mattino Fernando ha salutato Olga, la badante, incontrandola sulle scale al secondo piano, sul solito sentiero verso la camera di Angela, sua moglie, ammalata di Alzheimer. Povera donna, giorno dopo giorno sta perdendo l?ultima traccia della sua lucidità, diventando un essere senza volontà, parola e memoria.

«Dai Olga, porta i tuoi cd, organizziamo il giorno della cultura ucraina in Italia. Vedrai, Angela sarà contenta di sentire musica nuova».

«Buongiorno, cara. Hai dormito bene? Mi sei mancata e sono venuta a trovarti. Iniziamo insieme una nuova giornata, vuoi? Apriamo le finestre e la invitiamo a entrare in camera». Olga spalanca la finestra grande, lucida, lavata dalla pioggia. «Vedi che bel cielo stamattina? Sole, fiori, nuvole, tutti ti salutano: ciao Angela, noi ti aspettiamo».

Negli occhi di Angela compare una scintilla viva, qualcosa che somiglia a una traccia di sorriso tocca le sue labbra. All?improvviso dice: «Sei bella, sei così bella!». Allunga le mani verso Olga e mostra un vero sorriso.

La giovane donna è impietrita. Mio Dio, l?ha detto Angela! I rari e inestimabili momenti d?illuminazione dell?ammalata valevano tutti i giorni di questo duro lavoro.

«Sono quelle che lavano i culi ai vecchiacci e agli storpi», così aveva definito le donne come Olga una ?signora? ucraina sposata con un italiano. E allora? Qualcuno deve pur fare questo lavoro. «Se Cristo stesso lavò i piedi ai suoi discepoli, perché io devo avere vergogna di aiutare una persona che ne ha bisogno?», incoraggiava se stessa, Olga, lavando il corpo inerte dell?ammalata, vestendola e pettinandola, mettendo un po? di colore sulle labbra e sulle sopracciglia, belle una volta.

«Imparerò ad amare
Imparerò ad amare»

cantavano dallo stereo Valeria e Stas.

«Non è vero. Ho già imparato ad amarti, cara amica», sussurrava Olga ad Angela.

«E adesso balliamo, signorine! Angela, vieni qui, tesoro!», Fernando abbraccia la sua amata moglie invitandola – costringendola a muovere il corpo inerte e pesante.

Pareva che pestassero i piedi, ma sembrava che la coppia meravigliosa non se ne accorgesse. A loro non importava nulla di questo mondo con le sue regole spietate, di malattie incurabili e diagnosi crudeli. Erano insieme. Insieme vivevano come ballavano, e ballavano come vivevano. Con i fili d?oro di una ragnatela, invisibili agli occhi altrui, loro erano abbracciati con la voce di Nasarij Yaremchuk:

«So che non tornerai più,
Ma perché il ricordo trattiene
Il calor della voce di miele?»

(traduzione di Galyna Kovalenko)

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