Cultura
E la borghesia si fece “borghigiana”
di Aldo Bonomi, Massimo Cacciari, Giuseppe De Rita, Einaudi, 124 pagine, 13 euro.
Questo libro è innanzitutto un libro pieno di domande e quella che fa da titolo è solo una delle tante e nemmeno la principale. Il libro, infatti, sarebbe stato più opportuno chiamarlo semplicemente Che cos?è la borghesia? Ma, diciamolo subito, questa è la sua forza, il suo pregio principale, perché con l?intento di individuare dove si ?colloca? il fenomeno finisce invece per scandagliarne i molteplici significati e rivalutare l?importanza dei contesti spaziali e temporali che lo contraddistinguono.
Questi ultimi sono niente affatto scontati se, per esempio, Massimo Cacciari afferma che «è difficile immaginare due termini come borghesia e classe, passati così rapidamente dall?uso più inflazionato alla pressocché completa scomparsa».
Giuseppe De Rita, invece, si chiede «da dove viene il permanere dell?interesse verso concetti – classe e borghesia – che sembrano aver perso ormai da tempo la capacità di descrivere e interpretare le dinamiche e i conflitti delle società moderne?».
Dicevamo, quindi, delle domande che già Antonino Zaniboni, curatore del volume, pone nell?introduzione: «Il capitalista è l?erede del borghese?» oppure «Quale etica per un capitalista non più cittadino-borghese?»
A simili domande Massimo Cacciari dà risposte non scontate, non retoriche, suggestive.
De Rita incentra le sue riflessioni su una considerazione di fondo: «La società italiana», scrive, «non essendo riuscita a diventare borghese è diventata borghigiana», ossia ha rivolto le sue attenzioni essenzialmente al territorio di riferimento.
Quel territorio che è il pane quotidiano di Aldo Bonomi. Il più ?pragmatico? dei tre autori che, riconoscendo che le domande cui bisognerebbe rispondere sono troppe, non ne pone di ulteriori ma offre una lettura ?dal basso? della realtà e prova a verificare se combaciano con le molteplici definizioni in uso di borghesia.
Il libro, fondamentalmente, ha un limite e un pregio. Il limite è che forse sarebbe stato più efficace se dipanato come dibattito a tre e non come raccolta di tre saggi.
Il pregio, oltre all?agilità della scrittura (che per il tema trattato non è cosa da poco), quello, appunto, di porre domande serie in un frangente in cui tutti (o quasi) si affannano a rispondere senza sapere nemmeno di cosa parlano. Alla fine il lettore, qui, ha la piacevole sensazione che adesso spetti a lui svolgere i ?compiti a casa?.
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