Non passa dalle bombe russe o statunitensi la pacificazione e democratizzazione della Siria, semmai dal sostegno alla lotta della società civile nonviolenta che resiste. Ed anche il movimento per la pace italiano deve uscire dai riflessi condizionati della “guerra fredda” – pro Russia o pro USA – ed organizzare una lotta senza quartiere alle guerre ed agli strumenti che le rendono possibili. Costruendone le alternative
Non era uno scherzo quando, lo scorso 26 gennaio, il Bollettino degli scienziati atomici ha spostato le lancette dell'”orologio dell’apocalisse” a due minuti e mezzo dalla mezzanotte nucleare, la fase più critica dal 1953, momento in cui la “guerra fredda” sembrava dover precipitare, da un momento all’altro, nella guerra nucleare totale. Dopo la strage di bambini e adulti siriani causata dai gas letali e dopo il bombardamento USA della base militare siriana di Al Shayat, dalla quale sarebbero partiti gli aerei governativi di Damasco con le armi chimiche (il condizionale è d’obbligo perché la prima vittima della guerra è sempre la verità), la Russia – principale alleato politico e militare del dittatore Assad – ha minacciato ritorsioni e navi russe sono entrate nel Mediterraneo a fronteggiare quelle statunitensi. Uno scenario che riporta l’umanità indietro di decenni.
La martoriata Siria è l’epicentro del ritorno del nuovo confronto geo-politico internazionale a causa della guerra nella quale è stata fatta precipitare dalla repressione violenta, da parte del regime, di quella rivoluzione nonviolenta avviata nel 2011 sull’onda delle primavere arabe. E’ da allora che in Siria si muore sia sotto le torture, nelle prigioni di Assad, sia sotto le atrocità dei tagliagole di Daesh, entrati nel frattempo nel Paese, sia sotto le bombe russe che sostengono il regime siriano sia sotto quelle statunitensi che – con una serie di giravolte – hanno considerato Assad prima il male assoluto, poi il baluardo contro il terrorismo, oggi di nuovo un massacratore del popolo. Migliaia di morti e milioni di profughi dopo, sembra non esserci via d’uscita possibile, fondata sulle armi, per questo conflitto nel quale non si può che stare dalla parte di tutte le vittime civili. La Siria è l’ulteriore tragica conferma del fallimento della strategia della violenza, messa in campo dalla “comunità internazionale”, che non ha risolto nessun conflitto nell’ultimo quarto di secolo ma ha trasformato il mondo uscito dalla contrapposizione Est-Ovest in una guerra permanente e diffusa ovunque, da Damasco, a Musul, a Stoccolma, ad Alessandria d’Egitto.
E’ la guerra il crimine contro l’umanità, tanto che vengano usate le armi convenzionali o quelle chimiche, in una folle escalation che avvantaggia di volta in volta una o l’altra parte in campo. L’unica via d’uscita dalla tragedia siriana può avvenire dall’avvio di un serio tavolo internazionale di trattative, nel quale siano coinvolte tutte le componenti in lotta, che imponga un cessate il fuoco ed apra i corridoi umanitari permanenti per i profughi. E’ fondamentale, inoltre, il sostegno attivo a quei gruppi della società civile siriana che – insieme al Movimento Nonviolento siriano, come riconosce anche The Washington Post – in questi anni “hanno raggiunto l’impossibile pur operando in condizioni disperate. Hanno creato le istituzioni di autogoverno e le scuole libere dai principi baathisti. Hanno organizzato servizi di comunità, come la pulizia di strade e orti. Nelle zone in cui il governo ha tagliato i rifornimenti di acqua per punire l’opposizione, hanno costruito i propri sistemi idrici igienico-sanitari”. Si tratta di organizzazioni che – pur avversati tanto dal regime che dai terroristi islamisti – “hanno dato al popolo siriano la possibilità di proseguire il loro attivismo attraverso mezzi pacifici, per la lotta contro l’autoritarismo con armi diverse da pistole e proiettili”. E’ solo da questo impegno nonviolento che può nascere la nuova Siria pacifica e democratica, non dalle bombe internazionali, russe o americane che siano.
Per quanto riguarda il “movimento per la pace” italiano, infine – piuttosto che dividersi, per riflessi condizionati, tra filo-USA o filo-Russia, come ai tempi della guerra fredda – è necessario che faccia un salto di qualità, all’altezza del tempo della “terza guerra mondiale diffusa”, concentrando i propri sforzi contro tutte le condizioni che favoriscono e preparano le guerre, in Siria e ovunque, e nella costruzione delle alternative pacifiche per la soluzione dei conflitti. E’ necessaria una lotta senza quartiere contro le abnormi spese militari e la produzione ed il commercio italiano degli armamemti, mai così fiorenti, che alimentano tutte le guerre in corso. E’ necessario ricordare ancora – come ribadisce anche il Movimento Nonviolento – che “la guerra non si ferma quando i missili sono già in volo. Non basta mettere a verbale il nostro “no”, ma bisogna lavorare oggi per l’alternativa di domani. Noi ci stiamo provando con la Campagna “Un’altra difesa è possibile“, una proposta concreta, culturale, politica, giuridica, legislativa, finanziaria, in parte già avviata, da intendere anche come sollecitazione all’Europa a varare i Corpi Civili di Pace, strumenti di una politica estera tesa ad evitare gli esiti peggiori dei conflitti, a mantenere i contatti tra le parti anche durante gli scontri, a porre le condizioni di una miglior convivenza al termine del conflitto”
Senza porsi questi obiettivi politici, le proteste contro le guerre, virtuali o reali, rimangono mero rumore di fondo rispetto al rombo assordante dei cacciabombardieri.
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